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Sa'ad Hariri: "Hizb'Allah al governo, piaccia o meno a Israele"

di Dagoberto Husayn Bellucci* - 29/08/2009

 


Il premier designato Sa'ad Hariri, figlio dello scomparso Rafiq e leader
della Corrente Futura - partito di maggioranza tra la comunità sunnita nonchè
leader del fronte filo-occidentale del 14 Marzo che raccoglie anche i maroniti
di Amin Gemayel e di Samir Geagea e i drusi del Partito Socialprogressista di
Waleed Jumblatt, rompe infine gli indugi e lancia un messaggio categorico
soprattutto al di là della frontiera meridionale, in direzione dell'entità
criminale sionista: "che a Israele piaccia o meno Hizb'Allah entrerà nel
prossimo governo di unità nazionale!".

Una decisione a sorpresa, per qualcuno, e un'imperativo che sono stati
accolti con entusiasmo soprattutto negli ambienti sciiti e soprattutto un
messaggio chiaro a tutti quanti - all'estero - di non intromettersi troppo
nelle vicende libanesi che sono una questione interna che dev'essere risolta
tra le fazioni, litigiose e divise quanto si vuole, libanesi.

Sa'ad Hariri era stato invitato, qualche giorno fa dalla stessa Chiesa
maronita a decidersi e tagliare il nodo gordiano: mons. Nasrallah Sfeir ,
patriarca di Beirut e massima autorità religiosa della comunità maronita, aveva
indicato nella formazione di un governo di maggioranza la sola soluzione
possibile a distanza di due mesi e mezzo dalle elezioni politiche che, il 7
giugno scorso, avevano assegnato alle forze filo-occidentali la maggioranza dei
seggi parlamentari. Un'intromissione indebita secondo diversi esponenti
dell'opposizione, raccolta intorno a Hizb'Allah e al partito Tayyar del Gen.
Michel Aoun,  ed un invito caduto, così sembra, nel vuoto.

La politica libanese si muove, lentamente, sotto la cappa estiva di questo
fine agosto in direzione di una normalizzazione definitivamente dei rapporti di
forza sempre tesi tra le due ali dello schieramento parlamentare: maggioranza e
opposizione potrebbero finalmente aver raggiunto un accordo sempre che,
dall'estero soprattutto, non ci sia chi questo compromesso non abbia intenzione
di farlo saltare come è successo svariate volte anche nel recente passato.

L'annuncio di Hariri non lascerebbe adito a ripensamenti (sempre possibili in
un paese continuamente coinvolto nei giochetti diplomatici di questa o quella
potenza straniera, sottoposto ai diktat dell'imperialismo americano che
finanzia - per il tramite saudita - le fazioni del 14 marzo e in generale
traballante per le ripetute e continue minacce sioniste): ''Il governo di unità
nazionale includerà anche Hezbollah, che a Israele piaccia o meno. Gli
interessi del Libano richiedono che tutte la parti in causa vengano coinvolte
in questo esecutivo''.

Poche parole ma chiare quelle che Hariri ha utilizzato per tagliare il nodo
gordiano del problema e soprattutto, come hanno sottolineato diversi analisti
locali e stranieri, rilevare quanto tutti - da queste parti - oramai sanno
perfettamente: nessuno può governare il Libano senza un accordo con
Hizb'Allah.
La vittoria elettorale del giugno scorso che ha assegnato al blocco filo-
occidentale harirista una maggioranza di 71 seggi contro i 58 dell'Opposizione
non aveva risolto il problema rappresentato dalla presenza sulla scena politica
del partito di Sayyed Hassan Nasrallah e dal ruolo ricoperto dalla Resistenza
Islamica nel sud del paese.

Neppure le diatribe pre-elettorali di una campagna giocata sulla
contrapposizione tra filo-occidentali e filo-siriani (il blocco della
Resistenza ed i suoi alleati) avevano di fatto eliminato le preoccupazioni,
sostanzialmente americane e sioniste ma anche di gran parte del mondo arabo
allineato a Washington, che una ipotetica vittoria di Hizb'Allah avrebbe
rappresentato per il paese. Alla vigilia del voto proprio Hariri aveva invitato
i libanesi a dare la loro fiducia al blocco di maggioranza per evitare derive
pericolose e, soprattutto, un possibile nuovo attacco israeliano che sembrava
imminente in caso di vittoria sciita.

A distanza di quasi tre mesi infine la decisione. Una decisione che appare
storica se si considera che proprio Hariri ha capitanato una maggioranza
risolutamente ostile a qualunque compromesso con Hizb'Allah ed i suoi alleati,
avversaria di qualsiasi accordo e che per tre anni ha tenuto il paese in una
situazione pericolosissima di stallo politico e di crisi economica e sociale
che avrebbero potuto ripiombare il paese dei cedri in un nuovo conflitto
civile.

Un conflitto che nessun libanese si sognerebbe mai di riaprire ma che, non
pochi, avevano auspicato soprattutto tra le fila del fronte filo-occidentale.

