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Sempre più vicinoil punto di non ritorno

di Gianfranco La Grassa - 14/03/2010


E’ apparsa sulla stampa una dichiarazione di Scaroni (vedi post di G.P.) molto significativa in merito a quanto sta accadendo da qualche mese a questa parte. In pratica, mentre tutti sappiamo bene l’antagonismo e reciproca esclusione tra i progetti Southstream (Eni-Gazprom) e Nabucco (patrocinato dagli Usa in senso antirusso e su cui premono pure gli organismi europei succubi della potenza nordamericana), improvvisamente l’ad dell’Eni se ne esce – sia pure negli Usa – con la “trovata” che sarebbe possibile, anzi utile, integrare i due progetti. Non è arrivato a dire – forse ci arriverà in seguito, ma allora….. – che così siamo meno dipendenti dalla Russia, accennando però al vantaggio di chiamare in causa altri paesi produttori di gas anche di area caucasica, fornitori del Nabucco (tipo il Turkmenistan), non proprio ben visti dai russi. La Gazprom non sembra aver gradito l’uscita di Scaroni; e ci credo!

Tale segnale, in ogni caso negativo, giunge dopo altri riguardanti il viaggio del premier in Israele, un’accresciuta animosità nei confronti dell’Iran, il cedimento dell’Eni – che in precedenza aveva offerto ben maggiori resistenze – alle pressioni degli organismi UE, ecc. Ovviamente, non penso affatto che il lancio del modellino del Duomo milanese in faccia al “cavaliere” sia qualcosa di diverso da un gesto individuale. Del resto, pure il “delitto di Serajevo” fu l’atto di un individuo e non certamente causa della prima guerra mondiale. Si tratta di quei gesti sintomo di un’atmosfera ormai satura di tensione, in cui alla fine gli eventi nefasti deflagrano. Il lancio del “piccolo Duomo”, con il suo seguito di cedimenti da parte del premier, ha chiarito che costui (non solo come soggetto empirico, ma soprattutto in quanto personificazione di una data politica e di un dato gruppo che dovrebbe portarla avanti) non regge di fronte all’offensiva statunitense, servita dalla nostra finanza “weimariana” e dall’industria “decotta”, che trova i suoi sicari più fedeli nei traditori del paese scesi oggi in piazza, uniti nei loro torbidi progetti.

I soliti banali, solo capaci di vedere l’epidermide dei processi, non hanno capito che il passaggio da Bush a Obama, all’apparenza una “ritirata” e un’accettazione di manovre “meno aggressive”, ha invece avuto il significato di approntare, sia pure “sotto traccia”, un più efficace e “ficcante” tentativo di predominio “imperiale”. Bush (il suo gruppo di vertice) era più scoperto e diretto perché dal 1991 al 2001 (o forse anche 2003), l’evoluzione storica oggettiva sembrava indicare l’ormai avvenuta apertura di un’epoca di nuovo monocentrismo (statunitense appunto). La Cina era l’unico punto interrogativo, ma un bel po’ più in là nel tempo. La rinascita della Russia, per quanto meno potente dell’Urss (con però all’interno una minore disgregazione socio-politica rispetto a quella solo coperta dal pervasivo potere esercitato dal “partito unico”), ha mutato i caratteri della fase, rendendo più incisiva anche l’azione di altri poli in forte crescita: la Cina, certamente, ma pure quella che sembra in fondo un’alleata degli Usa come l’India, e altri ancora. E’ il quadro internazionale complessivo ad essere mutato in un brevissimo arco d’anni. La nuova dirigenza statunitense sta tentando una nuova politica di tipo aggirante, di cui vedremo presto l’aspetto di dura violenza (anzi, lo si vede già adesso se non si è dei tontoloni sempre attenti al piccolo particolare e non al quadro d’insieme).

