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OGM: a guadagnarci, solo le multinazionali

di Giovanni Monastra - 05/03/2010

Fonte: Liberal

Perché no. Il biologo Giovanni Monastra spiega come ad oggi non aumentano la produttività.


«Sono davvero poco convinto che gli ogm possano aumentare la produttività. Siamo invece piuttosto davanti a un’enorme operazione di propaganda». Il biologo Giovanni Monastra, per sette anni all’Inran (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la Nutrizione) come responsabile del progetto ogm in agricoltura prima e direttore generale poi, attualmente dirigente al dipartimento ambiente del Comune di Roma, non usa mezze parole affrontando una tematica che conosce molto bene. «Riguardo agli ogm non sono contrario ideologicamente, non ho una visione scientifica talebana. Sono tuttavia perplesso sulle presunte capacità salvifiche dell’uso degli ogm come propagandate dalle grandi multinazionali.

Le culture transegeniche attualmente in commercio, e per il nostro discorso mi riferisco soprattutto al mais e alla soia, non producono di più - la soia gm produce addirittura meno della soia normale - non hanno bisogno di meno acqua, non richiedono meno concimi chimici». Comunque una realtà drammatica è che la fame è il problema più grave che il mondo si trova ancora ad affrontare. «In realtà l’attuale produzione di derrate alimentari non è insufficiente, ma piuttosto è assai mal distribuita. Come ebbe a dire pochi anni fa anche l’ex Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, l’odierna produzione agricola mondiale, se usata in modo razionale, potrebbe nutrire il doppio della popolazione del pianeta, cioè dodici miliardi di persone. Il principale motivo per cui fame e carenze alimentari continuano ad affliggere il mondo è la povertà: milioni di famiglie non possono permettersi di acquistare cibo nutriente o le attrezzature agricole per produrlo». Ci sono dunque molti dubbi di fronte a quella che Monastra non esita a definire «un’operazione di marketing» anche in considerazione del fatto che gli ogm sono sottoposti a brevetti privati e non sono, invece, il frutto di una ricerca nazionale affidata a istituti pubblici. «Sostenere che l’ingegneria genetica sarà in grado di fornire entro breve tempo piante capaci di superare tutte le sfide poste dai cambiamenti climatici e dall’intrinseca capacità produttiva delle piante stesse è per lo meno mistificatorio. Inoltre sarebbe solo una delle risposte necessarie e comunque raggiungibile anche attraverso altre strade libere dal cappio al collo del brevetto che tutela gli organismi transgenici prodotti dalle multinazionali biotech e che si traduce in prezzi più elevati per le sementi: profitti a cui i produttori non intendono rinunciare nemmeno nei confronti del Terzo mondo. È evidente che accettando questa regola il mercato mondiale dei prodotti agricoli diventerebbe di tipo oligopolistico con conseguenze negative sulla libertà di molti popoli e sull’autonomia degli stessi contadini ». Prima di pensare a un cibo diverso, allora, bisognerebbe occuparsi di educazione, di politiche di assistenza allo sviluppo, del problema delle guerre, considerato anche che gli ogm non garantiscono questo surplus della produzione.  «È così. Già Martin Taylor, presidente della Syngenta, uno dei principali attori dell’agro-industria mondiale con un gruppo che impiega più di 24mila persone in oltre 90 Paesi che operano con l’unico proposito di sviluppare il potenziale delle piante al servizio della vita, ha ammesso che soltanto tra 20 anni la ricerca sugli ogm sarà utile al Terzo mondo. E tra 20 anni o il Terzo mondo avrà risolto in parte il problema o sarà veramente una situazione tragica».

Secondo Monastra si sposta avanti nel tempo la sicurezza alimentare come risultato da conseguire in tempi abbastanza brevi per le aree povere del pianeta. «Il mercato senza regole e controlli si è rivelato ancora una volta nemico dei popoli, di tutti i popoli. L’economia non è tutto e non può arrogarsi il diritto di dominare gli Stati. La politica deve tornare ad essere prioritaria e porsi sopra la sfera economica. Il cibo e l’acqua non sono merci, ma realtà vitali da sottrarre ai capricci e alle ingiustizie del mercato. Dobbiamo tornare a una politica capace di sfidare, se necessario, le grandi concentrazioni finanziarie e gli interessi economici delle oligarchie». (r.f.)