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Che fare? L’obiettivo

di Stefano D'Andrea - 14/03/2010


Marino Badiale e Massimo Bontempelli hanno scritto un articolo, inviato a numerosi siti e blog e che è stato opportunamente pubblicato da altri siti. L'articolo è importante perché muove verso la giusta direzione; e fissa anche alcuni punti tendenziali per tracciare il percorso che sarà necessario seguire. Da questo articolo prende spunto il nostro "Che fare?", che anzi sarà, in primo luogo, una riflessione sull'obiettivo proposto dai due autori. Proposto, perché quella di Badiale e Bontempelli è una proposta. Un invito al dialogo; che accogliamo. Una proposta benemerita e anzi sacrosanta.
Badiale e Bontempelli muovono da una premessa: "L’Italia, dopo tre decenni di decadimento civile e morale, è giunta ormai al suo sfacelo come nazione e come società" e perseguono l'obiettivo di far nascere "una forza politica che contesti la logica di fondo delle attuali scelte politiche e si faccia portatrice di una logica alternativa. Far nascere una simile forza politica deve essere l’obiettivo principale di chi voglia lottare contro lo sfacelo del nostro paese" (grassetto nostro).
La premessa è la nostra premessa; e l’obiettivo è il nostro obiettivo. La consonanza è assoluta. Iniziamo dall’obiettivo e indaghiamo perciò la proposizione linguistica. E' chiarendo e schiarendo l'obiettivo, ossia la frase che lo esprime, che capiremo che fare. Cosa dobbiamo fare.
Intanto alcune precisazioni, che i giuristi qualificherebbero come "interpretazioni correttive". In primo luogo, "obiettivo unico" non " obiettivo principale". Se si tratta di far nascere una forza politica che dovrà “lottare contro lo sfacelo del nostro paese”; se si tratta di costituire una forza politica la quale contesti radicalmente i principi politici del partito unico delle due coalizioni e ne proponga di “alternativi”; se questa forza, sebbene minoritaria, dovrà comunque avere la capacità di veder crescere continuativamente e col tempo esponenzialmente i militanti, i simpatizzanti ed il consenso; allora si tratta dell’obiettivo unico, non dell’obiettivo principale. Sarebbe presuntuoso e non credibile limitarsi a farne uno tra più obiettivi. E’ un obiettivo storico. Si pone in una prospettiva storica: muove da una fase storica durata trenta anni e guarda lontano. L’obiettivo richiederà comunque tempo, anche se si verificassero le condizioni più favorevoli. Dunque deve essere l’obiettivo unico, con tutti i corollari che ne discendono. Nella definizione dell’obiettivo, perciò, sostituirò, “principale” con “unico”.
Una seconda interpretazione correttiva. Non si lotta “contro lo sfacelo del nostro paese”. Non c’è uno sfacelo in arrivo, al quale si tratti di opporre resistenza. Quest’ultima parola, anzi, sebbene ci sia molto cara, non fa per noi. Il tempo della resistenza è scaduto; ed è scaduto senza che la resistenza sia stata opposta. Siamo stati travolti. Lo sfacelo si è ormai verificato. Sono gli stessi Marino e Badiale ad avercelo detto nella loro premessa: “L’Italia, dopo tre decenni di decadimento civile e morale, è giunta ormai al suo sfacelo come nazione e come società". Nella definizione, perciò, sostituirò “lottare contro lo sfacelo del nostro paese” con “lottare per risollevare il nostro paese dallo situazione di sfacelo nella quale è venuto a trovarsi”.
Scrivono i due autori che la forza politica che occorre far nascere deve “contestare la logica di fondo” delle attuali scelte politiche e farsi portatrice di una “logica alternativa”. Che significa? Qui non si tratta di correggere; bensì di precisare, di chiarire. Non si vuole entrare nel merito e specificare la “logica di fondo” contestata e la “logica alternativa”; questo dovremo farlo in seguito. Si intende, invece, definire con più precisione il fenomeno designato dal termine “logica”. Quel fenomeno sono principi metagiuridici; le “idee” che guidano la legislazione e condizionano la scelta degli interessi che si vogliono giuridicamente tutelati e di quelli che si vogliono sacrificati; quelle idee guidano la legislazione con ricadute che giungono ai meandri dell’ordinamento giuridico, generando anche una serie di  fatti di ampia rilevanza sociale. Gli impulsi provenienti dall’ordinamento giuridico e da quei fatti di ampia rilevanza sociale urtano contro i nostri sensi e riescono sovente, e comunque con dimensione sistemica, a penetrare nel nostro sangue, nelle nostre menti e nel nostro cuore. La forza politica che dovrà nascere, quindi, dovrà sorgere per “contestare le idee che negli ultimi trent’anni hanno guidato e mosso le scelte politiche e quindi la legislazione dei rapporti sociali, economici, civili, umani e politici”. La critica non deve avere ad oggetto la legislazione, anche quella di enorme rilevanza sociale, bensì le idee che l'hanno generata. La legislazione è già il secondo meccanismo dell’ingranaggio e in certo senso è già un corollario. Il fatto che questo corollario ne rechi con sé altri – corollari di un corollario – non toglie che si tratti pur sempre di un corollario.