Con il Bush dell’aggressione diretta, Berlusconi – che in fondo sa di essere, ed essere considerato, filoamericano e sostanzialmente neoliberista – non si è preoccupato più che tanto di sviluppare certi affari con Putin e poi Gheddafi, ecc. In questo modo ha indubbiamente impostato una politica estera ben diversa da coloro che andarono in guerra, senza esitazione alcuna, con Clinton contro la Jugoslavia, perché salvati dal “crollo del muro” e portati in auge tramite l’operazione “mani pulite”, a patto di divenire permanentemente i sicari più obbedienti. Il da sempre, per scelta ideologica pregiudiziale, filoamericano Berlusconi ha favorito qualche interesse nazionale, giocando su dichiarazioni prudenti in cui – come sull’aggressione compiuta dalla Georgia o sulla candidatura di questa e dell’Ucraina nella Nato e nella UE, ecc. – si consentiva tuttavia qualche sviolinata filorussa. Con Obama (sempre in quanto personificazione di una diversa impostazione dei centri strategici decisivi), egli ha cercato di continuare la pantomima; nulla da fare, come sempre avviene con i “progressisti”, quelli qualificati di “sinistra”, che nella storia si sono sempre dimostrati i più subdoli nel condurre una politica di sostanziale aggressività: tesa alla preminenza mondiale se sono al governo di una potenza predominante, prona e servile verso quest’ultima se sono al governo di paesi pullulanti di gruppi subdominanti (la GFeID italiana, ad es.).

Quando il premier ha svolto una politica estera minimamente in linea con interessi nazionali, pur non essendo così ingenui dal pensarlo dotato di vocazione indipendentista, era a mio avviso giusto valorizzarla; se adesso muta atteggiamento – ridicolo credere che Scaroni stia seguendo una linea di sua propria scelta (lo fece solo Mattei, ma sappiamo anche com’è finita) – diciamo con chiarezza che dimostra di non possedere la stoffa adatta per essere un leader nazionale. Non si cadrà però in un’altra più grossolana ingenuità, invertendo causa ed effetto. Abbiamo chiarito più volte che quella impropriamente chiamata “sinistra” è un’accozzaglia, il cui nucleo centrale è costituito dagli ex piciisti, favoriti in tutto e per tutto dalla Confindustria di Agnelli, al seguito di ambienti americani, onde fornirsi di strumenti ancor più docili dei precedenti (Dc-Psi) dopo la fine del mondo bipolare. Grazie ai nuovi scherani si realizzò, fra l’altro, lo smantellamento dell’industria “pubblica”, con la nefasta azione dei vari Ciampi, Amato, ecc. (tutti di sedicente “sinistra”), al fine di ingrassare la sunnominata Confindustria, favorita pure dallo Stato e dalla vertiginosamente crescente spesa pubblica messa a disposizione dei parassiti che sono al suo vertice.

Questa è stata la causa; l’effetto – per pura opera di difesa e salvataggio di alcuni settori, presi di mira, assieme all’industria pubblica, dal capitale privato di più vecchia ascendenza, per tanto tempo coadiuvato, consigliato, dalla Mediobanca di Cuccia – è stato la creazione, raccogliticcia e improvvisata, di un’altra accozzaglia detta “destra”. Il gioco degli specchi (su cui ho scritto un libro, ovviamente ignorato dall’establishment, che foraggia i suoi intellettuali ben pagati e riveriti come sempre i padroni fanno con i maggiordomi) sta bloccando la politica italiana, non a caso degenerata da anni e anni in un indegno schiamazzo da pollaio. Né “sinistra” né “destra” hanno certo vocazione nazionale, spesso anzi entrano fra loro in competizione per dimostrare chi è il migliore servitore degli Usa (e dei loro alleati-succubi finanziario-industriali “privati” nel nostro paese). Però, mai scordare che la prima, e privilegiata, gang di sicari, formata con il colpo di mano giudiziario del 1992-93, è la sedicente “sinistra”; la destra viene logicamente, e come potenzialità, dopo.


