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I politici spensierati in festa e il Popolo che soffre

di Massimo Fini - 06/06/2010

   
   
Durante la seconda guerra mondiale, nei mesi dei più duri bombardamenti tedeschi su Londra, re Giorgio VI rimase ostentatamente nel suo palazzo londinese per mostrare ai suoi sudditi che condivideva con loro gli stessi rischi. In quegli anni Elisabetta, la futura regina, allora poco più che adolescente, serviva come autista nell’esercito di Sua Maestà e non risulta che abbia goduto di particolari protezioni. Alla guerra delle Falkland prese parte anche il principe Andrea, che rischiava più degli altri perché il suo scalpo sarebbe stato un formidabile colpo propagandistico per gli argentini.

Nella foto: Il Presidente Giorgio Napolitano nel corso del ricevimento in occasione della Festa Nazionale della Repubblica, 1 giugno 2010

C’era grande spensieratezza martedì al tradizionale ricevimento offerto dal Presidente della Repubblica nei giardini del Quirinale. Il più spensierato di tutti era il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: una gag con Bersani, due con Rutelli, un siparietto con Mannehimer, uno con Giancarlo Giannini, una battuta con Cesa, un’altra con Barbara Palombelli e un «You are very beautiful» rivolto ad alta voce a una signora di colore, a conferma oltre, che del suo infallibile cattivo gusto, del suo inglese maccheronico.

Ma anche gli altri ospiti non scherzavano in fatto di spensieratezza. Nemici acerrimi che abitualmente si sbertucciano ogni giorno sugli schermi tv si sorridevano, si vezzeggiavano, si strizzavano l’occhio quasi increduli di aver fatto il colpo alla Ruota della Fortuna. Che del resto è quello che accade ogni sera nelle belle case romane, magari acquistate con i soldi di qualche generoso e disinteressato benefattore. C’era l’intero star system nazionale nei giardini del Quirinale: politici, manager dalla dubbia fama, personaggi della tv, giornalisti di regime, attori, veline mascherate da compagne di qualcuno. Non c’era il popolo nei giardini del Quirinale, nemmeno in forma simbolica, magari rappresentato da un centinaio di ex minatori del Sulcis Inglesiente da anni senza lavoro. Via gli straccioni, avrebbero guastato l’atmosfera festosa e spensierata del ricevimento in onore della Repubblica Democratica. Il popolo deve accontentarsi di guardare queste nuove aristocrazie dal buco della serratura, come accadeva quando Luigi XIV, il Re Sole - che però non pretendeva di essere democratico - dava le sue feste a Versailles.

Il popolo era altrove. A grattarsi le sue rogne, che sono tante e gravi. Se è vero che il 30% dei giovani (statistiche Istat) è senza lavoro e l’altro 70% rischia ogni giorno di perderlo mentre i disoccupati, nel complesso, sono due milioni e 220 mila, il 9% della popolazione. Se è vero che il nostro spensierato premier, insieme ai suoi supporters, ci informa ogni giorno che l’Italia è in ripresa, ma noi cittadini, a meno che non si appartenga all’allegra cricca degli ospiti dei ricevimenti del Quirinale, sperimentiamo ogni giorno, sulla nostra pelle, il contrario.

Probabilmente il popolo italiano, che tutto subisce, pecora da tosare, asino al basto, avrà guardato con invidiosa ammirazione la «fairy band» che l’altro giorno si è riunita festosa intorno a Napolitano e Berlusconi. Ma io credo che un po’ meno di esibita spensieratezza e un po’ più di austerità anche formale (la forma è spesso sostanza) non avrebbero guastato in un momento di crisi come questo su cui aleggia, oltretutto, un futuro anche più nero.
Ma noi non siamo inglesi. Loro sono un popolo, noi no. E hanno quindi una classe dirigente che nei momenti critici (Churchill docet) è all’altezza della situazione. Noi abbiamo quella che ci meritiamo, che in fondo, con la sua «spensieratezza» cialtrona, ci rispecchia abbastanza fedelmente.

Massimo Fini