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La tragedia di Montezuma ultimo imperatore azteco

di Enrico Franceschini - 28/09/2009


La storia di Montezuma, ultimo imperatore degli aztechi, è stata a lungo raccontata come una duplice tragedia: quella di un re che ha perduto il suo impero e di un leader che ha tradito il suo popolo. La trama è nota. Nel 1519, appena ventisette anni dopo il viaggio con cui Colombo "scoprì" le Americhe, un avventuriero spagnolo di nome Hernan Cortez sbarcò con 450 uomini sulla costa del Messico. La spedizione raggiunse Tenochtitlan, capitale degli aztechi. Montezuma accolse gli spagnoli con tutti gli onori, si sottomise al loro potere e finì per essere ucciso, con una pubblica lapidazione, dal proprio popolo, che non gli perdonò una resa tanto umiliante.
"Moctezuma, the last aztec", la mostra che ha aperto nei giorni scorsi al British Museum di Londra (fino al 24 gennaio prossimo), presentata come uno degli avvenimenti più importanti della nuova stagione, approfondisce e in parte ribalta questa narrazione, spiegando che la caduta degli aztechi non fu una resa, ma una conquista; che il rapporto del loro "ultimo imperatore" con i conquistadores fu assai più complesso di quanto si credesse; e ricordandoci che la storia è una disciplina in continua evoluzione, per cui non bisogna fidarsi del primo che la racconta, specie se costui è il vincitore.
L´esibizione sugli aztechi è la quarta e ultima di una serie sulle grandi potenze del passato, iniziata con il primo imperatore della Cina, Qin Shihuangdi (la cui tomba conteneva i famosi guerrieri di terracotta), e proseguita con l´imperatore romano Adriano e l´influente Scià persiano Abbas. La ricchezza della mostra (per visitare la quale occorre acquistare un biglietto, diversamente dagli show permanenti, dove l´ingresso resta gratuito) è impressionante: maschere feroci, serpenti dai denti acuminati, oro e gioielli, manoscritti e vasellame, alcuni dei quali portati per la prima volta fuori dal Messico, raccontano l´ascesa al potere di Montezuma (come lo chiamiamo noi oggi - il suo popolo lo chiamava Moctezuma) e degli aztechi (anche questo un nome imposto più tardi dagli europei - loro si chiamavano mexica, da cui il nome dato più tardi al loro paese e alla loro capitale). La mostra ne descrive le tradizioni, la cultura, la religione, il calendario, le conoscenze nella matematica e nell´astronomia, senza nascondere la caratteristica per cui sono noti anche a chi sa poco del resto: la ferocia dei sacrifici umani, il sangue delle vittime che scorreva a fiumi lungo le loro piramidi.
Poi l´esibizione sposta l´obiettivo sui conquistadores spagnoli. Certo, erano solo 450. Ma le armature, i fucili, i cavalli, dovevano averli fatti apparire a Montezuma come superuomini o semi-dei. Gli aztechi lavoravano finemente l´oro, ma non l´acciaio: dal punto di vista del progresso tecnologico, in particolare in chiave militare, vivevano ancora come nell´età della pietra. E a questo punto, quando la mostra mette in scena l´incontro o scontro tra le due civiltà, si arriva all´interrogativo di fondo: perché Montezuma, il dio-guerriero, si arrese senza fare resistenza agli spagnoli?
La risposta o meglio le ipotesi fornite dalla mostra sono più articolate e complesse dell´idea più comunemente diffusa dell´imperatore traditore. Ci furono presagi di sventura e sconfitta, nei sogni dell´imperatore? Forse. Ma contò di più quel che vide con i suoi occhi: la superiorità tecno-militare degli spagnoli. Può darsi che egli cercasse di ingannarli e prendere tempo, ma il suo gioco, se tale fu, venne presto capovolto dagli inganni e dalle ipocrisie di Cortez e dei suoi comandanti. Alla fine, quando gli aztechi, si ribellarono, fu Cortez a ordinare a Montezuma di andare su un balcone a calmarli e forse fu allora che l´imperatore venne ucciso a pietrate: ma altre fonti illustrate dalla mostra indicano che potrebbe essere stato in realtà ucciso dagli spagnoli, dopo averlo legato per impedirgli di buttarsi dal balcone, perché voleva scappare, gettandosi di sotto, tra la sua gente. Così ora il Messico comincia a cambiare giudizio su uno dei suoi padri, che fu certo un leader feroce, ma non necessariamente il traditore che consegnò l´impero allo straniero.