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Ancora una volta, solo il superficiale si fa incantare dal numero di voti in elezioni “democratiche”, dove intervengono fattori a volte “irrazionali”, che – data la lunghezza dei tempi storici, molto diversa da quelli degli avvenimenti della vita individuale – possono sembrare lunghi. La “destra” vive solo sul carisma di un uomo e sulla stupidità di avversari che non hanno altra politica se non quella di combatterlo, accusandolo di tutte le nequizie possibili tramite un corpo “speciale” ormai deviato dai suoi compiti istituzionali e sempre più eversivo, la cui pericolosità quindi, per quanto “bue” possa essere il popolo, è stata percepita dai meno deficienti. Tanto più che i membri di questo corpo “deviato” (dai suoi compiti istituzionali) lavorano poco e con tempi interminabili di emissione delle sentenze, guadagnano molto, commettono clamorosi errori giudiziari, mostrano sempre più arroganza e inefficienza (credo anche incompetenza, ma qui mi fermo).

Oltre tutto, si grida al fascismo di quest’uomo quando nessun fascismo: 1) ha impiegato 20 anni senza aver consolidato il suo potere; 2) ha mai accettato di essere buttato giù da un “ribaltone” a pochi mesi dall’aver conquistato la maggioranza in “libere elezioni” (1994), né si è mai sognato di accettare per ben due volte (1996 e 2006) di essere messo in minoranza in altre elezioni (la seconda volta per 24.000 voti alla Camera mentre ne prendeva 220.000 in più al Senato, dove ha sopportato per due anni lo sconcio del voto dei senatori a vita, tutti orientati contro il presunto “fascista”); 3) ha mai consentito che il proprio capo venisse dileggiato ogni giorno, ogni ora, sulla stampa, in TV (che si pretende sia berlusconiana, un’affermazione di una mala fede incredibile); 4) nemmeno ha mai permesso che tale capo subisse un processo dopo l’altro, con una faziosità rara a riscontrarsi in altri paesi e in altre epoche; 5) ha mai tollerato schiamazzi di piazza e truculente dichiarazioni, poiché le “adunate oceaniche” sono permesse solo al proprio capo; 6) ha sempre avuto dei corpi collaterali (squadre d’azione) per scoraggiare a suon di legnate e di piombo (e di sparizione di avversari) ogni opposizione; 7) ha proibito gli scioperi e sciolto le associazioni sindacali e ogni altra organizzazione di sovversione dell’ordine affermato e imposto con la forza.

Si potrebbe continuare, ma lasciamo perdere. Il fatto grave, e che non sanerà mai questa situazione malata, è che il presunto “fascista” fa resistenza (ma quasi solo personale) alla causa della malattia rappresentata, come detto, dall’informe ammasso detto “sinistra”; ma non è in grado di rintuzzare quest’ultima e di guarirla proprio perché pretende solo di sfruttare il suo carisma personale, ma senza una vera svolta politica che chiami la “nazione” a sollevarsi contro chi si è venduto, per i motivi già chiariti, ad una potenza straniera soverchiante e con quinte colonne in Italia, che stanno divorando il paese con il loro parassitismo. Torneremo spesso nei prossimi mesi su questa situazione in cancrena, adesso sintetizziamola.

La svolta della presidenza obamiana, coincidente con la grave crisi (innescata, come tutte le precedenti da un secolo e mezzo e più a questa parte, dalla finanza), non ha attenuato le strategie di tentata preminenza “imperiale”, se non nell’apparenza di superficie (e nemmeno tanto). Rinata la Russia, che si affianca con buone probabilità di potenza, a Cina, India, ecc., si tenta di accerchiarla nuovamente in qualche modo, come avvenne quando l’Urss era l’unico paese detto “socialista” tra le due guerre mondiali. Ovviamente, si spera anche di trovare un qualche novello Gorbaciov, se non proprio un succube a tutto tondo come Eltsin. Si cerca di sfruttare il fatto che questa Russia non finge, nemmeno per pura ideologia, di non essere una potenza interessata a crescere e a trovare i suoi “spazi vitali”. Per riuscire ad accerchiare la Russia, ad indebolirla, è intanto indispensabile una ancor maggiore obbedienza dell’Europa, i cui organismi “comunitari”, creati dalle forze politiche antinazionali dei suoi vari paesi, sono strumenti per lo scopo perseguito.

