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Anticorpi, che facciamo? Una proposta che cambia qualcosa nel panorama della rete

di Emanuele Montagna - 27/04/2010

Fonte: Faremondo


In rete sembra di essere in tanti ma poi, quando usciamo fuori, siamo i soliti gatti. Magari non proprio quattro, onesti e nemmeno narcisi, ed anche con qualche idea non peregrina sullo stato del mondo... Ma poi, al dunque, che facciamo?

Negli ultimi anni, quando è andata bene ci siamo parlati molto fra di noi, protetti dal velo di milioni di schermate domestiche. Non altro. E là fuori non siamo riusciti a far opinione. Anche quando abbiamo fatto cose egregie (come la critica della narrativa ufficiale sull'11 settembre).

Fra noi, è vero, ci sono poi quelli che aspettano sempre di veder spuntare all'orizzonte un personaggio carismatico o un leader a tutto tondo... Frustrati, sempre più frustrati nel loro desiderio indotto e sconfermati dalle gesta indecorose e subalterne di Grillo, Travaglio e simili.

Uscire dal brodo della rete è difficile perché richiede una serie di passi conseguenti, che se li fai ti cambiano: aver voglia di conoscersi, di chiarire a se stessi le proprie idee per poterle confrontare con quelle degli altri, organizzarsi per potersi incontrare, imparare a discutere e ad ascoltare, formare dei gruppi di lavoro ed approfondire umilmente diversi argomenti, programmare l'agenda e i passi successivi, stabilire di rivedersi, prendere impegni, diventare responsabili, giocarsi la reputazione come persone intere e non soltanto rischiare di spellarsi le dita dietro la tastiera.

Scontato, non è vero?

Scontato un bel niente, anticorpi vaganti in rete. È su questa ABC che finora siamo tutti inciampati e mai andati oltre. E non ci si venga a spacciare per diversa l'esperienza dei meet up e delle svariate piccole reti che pur si impegnano su questioni come l'acqua, l'energia, il saccheggio del territorio, ecc..

Non siamo mai andati oltre non perché abbiamo paura dell'avversario, del Potere e della sua repressione. Per poterne avere davvero paura dovremmo conoscerlo, conoscere in profondità le sue dinamiche, in che rapporto sta con la scienza e come preforma la nostre mappe mentali. Cosa che non è. Mica crederete che basti conoscere a memoria i nomi e i cognomi di chi il Potere incarna o delle agenzie che lo servono, come qualche tempo fa ci indicava a mo' di osso per cani Paolo Barnard...

Allora, cosa ancora ci frena?

Forse l'ha detto recentemente, a suo modo, il vecchio lucidissimo Mario Monicelli. Ci frena la speranza o meglio, l'inganno della speranza che le cose cambino per intervento di un qualche “agente esterno”, inganno sapientemente coltivato dai dominanti mediante tutte le loro antenne. E infatti, anche nei casi migliori, questa speranza si nutre di inconsapevolezza, di conoscenze subalterne e di allarmi catastrofisti verso cui si catapultano le anime belle: il picco del petrolio, il default del sistema bancario, il riscaldamento globale, la bomba demografica, ecc.. Per la verità, ne sappiamo poco o nulla, ma intanto ne parliamo e speriamo.

Chi spera ingannato a questo modo aspetta e spera.

Egli è il vero catastrofista: per non vedere la catastrofe (tutta nostra) che c'è già ha bisogno di immaginarne una che sempre ha da venire, sia che la paventi sia che la auspichi quale sconquasso catartico e rigenerativo. Riflettiamoci: anche chi giustamente parla della follia di vivere su un pianeta finito in un modo che persegue uno “sviluppo infinito” si aspetta prima o poi di arrivare ad una resa dei conti inevitabile, “oggettiva”, addirittura scientifica: e intanto si assolve, “sta buono”, sente di aver ragione e continua a sperare nel senso denunciato da Monicelli.

Però la resa dei conti non arriva mai e il presente in cui corriamo è tanto più identico a se stesso quanto più sembra muoversi di peggio in peggio e ancora un po'. E, non casualmente, quasi non ci accorgiamo che mentre facciamo finta di inorridire non sappiamo più come definirlo: ci puzzano in mano persino le metafore tipo “siamo arrivati alla frutta”, “il fondo del barile è già stato raschiato”, “siamo a fine corsa” e simili. Che sono tutti modi variopinti per spostare di un istante in avanti l'impegno nell'ABC e l'assunzione di responsabilità che ne consegue.

Come uscire dall'inganno della speranza?

Chi ci prova davvero non ha la ricetta. Può solo, responsabilmente, decidere di farlo e di incontrarsi con gli altri che fanno la stessa scelta.

Ma su quali “basi”, con quale idea di partenza? Tutti hanno il loro retroterra, la loro tradizione, le loro “matrici”...

Noi proponiamo solo un tetto per una casa ancora senza fondamenta, dove terra, aria, acqua, luce solare e tempo per stare insieme siano considerati beni pubblici da usare e rigenerare in comune, quindi da sottrarre all'impero del capitale e delle sue figure (plusvalore, profitto, denaro, “mercati finanziari”, ecc.).

Non è il programma di un partito: è la richiesta di una parte della specie che intende fondare una società in cui gli uomini siano abitatori temporanei del pianeta, dominatori di nulla sempre periferici rispetto ai destini centrali e insindacabili dell'universo.

Troppo generico? Sì, è quel generico che manca da qualunque proposta “concreta” in circolazione.

E prima di dire “troppo generico” proviamo almeno ad immaginarne le derivazioni appunto concrete, quelle che quasi tutti, specie gli Occidentali mentali e per consumo, tentano in tutti i modi di scansare perché intaccherebbero troppo dolorosamente il loro supposto “livello di vita”.

Noi che chiamiamo ad uscire dalla rete e a vedersi, chi siamo? Per il momento questi: Faremondo a Bologna, Carlo Bertani e forse, ci auguriamo, qualcuno di Comedonchisciotte. Con altri siamo in contatto: forse ci raggiungeranno, prima o poi, sul cammino che non c'è. Perché resta vero quanto scrisse Antonio Machado:

viandante, son le tue orme

il cammino, e niente più.

Intanto, a maggio cominciamo a vederci. A Bologna abbiamo la disponibilità di uno spazio: si chiama Locomotiv, vicino alla stazione, dentro il parco del Dopolavoro Ferroviario (entrate da via Serlio 25/2 e via Stalingrado 12). Abbiamo pensato a delle date e ad alcuni interlocutori in attesa dell'invasione degli anticorpi della rete. Qui di seguito diamo l'elenco ancora provvisorio degli incontri.
 

Anticorpi, che facciamo?

 Giovedì 13 maggio ore 15

Gli inganni della propaganda intellettuale odierna.

Faremondo e i seminari di Scienza & Democrazia

 
Mercoledì 19 maggio ore 20

Italia. Fumi dal marcio nel giardino del guasto

(con Gioacchino Genchi)

 Giovedì 26 maggio ore 20

Dopo Avatar. Scrittori: immaginare cosa?

(con Roberto Quaglia)

Domenica 30 maggio ore 15

L'energia migliore: per quale tipo di società?

Faremondo incontra Carlo Bertani

 
Per chi vuole intanto inviare critiche, commenti ragionati, proposte: redazione@faremondo.org