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Dopo la Grecia chi tocca?

di Giovanni Petrosillo - 04/03/2010

 
 
Dalla fine del mese di febbraio di quest’anno la Grecia è praticamente un Paese commissariato, messo "sotto tutela" e controllato a vista dalla UE e dal FMI, organizzazione quest’ultima che risponde, in primo luogo, all’amministrazione americana, la quale, per tale via, tenta di imporre (e quasi sempre vi riesce) agli altri popoli vincoli e condotte atte a perpetuare la sua superiorità economica mondiale, (oggi pesantemente messa in discussione dal riaffacciarsi sullo scacchiere internazionale dei giganti asiatici e latini come Cina, Russia, Brasile o India).

La litania, ripetuta migliaia di volte in situazioni analoghe, è quella dell’austerità e delle misure eccezionali necessarie a riportare i bilanci degli Stati entro argini di sostenibilità il cui livello di guardia - si tratti dei famigerati parametri di Maastricht o di chissà quali altri indici oscuri e inoppugnabili - viene stabilito arbitrariamente da organismi apparentemente neutri ma più volte colpiti da scandali di corruzione e di inefficienze che fanno il paio con evidenti fattori di parzialità politica. Sono queste strutture che richiamandosi a fantomatiche leggi metafisiche dell’economica impongono il ricorso a provvedimenti draconiani sui quali c’è il timbro egemonico della superpotenza statunitense.

Da più parti in Europa si è invocato un intervento politico dell’Unione per porre rimedio al ‘disastro’ greco generato dalla sofisticazione dei bilanci attraverso allegre manovre finanziarie studiate da banche spietate ed assetate di speculazione e da governi inetti e compiacenti. Ma i più scaltri europeisti miravano proprio ad evitare questo pericoloso “sbalzo di piano” che avrebbe portato alla luce del sole le loro reali intenzioni. Occorreva, invece, per salvare il disegno della centralizzazione dei flussi finanziari continentali, restare sul terreno economico, quella selva oscura dove la retta via viene costantemente smarrita e obnubilata. Nel fare questo e per tenerne celati i veri obiettivi si doveva evitare che fosse proprio il FMI, percepito dalle popolazioni come un corpo estraneo e autoritario, a dettare le solite tremende ricette di ripristino dell’equilibrio e della robustezza dei budget finanziari.

Infatti, in ossequio a questo subdolo programma, come riportato Federico Rampini sulla Repubblica, i paesi-guida dell’Europa hanno chiesto al Fondo di defilarsi per non accendere gli animi e le proteste, in un contesto socialmente caldo e facile alla rivolta come la Grecia, arrogando a sé il ruolo dello sbirro cattivo e di quello comprensivo.

La strada da seguire è stata già tracciata dall’Irlanda: tagli agli stipendi pubblici, innalzamento dell’età pensionabile, aumento delle tasse indirette. Ma non solo, perché alla Grecia si chiede di ridurre il deficit di quattro punti di Pil e per arrivarci occorre uno sforzo sovrumano, ben maggiore dei meri rialzi dei prezzi su benzina, tabacco e liquori. Ed allora l’UE si dice disposta a dare una mano agli ellenici ma per poterli ricattare meglio. L’Europa farà qualcosa per i greci ma i greci dovranno dare corso a tutte quelle riforme sociali al ribasso che nessun governo libero e sano di mente metterebbe mai, tutte insieme, in un unico manifesto di interventi proprio per non rischiare di piombare in un clima da guerra civile.

In Grecia si sta tentando un esperimento che presto sarà allargato ad altri paesi aderenti come l’Italia, Spagna e Portogallo. Come abbiamo già riportato in un precedente articolo, l’idea di fondo è quella di “utilizzare questa crisi degli stati allo scopo di forzare al federalismo economico la maggioranza degli stati membri che finora lo rifiutava”. Si vuole sottrarre il controllo diretto dell’economia nazionale ai legittimi governi. Ma per farne cosa? Per distruggere l’attuale modello di un’Europa degli Stati, politicamente scoordinata ma ancora in grado di gestire la propria sovranità bilateralmente e multilateralmente, per sostituirlo con un prototipo di Europa delle burocrazie consortili che non devono rendere conto a nessuno di quel che fanno. Del resto, anche adesso i principali organismi europei, quelli che esercitano la governance continentale, non sono eletti dai cittadini e si riproducono sulla base di logiche clientelari aventi come componente principale la sudditanza agli Usa. Per aver espresso questi concetti, per aver denunciato le manovre nell’ombra della massoneria europea, alle spalle della quale agiscono associazioni occulte come il Bilderberg o la Trilater, siamo stati accusati di complottismo e dietrologia. Ma ora le stesse supposizioni, sebbene in maniera più edulcorata, vengono riportate da giornalisti accreditati sui principali quotidiani nazionali. Quando Rampini dice espressamente che “lontano dai riflettori è il FMI ad avere un ruolo decisivo…a guidare la partita” che significa? E cosa implica il fatto che il Ministero delle Finanze greco si sia affidato ad esperti venuti da Washington per risolvere i suoi problemi di budget? Ma ancora ‘il Fmi sta ridisegnando il sistema di riscossione delle imposte per ridurre l´area dell´evasione. E´ sempre la task-force del Fondo quella che istruisce il governo Papandreou sulla modifica della struttura dell´imposizione, incluso l´aumento delle aliquote Iva. Ed è al Fmi che il ministro Papaconstantinou ha dato in "subappalto" la revisione dei controlli sulla spesa pubblica, per evitare che si ripetano i gravi sforamenti sulle previsioni che in passato hanno riguardato soprattutto la spesa sanitaria e la difesa’.
Quali sono le ragioni per cui il Fondo si muove quasi nella semi-clandestinità?
Noi un’idea, oltre la forma espressiva del politically correct, l’abbiamo esposta…