L’Italia è un paese rilevante per giungere alla compiuta realizzazione dell’Europa antirussa, una sorta di Gran Bretagna allargata e resa piatta e uniforme, senza nerbo e strisciante ai piedi dei riconosciuti padroni d’oltreoceano. Nell’equilibrio bipolare, in cui la lotta tra le due superpotenze si svolgeva più attivamente nel “terzo mondo”, faceva parte della tattica americana lasciare qualche lampo di autonomia all’Italia degli Andreotti, dei Moro, dei Craxi, ecc. Importante era neutralizzare il corpaccio estraneo del comunismo (pur ormai piciismo), iniziando il suo lentissimo assorbimento all’epoca in cui il tatticismo togliattiano divenne, prolungandosi nel tempo, strategia; continuando tramite la sottile opera di “già tradimento” del “cattocomunismo” berlingueriano, che sfibrò, tramite l’aiuto della Cgil (apparato di trasmissione degli effetti di tale tradimento), importanti strati lavoratori per condurli alla sconfitta del 1980 con la “marcia dei 40.000” della Fiat (i “quadri” di cui le forze di complemento “ultrarivoluzionarie”, uscite dal ’68 e dall’“operaismo”, si erano inventate il processo di proletarizzazione); arrivando infine, con la brusca accelerazione seguita al “crollo socialistico”, all’acquisizione – previo necessario rinnegamento del passato e acquiescenza assoluta, garantita dal ricatto permanente – di bravacci obbedienti e privi di qualsiasi scrupolo.

Durante il periodo della scoperta aggressività degli Stati Uniti, convinti di essere in un nuovo monocentrismo, fu non proprio permessa (poiché sempre è continuata l’offensiva giudiziaria verso chi aveva osato mettersi tra i piedi), ma comunque non schiacciata l’anomalia berlusconiana alla guisa di quella Dc-Psi. Adesso, nella nuova fase in apertura (multipolare in quasi sicura prospettiva) e con la nuova politica propugnata dai centri strategici americani, l’anomalia va chiusa. Comunque vadano le elezioni regionali – ma, ad esempio in Lazio, chiunque vinca Berlusconi ha ormai perso; ed anche in Lombardia credere che Formigoni sia un berlusconiano è come credere alla verginità di Maria, del Veneto leghista è superfluo parlare – subito dopo inizierà la sarabanda. Fini si staccherà definitivamente. l’Udc, unendosi a Rutelli & C., accentuerà l’azione di scompigliamento delle carte. Tremonti, e i si dice si moltiplicano, intrallazza già da tempo con alcuni “nemici”, adesso sembra pure con D’Alema che tutto lascia presumere sia in stretto contatto con Fini. E ampi settori della fu F.I. non sono da meno. La Lega non si tirerà indietro da un qualsiasi altro eventuale “ribaltone”; basta garantirle una solida posizione (e posti) di potere al Nord ed è pronta ad andare con chiunque, tanto più che non ha ideologia se non razzista e antiaraba né un qualsiasi interesse per una politica unitaria (nazionale) confacente all’intero paese. Gli aperti golpisti della “sinistra” hanno la funzione delle “squadre d’azione” per creare caos e disordine totale, in modo da spaventare una popolazione che non ci capisce nulla, e chiederà infine solo un po’ di calma e il ritorno al tran-tran della “grigia vita quotidiana”, senza rendersi conto che nel giro di pochi anni, con la chiusura del cerchio iniziato nel 1992, le prospettive dei ceti lavoratori (autonomi e salariati, salvo gli improduttivi del settore pubblico) degraderà.