Anche il termine “alternativa” solleva qualche dubbio, almeno a causa dell’uso comune di esso, se non anche per le astratte potenzialità semantiche. “Dimmi se ho una alternativa”? “Che alternativa ho”? “Credo di avere un’alternativa”; “Non vedo alternative”. Queste e simili formule rivelano che anche una logica appena un po’ diversa da quella che si contesta è una logica alternativa. Anzi, sovente “alternativa” designa una diversa strada per raggiungere il medesimo posto o il medesimo obiettivo. Opposta, dunque, non alternativa. La “logica” deve essere “opposta”: le idee che dovranno condurre l’attività legislativa e così irradiare l’ordinamento, la società e le nostre vite devono essere opposte a quelle che hanno guidato la legislazione degli ultimi trenta anni.  Guai a temere, fin dal principio, il rischio dell’estremismo. Il pericolo da scongiurare è l’infantile estremismo relativo ai mezzi, ai tempi (la fretta) e che non tenga conto dell’analisi concreta della situazione concreta; non il rischio che la forza sia estremista per le idee che propone. Tantomeno si deve temere il rischio che gli avversari definiscano la nuova forza come estremista. Non si può proporre di risollevare la nazione e la società italiane dallo condizione di sfacelo nella quale si trovano e al contempo temere di diventare estremisti o di essere considerati estremisti. Si dovrà temere  e scongiurare l’estremismo al nostro interno – quell’estremismo che è soprattutto fretta, amore per l’azione simbolica (che, secondo ragione, ci dovrà pure essere ma della quale non si dovrà essere innamorati) e presunzione di capire ciò che non si comprende. Invece, non si dovrà temere di apparire o essere estremisti rispetto alle idee accolte, per convinzione o per cinismo – ma il cinismo, quando non si pietrifica in nichilismo, genera la convinzione che prima non c’era – dalle diverse formazioni politiche e dai diversi gruppi di potere che costituiscono il partito unico delle due coalizioni. Rispetto a quelle idee, rifiutate in favore di quelle opposte, si dovrà essere naturalmente, logicamente, intelligentemente, fieramente  estremisti. Dove estremista designa colui che sostiene le idee opposte – che si trovano all’altro estremo – rispetto a quelle che dominano l’ordinamento giuridico e la società. La forza che occorre far nascere, dunque, sosterrà idee che si pongono all’estremo opposto di quelle dominanti e dunque dovrà essere estremista. E i militanti dovranno essere fieramente estremisti.
Infine “forza politica”. Anche qui è preferibile essere chiari fino in fondo: “un partito”, non “una forza politica”. Il partito alternativo al partito unico delle due coalizioni. Il partito al quale dovranno aderire coloro che sostengono e fanno proprie le idee opposte rispetto a quelle che hanno condotto l’attività legislativa delle due coalizioni (idee che sono state e sono comuni) e, nel precedente quindicennio, dei “governi tecnici” e dei partiti dell’arco costituzionale ormai in condizione di decadenza e alla fine di putrefazione.
Aderiamo completamente alla premessa di Marino e Badiale: “L’Italia, dopo tre decenni di decadimento civile e morale è giunta ormai al suo sfacelo come nazione e come società". Essa consente importanti riflessioni e prese di posizione, che rinviamo ad un prossimo articolo, il quale sarà presto pubblicato. Una volta iniziato il nostro “Che fare?”, siamo ormai vincolati a proseguire. Ed è ovvio che dovremo tornare anche sull’obiettivo; perché dovranno essere specificate le idee – quelle fino ad ora dominanti e quelle opposte -, che abbiamo designato soltanto genericamente; e perché sono necessarie altre precisazioni.
Intanto concludiamo questo primo articolo ridefinendo l’obbiettivo alla stregua delle osservazioni svolte: “occorre far nascere un partito che contesti le idee che negli ultimi trent’anni hanno guidato e mosso le scelte politiche e quindi la legislazione dei rapporti sociali, economici, civili, umani e politici e che si faccia portatore delle idee opposte. Far nascere un simile partito deve essere l’unico obiettivo di chi voglia lottare per risollevare il nostro paese dallo situazione di sfacelo nella quale è venuto a trovarsi”. Questo partito sarà necessariamente, naturalmente e intrinsecamente estremista. E i militanti saranno fieramente estremisti, perché sosterranno idee opposte a (che si trovano all’estremo opposto di) quelle che hanno dominato la legislazione negli ultimi trenta anni.