La crescita economica non può espandersi all’infinito in quanto le risorse planetarie sono limitate.
Partendo da questo concetto, si è sviluppata una corrente di pensiero economico che non pone la crescita economica quale scopo primario delle attività umane, me intende rimettere l’uomo e l’ambiente in cui vive al centro dell’economia.

La limitatezza delle risorse, che poteva essere trascurata negli anni ’30 non può più essere secondaria, inoltre, l’aumento del reddito complessivo in poche parti del mondo, seppur in un contesto globalizzato, non ha sistematicamente portato maggior benessere mondiale, ma anzi porta tensioni ed alimenta flussi migratori di ampia portata.

In uno scenario simile, secondo gli attuali pensatori di tali teorie (S. Latouche in Francia, M. Pallante in Italia) si può ipotizzare una via d’uscita: far decrescere i consumi e le esternalità negative provocate dalla crescita economica e modificare la visione globale dell’economia, contrastando la spinta al consumo continuo ed esponenziale di risorse.

Un’economia non basata sulla crescita (decrescita o a-crescita), potrebbe essere realizzata a livello microeconomico qualora i singoli individui e le famiglie su vasta scala adottassero una sobrietà sempre crescente nei consumi prediligendo acquisti di prodotti non inquinanti, cibi locali e biologici, limitando l’uso di mezzi di trasporto a combustibile, autoproducendo anche parte del proprio fabbisogno, e che sarebbero orientati ad una valorizzazione del tempo libero da dedicare alla vita sociale e conviviale; in realtà, tale processo nell’ultimo periodo si sta accentuando, assumendo un rilievo sempre maggiore (vedasi la recente inchiesta del 04.11.2009 - Consumers’ Forum, Osservatorio sui consumi).

Inoltre, il ruolo del pubblico, in veste di legislatore dovrebbe concentrarsi su strumenti ed indirizzi funzionali che possano guidare comportamenti a livello microeconomico agendo su tre fronti:

1.contrastare la pubblicità subdola ed ingannevole, azzerarla per fasce deboli (bambini) e per beni di prima necessità e di interesse pubblico (acqua) come avviene oggi per il divieto di pubblicizzazione dei tabacchi e di latte artificiale per la prima infanzia;

2.favorire produzioni ecocompatibili sin dalla progettazione, contrastando l’obsolescenza programmata (prodotti pensati per essere destinati ad essere consumati ed eliminati), disincentivando l’utilizzo di imballaggi altamente inquinanti, favorendo il riutilizzo prima del riciclo, le riparazioni, ecc.

3.disincentivare il credito al consumo, che permette l’indebitamento facile per destinare risorse al consumo rendendolo possibile anche quando non necessario.

Dall’altro punto di vista, quello macroeconomico, si potrebbero adottare misure mirate di politica economica che portino ai risultati attesi.

Alcuni esempi:

- un piano di recupero energetico degli immobili dove la priorità assoluta viene data all’efficienza energetica degli edifici, rendere autonoma energeticamente ogni nuova costruzione obbligando alla costruzione di edifici solo autosufficienti con fonti rinnovabili;

- il settore automobilistico e parte dell’indotto potrebbero essere riconvertiti fabbricando micro-generatori energetici (a tal proposito vedasi un progetto tedesco di tal tipo che a fronte dell’installazione di 100.000 microgeneratori messi in rete otterrebbe l’equivalente di energia prodotta da 2 centrali nucleari - vedasi La Repubblica — 10 settembre 2009, pagina 32);

- l’incentivazione massiccia all’utilizzo dell’acqua pubblica con conseguente modernizzazione della rete distributiva riducendo l’utilizzo di acqua imbottigliata fonte di notevoli quantità di rifiuti e CO2 sia per la produzione sia per il trasporto;

- riduzione della produzione dei rifiuti contestuale con la diffusione di raccolta differenziata e trattamenti dei rifiuti a freddo a su tutto il territorio nazionale preferendolo all’incenerimento, la reintroduzione di imballaggi a rendere, ecc.;

- un rafforzamento della domanda pubblica di materiali riciclati mediante interventi quali il “Green public procurement (Gpp)” ;

- abbandonare progetti di opere faraoniche ad alto tasso di capitale per preferire diffusi interventi in infrastrutture pubbliche ad alto tasso di lavoro (miglioramento dell’efficienza di tutti i mezzi pubblici treni, autobus ecologici, piste ciclabili, ecc.);

- potenziamento sostanziale delle misure di tutela dei “consumatori”, fornendo reali poteri di azione alle associazioni e gli organismi di difesa rendendole autonome dalle lobby, e rendendole operative attraverso l’introduzione della class-action nel modello statunitense.