Come si difende l’uomo di Arcore? Confidando solo nel suo meno smagliante carisma. Anche gli riuscisse ancora l’operazione del ’94, continuerà a “resistere” (con quasi 20 anni di più), insistendo stucchevolmente sul leitmotiv dei comunisti cattivi che lo perseguitano e si comportano come in Urss. Non so se sappia di raccontare stupidaggini. Agenti segreti in contatto con i servizi americani – è il Giornale stesso che adombra e sostiene simili sospetti – che sono stretti alleati di questi “comunisti ancora sovietici”. Un uomo andato in guerra con gli americani – e Cossiga, mai smentito, ha più volte sostenuto che lo si è messo al posto di Prodi quale premier proprio perché dava maggiori garanzie in tal senso – trattato da “comunista sovietico”; tutti sanno che è pur sempre l’eminenza grigia del Pd, e tuttavia Berlusconi ha trescato più d’una volta con lui, accreditandolo continuamente e contribuendo a farlo presidente del Copasir, organo di controllo dei servizi segreti e quindi canale di presa di contatti pericolosi nel mentre sarebbe decisiva l’azione per scongiurare progetti di colpi di mano (di Stato in definitiva), accarezzati e preparati dai settori oltranzisti della “sinistra”. Gente che ha fatto di tutto per indebolire l’Eni – sostenendo la necessità di scorporare la rete di distribuzione dalla produzione, attaccando apertamente questa nostra azienda con l’accusa di far parte della presunta lobby della Gazprom, mentre si appoggiava invece senza mezzi termini il progetto americano relativo al Nabucco – considerata “comunista di tipologia sovietica”.

Tale comportamento è da autogol, dimostra l’incapacità di indicare i veri motivi per cui si è sotto attacco e sotto reiterato tentativo di essere incriminato allo scopo d’essere eliminato dalla politica alla guisa di Craxi, di Andreotti, ecc. Inoltre, senza all’apparenza rendersi conto che se agnello ti fai, il lupo non ti risparmia certo ma ti azzanna con più ferocia, il “perseguitato” comincia a dimenarsi sempre più scompostamente per dimostrarsi amicissimo degli Usa e Israele, più amico ancora dei presunti comunisti, i più funzionali invece nel servire questi due paesi. E arriva infine a consentire il danneggiamento degli interessi dell’Eni, rischiando irritazione da parte russa, pur di mostrare che ormai la sua “amicizia” con Putin (da lui messa per alcuni anni come fiore all’occhiello, e per cui è stato attaccato a più non posso dai “comunisti di tipo sovietico”) gli interessa assai meno. Da un bel po’ di tempo, perfino la polemica contro i “poteri forti” è stata messa in soffitta. Il cedimento è netto. L’Italia è sotto attacco, e non sussiste nemmeno più quella piccola resistenza che, sia pure per motivi personali del cavaliere, veniva comunque opposta.

Adesso ho scritto anche troppo. Il “che fare” (soltanto qualche indicazione molto generale) mi sembra adombrato già in quel che ho scritto. Comunque, va senza dubbio pensato meglio ed esplicitato. Per il momento, la situazione è pessima, non si vedono bagliori; anche perché continua l’inganno del gioco degli specchi tra destra e sinistra, cui partecipano infidi intellettuali e politicanti che si presentano in falsa veste di anticapitalisti, di antimperialisti, appoggiando però questa sinistra di tradimento e di tentativi golpisti per far intervenire il “salvatore”, cioè sempre lei cambiatasi d’abito come Fregoli. Magari con qualche personaggio “nuovo” del genere di Casini, Rutelli, Montezemolo e tutti i “mostri” usciti dall’Abi e dalla Confindustria. E dietro, e sopra tutti, gli Yankees.


PS Riporto l’articolo di Repubblica sugli screzi che sembrano essere sorti in merito alle ultime scelte di Scaroni (meglio essere prudenti di questi tempi). Dall’articolo si possono trarre alcune conclusioni. L’organo principale della “sinistra” prende in sostanza le parti di Scaroni. Oggi, naturalmente, quando quest’ultimo sembra seguire la via che venne un tempo attribuita al suo predecessore, di cui prese il posto a pochi mesi dall’incontro in Sardegna nell’estate del 2003 tra Berlusconi e Putin (che arrivava dalla Libia o dall’Algeria; o da tutte e due). La funzione antinazionale, e di serva degli Usa, della “sinistra” non è una sorpresa, viene solo confermata.

