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Il presepe, il Natale e i suoi nemici

di Massimiliano Viviani - 23/12/2009

    



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Dopo il Crocifisso potrebbe essere bandito dagli Istituti scolastici anche il presepe: c'è chi sostiene infatti che sia stata presentata una formale richiesta al Ministero dell’Istruzione per porre fine alla pratica, in uso nelle scuole elementari italiane, di far costruire ai piccoli alunni il presepe. È una voce che circola a San Gregorio Armeno, la strada dell’artigianato del presepe per antonomasia, nel centro antico di Napoli. E vuoi per gli interessi della professione, vuoi per la passione che vi sta dietro, se da queste parti sono preoccupati, vuol dire che qualcosa di vero probabilmente c'è. Del resto negli ultimi dieci anni sono capitati parecchi casi del genere in varie scuole d'Italia, nelle quali il presepe è stato vietato, o in alternativa sono stati vietati i tradizionali canti di Natale. Non pare quindi un fulmine a ciel sereno, ma solo il punto di arrivo di una tendenza che ha una sua logica e coerenza lucidissima.
Decisioni di questo solitamente vengono motivate dalla pretesa, in una società "multiculturale" come la nostra, di non imporre alcun credo all'interno delle istituzioni pubbliche, perchè, si dice, i luoghi pubblici sono appunto di tutti, e nessuno deve essere favorito mentre nel contempo altri vengono penalizzati. D'altro canto, in alternativa a questa interpretazione, molta gente comune è convinta che dietro a decisioni di tale genere vi siano delle pressioni di ambienti musulmani per sradicare le nostre tradizioni religiose al fine, in un tempo ancora remoto, di imporre le loro, secondo la ben nota logica cara alla Fallaci per cui non esiste musulmano che non sia nel contempo conquistatore e colonizzatore.
E' bene chiarire sin da subito quello che potrebbe risultare un equivoco: chi scrive non è nè cattolico nè cristiano, e non ha interesse nel difendere nè la Chiesa cattolica nè il suo culto. Quello che qui si intende denunciare è piuttosto la tendenza retrostante (e nel caso specifico, pianificata), atta a fare trionfare un sordido materialismo, più che lamentare la scomparsa di una religione che oramai in Occidente non è che un contenitore vuoto e non ha quasi più presa nè sul popolo nè sulle élites.
Partiamo dalle presunte pressioni musulmane. Una simile linea di interpretazione non si regge in piedi. Anzi, sotto certi aspetti rasenta veramente il ridicolo. Per carità, sappiamo tutti che tra i musulmani vi sono gruppi integralisti che aspirano a portare il mondo intero sotto la mezzaluna, ma essi sono una minoranza e in ogni caso ciò non deve essere un alibi per nascondere le nostre magagne. I musulmani infatti si trovano in massa in Italia da una ventina di anni, mentre prima di allora erano una minoranza senza influenza alcuna. Vogliamo affermare che prima di allora il Natale in Italia avesse connotazioni religiose piuttosto che consumistiche? Vogliamo affermare che vent'anni fa per le famiglie italiane le festività natalizie rappresentavano un momento di riflessione e di meditazione sul mistero della nascita del Salvatore e della sua Redenzione? Oppure già allora il Natale era tempo di regali e di shopping per acquisti rimandati per un intero anno, e il pretesto per dare sfogo alle proprie velleità culinarie e di gozzoviglia? Oppure già allora l'albero di Natale (simbolo del moderno consumismo) stava già sostituendo il presepe, e i vari Babbi Natali infarciti di pacchi avevano già seppellito Gesù bambino con tanto di angeli al seguito?
Persino la Chiesa cattolica -che rappresenta uno Stato sovrano e che non subisce certo condizionamenti da musulmani o da altre confessioni- da diversi anni ha fatto posizionare in Piazza San Pietro un enorme albero di Natale (noto simbolo di riflessione consumistica) che campeggia visibile da lontano, in modo da comunicare al mondo intero gli orientamenti moderni della nuova pop-chiesa del Terzo millennio...