Tali misure avrebbero un impatto positivo e di rilievo sull’ambiente ed allo stesso tempo incentiverebbero anche l’occupazione nel settore, favorendo anche la ricollocazione di lavoratori provenienti da settori dismessi o in forte crisi, nonché ottenendo effetti moltiplicativi di reddito.

Nel campo socio-sanitario le linee guida ipotetiche ispirate da tali politiche economiche, che potrebbero assumere un ruolo fondamentale sono: la prevenzione a monte (favorevoli condizioni ambientali) e la responsabilizzazione a valle (stile di vita sano per ammalarsi meno), oltre al potenziamento di strutture capillari sul territorio, al fine di incentrare gli interventi sulla prevenzione e sulla rapidità d’intervento; il ruolo del welfare andrebbe rivisto sostanzialmente potenziando i servizi e riducendo i contributi prettamente economici di solo ausilio al consumo, attraverso l’eliminazione dei bonus e liberalità una tantum e la rideterminazione delle misure di sostegno potenziando i servizi alla persona ed alle famiglie.

In una tale realtà economica, quindi, si ridurrebbero i consumi, ma aumenterebbe il risparmio (pilastro fortemente compromesso dalla recente crisi finanziaria) che attraverso il sistema finanziario potrebbero essere immessi sul mercato tenendo bassi i tassi di interesse a breve, in conformità con le politiche economiche programmate, il modello può essere compatibile con inflazione 0 e basso tasso di disoccupazione.

Le importazioni diminuirebbero per via della rideterminazione dei consumi interni e verrebbero favoriti investimenti in tecnologie pulite che potrebbero portare incrementi di reddito, che in termini reali diventerebbero più sostanziali vista al riduzione del consumo superfluo.

Il nostro tessuto economico sociale caratterizzato da micro e piccole imprese, ben si concilia con tale modello e potrà recepire positivamente tali cambiamenti che poteranno a nuovi equilibri.

La spesa pubblica, liberata da eccesso di spese necessarie per recuperare i danni ambientali e da eccesso di consumismo (quali ad esempio la gestione rifiuti o da dispendio energetico) potrebbe essere maggiormente indirizzata alla ricerca, all’istruzione, alla cultura, alla tutela del patrimonio storico-artistico, allo sviluppo dell’economia delle conoscenze; il tutto potrà innescare un circolo virtuoso di creazione di nuove opportunità e crescita sociale, nonché di benessere diffuso.

Un cambiamento del genere però, mal si concilia con l’attuale principale parametro fondamentale di politica economica ovvero il PIL, seppur utilizzato a livello mondiale.

I governanti, oggi, non sono liberi di scegliere misure alternative (nonostante la consapevolezza di alcuni dell’inidoneità di tale strumento ed numerosi studi ed iniziative dottrinali in tal senso), quando buona parte dei risultati dell’economia poggia su tale indicatore; pertanto, uscire dalla logica della crescita e spostare l’obiettivo su un miglioramento globale della vita dei cittadini - seppur di nobile intento - si rivela alquanto difficile.

La decrescita del PIL fine a se stessa (ovvero la recessione) non è altro che l’altra faccia della medaglia della crescita fine a se stessa, ma far decrescere drasticamente la parte negativa del PIL è una sfida senza precedenti realizzabile senza bisogno di altro che della “sobrietà”; tale approccio non significa ritornare al passato dei nostri avi e rivivere un’arretratezza di mezzi, ma rinunciare agli eccessi che caratterizzano la nostra vita attuale per vivere meglio e garantire un futuro alle prossime generazioni.