Si portano sempre avanti i problemi economici – vantaggi per gli azionisti, ma stavolta anche per il paese, per il risparmio di “sghei”, ecc. – esattamente come il fondo Knight Vinke che agisce in tutta chiarezza per i fini degli Usa. Ormai, chi porta avanti solo discorsi economici – ignorando i nettamente più decisivi e cruciali motivi politico-strategici – è da ritenersi un semplice farabutto o un perfetto idiota.

A questo punto, credo sia meglio che non si trovi l’accordo per l’entrata nel Southstream della francese Edf (a meno che non sia l’Eni a cedere una sua quota ad essa). Qualsiasi discesa della Gazprom sotto il 50%, con questi chiari di luna in un’Europa che non riesce ad avere ancora un barlume di dignità, sarebbe solo un nuovo vantaggio per i banditi statunitensi.



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Nabucco, le aperture di Scaroni irritano i russi "Tra Gazprom ed Eni è ormai scontro aperto"

Secondo il quotidiano Kommersant i contrasti non sarebbero una novità ma è la prima volta che escono allo scoperto

Noi siamo impegnati al 100% su SouthStream, ma i due progetti potrebbero coesistere risparmiando miliardi

Finché ha sostenuto il progetto SouthStream era attaccato dagli americani. Ora che ha parlato in favore del "rivale" Nabucco ha irritato i russi. Nel giorno della presentazione del nuovo piano strategico di Eni, l´amministratore delegato Paolo Scaroni ha dovuto fare i conti non tanto con il mercato, quanto con i soci del gasdotto che dovrebbe portare il gas in Europa passando sotto il Mar Nero.

Detto che il nuovo piano non è stato ben accolto dal mercato (con il titolo in calo dell´1,85%), deluso dalla crescita della produzione di idrocarburi limitata al 2,5% annuo e una politica di dividendi che non si discosterà dagli attuali livelli (1 euro per azione), Scaroni ha dovuto occuparsi del fronte che si è aperto con la russa Gazprom.

La causa scatenante è stato un articolo pubblicato dal quotidiano moscovita Kommersant, secondo cui sarebbe in corso uno scontro tra le due società, dopo le aperture compiute negli Stati Uniti da Scaroni. Il quale ha dichiarato che il progetto SouthStream potrebbe fondersi con il Nabucco (gasdotto sostenuto dalla Ue e dagli Usa, con l´utility tedesca Rwe e l´austriaca Omv) una volta che i due tubi siano in territorio bulgaro per poi raggiungere con una sola linea il resto d´Europa.
Un´evidente apertura agli Usa che in più di un´occasione - anche in incontri con il governo italiano - hanno dichiarato di non gradire i progetti di Gazprom che, a loro dire, non farebbe che aumentare il livello di dipendenza europeo dal gas russo. Secondo Kommersant, lo scontro tra Eni e Gazprom non era mai uscito così allo scoperto, e sul quotidiano è stato scritto che «la situazione non cambierà fino a quando non se ne andrà Scaroni». I problemi riguarderebbero anche l´ingresso dei francesi di Edf in SouthStream: secondo il giornale russo, Eni e Gazprom non troverebbero l´accordo su chi deve cedere azioni ai transalpini.

Ieri Scaroni non ha potuto fare a meno di commentare le indiscrezioni in arrivo da Mosca: «SouthStream è un progetto in cui crediamo al 100% - ha ribattuto - e che vogliamo fare. Siamo d´accordo con l´ingresso di Edf, ma fino ad ora non c´è stato il tempo di mettersi attorno a un tavolo per discutere il passaggio delle quote».
Inoltre Scaroni ha dovuto anche rispondere a domande sull´inchiesta aperta dalla procura di Milano per «corruzione internazionale, appropriazione indebita e altri reati» sul giacimento di Karachaganak e sul progetto Kashagan. «Siano ancora lontani da ipotesi di reato, se qualche dipendete Eni si è comportato in modo scorretto saremo i primi a perseguirlo».

Luca Pagni
Fonte: www.repubblica.it