E' evidente che il discorso dei presepi a scuola rientra più in questa linea che nell'aggressività di piccoli gruppi di musulmani fondamentalisti. Ciò risulta ancora più chiaro se si considera che per i musulmani Gesù Cristo è parimenti un personaggio sacro della loro religione, e in generale non ne nutrono alcuna ostilità come invece pensa la massa della popolazione (e che i mass media per ovvi motivi si guardano bene dal chiarire). L' Islam infatti considera Gesù un profeta, messaggero di Allah, citato più volte con il nome di Messia nel Corano, con la sola differenza che per l’Islam la natura di Cristo è puramente umana e non divina. Anche Maria è venerata dai musulmani in quanto madre vergine di Gesù, e non c'è da parte loro alcun motivo per essere offesi dalla festività natalizia, anzi è in realtà uno dei più importanti punti di incontro tra i fedeli delle due religioni.
Molti islamici sentono la festività natalizia e la festeggiano, in Italia e anche nei loro Paesi. Addirittura in molti Paesi a maggioranza musulmana il Natale cristiano (25 dicembre) o il Natale ortodosso (7 gennaio) è considerato festa nazionale, per esempio in Marocco dove -secondo il Presidente della Confederazione delle Associazioni della Comunità marocchina in Italia- "le scuole rimangono chiuse e la gente è partecipe della festività".
E' evidente quindi l'ignoranza di chi vede dietro ogni decisione che minaccia (i residui del)le nostre tradizioni popolari e religiose, sempre lo zampino dell'Islam. E ancora di più la malafede di chi intende fare piazza pulita di ogni tradizione del passato, scaricando la colpa su altri e adducendo come motivo quello di non urtare la loro sensibilità.
E qui sta il secondo punto. C'è qualcuno in Occidente che probabilmente è convinto che per rispettare ogni credo sia il caso di eliminarli tutti. In questo di fatto consiste la loro cancellazione dalla dimensione pubblica e la conseguente segregazione nel privato. Non è un caso che questa misteriosa preoccupazione di rispettare le religioni e i loro fedeli venga da ambienti progressisti e illuministi che con le religioni hanno sempre avuto un pessimo rapporto. Quantomeno il sospetto di ipocrisia è legittimo. Tale freddo e anonimo "rispetto" per ogni religione porta in realtà alla cancellazione di ogni tradizione. Si obietterà che a tutti deve potere essere data la possibilità di esprimersi, anche agli atei. Ma guarda caso, constatiamo che è proprio su questi ultimi che si assesta il risultato finale: nel dubbio, per non scontentare nessuno, ci si assesta sempre al livello più basso. Come quando in occasione della festa di carnevale, la scuola elementare che frequentavo io da piccolo, impose a tutti i bimbi di vestirsi con vestiti del papà o della mamma perchè ci poteva essere nella scuola qualche bambino di famiglia povera che non poteva permettersi un vestito da Toro seduto o Corsaro nero! Me lo ricordo come il carnevale più triste, grigio e inutile della mia vita...e questa è la direzione che sta prendendo l'umanità intera!
Parlare di laicismo al posto di ateismo è pura ipocrisia: il modo di pensare che si insegna nelle scuole è il metodo razionale e scientifico promosso dalla cultura illuminista e materialista. Se la loro preoccupazione fosse davvero quella di non privilegiare alcuna religione, si potrebbe insegnare il pensiero simbolico e analogico delle società tradizionali, senza fare riferimento alcuno a un credo in particolare. Si potrebbero far leggere per esempio a tutti i ragazzi dei licei i "Simboli della scienza sacra" di Guenon, dove ai vari simboli della metafisica tradizionale del passato non viene associata nessuna delle religioni esistenti al mondo (quindi non vi è possibilità di discriminazione alcuna, e i laici dovrebbero essere contenti). Se invece tale pensatore non viene neppure menzionato nei vari libri di filosofia dei licei, mentre la lettura del "Discorso sul metodo" di Cartesio è quasi un "must", be', allora sarebbe il caso di sgombrare il campo dalle ipocrisie, e di dire pane al pane e vino al vino quello che si intende fare veramente. Senza tirare in ballo fantomatici "rispetti" che non c'entrano niente. E senza scaricare le colpe sui musulmani.
I motivi veri di tale avversione sono altri, e consistono nel voler togliere ogni colore alla nostra vita, nel volerla privare di ogni sapore e di ogni mistero, per rendere questo mondo un aggregato inorganico e anonimo di numeri e di astrazioni. Portato avanti da coloro che per renderlo accessibile a tutti -così dicono- finiscono per non renderlo vivibile per nessuno. Perchè in fondo, le tradizioni di un popolo servono anche a questo: a dare un senso alla vita, a renderla più tollerabile, non solo per chi crede ma anche per chi non crede. Esse non sono solo religione: sono anche comunione, partecipazione, significato, gioia. Eliminarle significa eliminare la vita stessa.