La svolta infine nella giornata di giovedì scorso: inattesa solo per chi non
aveva già compreso che un accordo c'era ed era inevitabile.
Le dichiarazioni concilianti rilasciate anche ad inizio Ramadan dagli
esponenti del Partito di Dio, una serie di inviti alla collaborazione e
all'unità, la proposta di costituzione di un governo di unità nazionale per il
quale ha lavorato febbrilmente nelle ultime settimane il Presidente
dell'Assemblea parlamentare - avv. Nabih Berri, sciita e leader del movimento
'Amal 'fratello maggiore' di Hizb'Allah - rappresentavano segnali importanti in
vista di una soluzione positiva delle trattative che in gran segreto hanno
sembra portato il premier Hariri a prendere la decisione di costituire un
esecutivo allargato a Hizb'Allah e ai suoi alleati.
La stessa decisione presa a fine luglio dal leader socialprogressista
Jumblatt di annunciare la sua fuoriuscita dal fronte di Bristol, com'è anche
chiamato il raggruppamento di maggioranza del 14 marzo, era un altro segnale
che stabiliva una cesura netta rispetto al recente passato: Jumblatt
considerato una 'banderuola' da queste parti per i suoi innumerevoli giri di
valze e cambi di schieramento è comunque un politico 'navigato' che fiuta
tempestivamente e efficacemente la direzione del 'vento' politico.
Auspicando una nuova stagione politica e dichiarando che quella precedente
era da considerarsi "definitivamente chiusa" il vecchio leader druso aveva
lanciato un segnale sia in direzione dei suoi alleati di maggioranza che verso
Hizb'Allah tornando infine, dopo anni di gelo e indifferenza, ad incontrare il
segretario generale del partito sciita , Nasrallah, e rilevando una nuova
volontà di collaborazione mai riscontrata prima di allora. C'erano insomma
tutti gli elementi perchè si potesse raggiungere un accordo finale tra le
parti.
E' quanto annunciato da Hariri e quanto rilevato anche da altri esponenti
dell'opposizione nazionalpatriottica fra i quali il Gen. Michel Aoun che si è
detto sicuro che "una pagina di storia dev'essere girata per aprirne una
completamente nuova" come auspicato da anni dal blocco filo-siriano.
Proprio i nuovi rapporti con Damasco, ha annunciato Aoun, dovranno essere
all'ordine del giorno per qualsiasi esecutivo domani guiderà il paese: "il
dialogo con la Siria è inevitabile e auspicabile perchè non esistono altre
strade nè è possibile ignorare o continuare a ignorare il ruolo siriano.".
Storicamente i due paesi sono legati da un trattato di mutua cooperazione e
collaborazione rimesso più volte in discussione dal precedente esecutivo
diretto da Fouad Siniora, uomo di fiducia della famiglia Hariri, assurto alle
cronache per aver guidato 'piagnucolosamente' il paese durante i 33 giorni
dell'aggressione sionista contro il paese nell'estate di tre anni fa.
La stagione della contrapposizione fra libanesi dunque sembra volgere al
termine? E' ancora presto per dirlo anche perchè non sono pochi quelli che
cercheranno di mettere i bastoni tra le ruote all'azione del premier designato
in primo luogo molti dei suoi stessi alleati e non da ultimo le pressioni
internazionali.
Washington e Tel Aviv non sono rimaste indifferenti all'annuncio. Se
l'aministrazione Obama ha dichiarato che "questa decisione riguarda i
libanesi", il regime d'occupazione sionista ha reagito a suo modo e con la
solita 'diplomazia' 'cara' ai dirigenti israeliani: il premier sionista
Benjamin Nethanyau ha commentato la decisione presa da Hariri sostenendo che
"Israele riterrà colpevole l'intero esecutivo libanese , senza distinzioni, in
caso di un'eventuale attacco".
Minacce e moniti che non suonano nuovi e che in Libano lasciano indifferenti
gli osservatori locali e stranieri. La stampa libanese sottolinea invece che la
decisione di Hariri va nella direzione giusta e merita un plauso perchè oltre
ad abbassare la tensione porterà beneficio a tutto il paese. "As Safir"
quotidiano di Beirut sottolinea che è ora il momento di "rimboccarsi le
maniche" e "lavorare uniti per il rilancio del paese" mentre l'altro giornale
della capitale "An Nahar" accoglie con favore "una soluzione negoziale" che dia
alla politica "la capacità e gli strumenti per fuoriuscire dalla crisi
economica".
In attesa infine di quella che dovrà essere la composizione del prossimo
esecutivo libanese di unità nazionale in tanti si interrogano invece sul futuro
immediato e su quelle che potranno essere le conseguenze in caso di nuove
provocazioni israeliane. Tel Aviv sicuramente non starà alla finestra.
 Una certezza sembra comunque regnare sovrana: il Libano ha voltato pagina.
E' un'auspicio per il momento più che una realtà ma, da queste parti, è già
qualcosa.

*Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"
da Nabathiyeh (Libano Meridionale)