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Gaza tenta di preservare il proprio ricco patrimonio archeologico

di Erin Cunningham - 13/05/2010




Meglio conosciuta per il suo lungo conflitto, la striscia di Gaza ha anche una reputazione di scrigno archeologico.

Quando, a gennaio, degli operai hanno trovato casualmente un cumulo di 1.300 monete d’argento e le mura di una città antica di 3.300 anni a Rafah, ci si è ricordati che il piccolo territorio possiede un ricco passato.

Almeno una decina di grandi imperi hanno conquistato questo piccolo territorio – compresi egiziani, persiani, romani, bizantini, ottomani e britannici – lasciandosi dietro di tutto, dalle fortezze di pietra ai gioielli in alabastro alle armi di bronzo.

Ma in assenza di leggi o regolamenti affidabili, ritrovamenti risalenti anche all’età del bronzo vengono compiuti per lo più casualmente, tenuti male, saccheggiati o venduti sul mercato nero.

“Dal punto di vista geografico, Gaza è molto piccola, ma in termini archeologici è molto grande”, dice il ministro del Turismo e delle Antichità di Hamas, Mohammed al-Agha. “Gaza era un punto di incontro tra Africa, Asia ed Europa, e qui c’è una grande concentrazione di civiltà. Ma non abbiamo specialisti nostri e quindi non possiamo gestire i siti in maniera professionale”.

Manufatti di Gaza sparsi per il mondo

Molti degli manufatti di Gaza, compresi sarcofagi vecchi di 3mila anni, si possono trovare al Museo israeliano di Gerusalemme, estratti dagli archeologi israeliani durante l’occupazione di Gaza durata 38 anni. Altre antichità di Gaza sono disseminate in luoghi come Istanbul e il British Museum di Londra.

“Per secoli Gaza è stata lo sbocco commerciale principale dell'entroterra della Giordania e della grande penisola arabica”, dice Salim al-Mubaid, docente dell’Università islamica di Gaza. “Greci, romani, bizantini, mamelucchi e ottomani ci hanno governato. Ci sono tesori sotto ogni metro quadrato di terra”.

Fino a un periodo piuttosto recente, i venditori del mercato nero delle antichità dicono che il loro business era praticamente aperto a tutti. Delle circa 25mila monete di oro e di bronzo scoperte a partire dal 1990, per esempio, 14mila sono state rubate e svendute, secondo il ministero delle Antichità.

Imprenditori edili come Jawhdat Khodary, che nel 2008 ha aperto un museo privato in uno spazio affacciato sul mare, hanno pagato i lavoratori e i pescatori locali per ogni manufatto trovato, mettendo da parte almeno 3mila pezzi.

"Un pezzo antico della grandezza di un telefono cellulare di epoca dei faraoni o dei cananei si vende facilmente a 1 milione di dollari sul mercato nero”, dice Abu Ahmed, un venditore coinvolto nel mercato illegale delle antichità. "E a me capitava di fare almeno un grosso affare al mese".

Abu Ahmed dice che le nuove restrizioni poste da Israele agli spostamenti attraverso il valico di Erez hanno ostacolato il contrabbando. Ma il mercato israeliano delle vestigia, che – secondo Abu Ahmed - è il più grande, esiste tuttora.

Molti israeliani considerano l’antica regione di Cananea, nella quale si ritiene si trovasse Gaza, la precorritrice di Israele nel secondo e nel primo secolo avanti cristo.

Ma Hamas sostiene di stare dando la priorità sia al regolamento che alla conservazione dei siti storici. Il ministero del Turismo e delle Antichità ha inaugurato a gennaio un museo dei manufatti a Gaza City – in una residenza del governatore di epoca ottomana – e ha messo sotto controllo i ritrovamenti di monete di Rafah.

Agha dice che il ministero ha anche in mente di collaborare con l’Università islamica di Gaza per ampliare i corsi di archeologia. Hamas ha ingaggiato una nuova guardia per i resti di un monastero del terzo secolo che secondo Mubaid è il più importante sito di Gaza.

Ma Khodary accusa Hamas di censurare alcune delle sue scoperte. Dice che Hamas gli ha chiesto di buttare via i piccoli menorah (candelabri ebraici) – e una piccola statua della dea greca Afrodite, il cui abbigliamento appariva troppo discinto.


The Christian Science Monitor, (Traduzione di Carlo M. Miele per Osservatorio Iraq)

L’articolo in lingua originale