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Chi ha paura di Hugo Chavez?

di Maurizio Matteuzzi - 10/09/2009

 


È indignato Pierluigi Battista, il vicedirettore del Corriere della sera. Un ex del manifesto in tempi lontani (anche lui!) che da grande, rinsavito, come quel tale di cui è meglio tacere il nome, ogni volta che sente pronunciare la parola cultura - se di cultura di sinistra si tratta - è tentato di mettere mano alla pistola. La sua pistola metaforica sono gli indignati articoli sparati contro presidenti, leader, scrittori, personaggi più o meno in vista e gente più o meno comune che, come è accaduto a Venezia, si prostrano «ai piedi del caudillo».

Questa volta Battista ce l'ha con il venezuelano Hugo Chávez, con il regista Oliver Stone, con «la gente del cinema che si inchina al dittatore in erba» e, dulcis in fundo per assecondare la deriva berlusconiana che ha preso anche il vecchio Corriere dell'ex Ferruccio de Bortoli, con la «cultura di sinistra che qui grida al regime ma non sa vedere la fine di ogni contrappeso democratico in Venezuela».
Fatto sta che ieri il Corriere è stato ieri l'unico giornale italiano ad «aprire» sullo scandalo del festival: «Venezia s'inchina a Chávez». Il prestigioso Corriere ruba la parte a fogliacci tipo Libero e Giornale di famiglia.

Con una novità. Una volta il Corriere faceva scuola almeno quanto a serietà. Sempre da una certa parte ma informato e attendibile. Non proprio come il Times di Londra che faceva fede nei tribunali, ma quasi. Oggi non gli è rimasta neanche più l'attendibilità. Battista straparla, anzi strascrive, sparando una serie impressionante di grossolanità. Parla di «una storia tragica che resta, muta sullo sfondo», sorvolando che in Venezuela tutti i principali media scritti e televisivi restano nelle mani dell'oligarchia «di prima», quella che aveva fatto del «Venezuela saudita» un paese con l'80% di poveri. Parla di «una piccola borghesia ridotta alla fame, frutto dell'esproprio rivoluzionario», omettendo che in Venezuela l'unica a non aver mai fatto la fame è la borghesia, piccola o grande, e che gli espropri per recuperare un po' delle risorse saccheggiate durante gli anni del neo-liberismo che a Battista (e a Vargas Llosa, uno dei suoi eroi) tanto piace, sono stati tutti pagati fino all'ultimo dollaro ai proprietari, spesso a prezzi superiori a quelli di mercato. Parla di «fine di ogni contrappeso democratico in Venezuela» quando ci sono ancora, in quel paese, tv private che incitano in diretta ad assassinare il presidente della repubblica (e questo vale anche per Staino che su l'Unità si azzarda a presentare il vecchio e sfiatato Bobo che dice «Hugo Chávez in Italia» e la bimbetta che risponde «Come critico cinematografico o come esperto di libertà di stampa?»). Ma al Corriere, Battista e gli altri sanno cos'era e cosa sia il Venezuela? Sanno cosa è successo in questi anni in America latina? Forse non lo sanno. O forse sì. E proprio non gli piace.