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Afghanistan. Aumentano ancora le vittime civili

di Ferdinando Calda - 11/08/2010

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Nei primi sei mesi del 2010 in Afghanistan hanno perso la vita quasi 1.300 civili. Più di 200 morti al mese. È quanto emerge dall’ultimo rapporto semestrale dell’Onu presentato ieri a Kabul. Si tratta dei dati peggiori relativi alle vittime civili negli ultimi nove anni e rappresentano un incremento del 31% rispetto al primo semestre dello scorso anno.
“1.271 civili sono stati uccisi e 1.997 sono rimasti feriti, per la maggior parte in modo grave”, ha dichiarato lo speciale rappresentante del segretario generale dell’Onu, Staffan de Mistura, sottolineando come “i bambini e le donne sostengano un peso sempre maggiore in questo conflitto”.
Fra il primo gennaio e il 30 giugno, infatti, sono stati 176 i bambini rimasti uccisi e 389 i feriti.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, la maggior parte delle morti e dei ferimenti tra i civili (il 76%) sarebbe da attribuire alle attività degli insorti, in particolare al massiccio utilizzo degli ied, gli ordigni esplosivi rudimentali posizionati ai bordi delle strade che rappresentano la principale causa dei decessi anche tra i militari delle forze Nato.
Inoltre il rapporto registra un fortissimo aumento (addirittura il 95% in più) delle esecuzioni capitali compiute nelle zone controllate dai talibani e dalle altre milizie di insorti. Gli stessi talibani, tuttavia, spesso hanno smentito ogni coinvolgimento, definendo le notizie “propaganda dei media occidentali” o attribuendo la responsabilità degli assassini a gruppi di criminali.
Per quanto riguarda l’operato delle truppe internazionali e delle forze regolari afgane, risultano responsabili di 386 vittime civili, un calo del 30% rispetto all’anno scorso. In particolare il rapporto registra un netto calo dei morti causati dai raid aerei dell’Alleanza, di gran lunga la tattica più letale utilizzata dai militari dell’Isaf.
Un calo che era stato registrato anche da un’indagine diffusa nei giorni scorsi dalla Commissione indipendente afgana per i diritti umani, che allo stesso tempo denunciava un aumento delle vittime civili provocate da lanci di razzi destinati agli insorti.
Probabilmente si tratta di una delle conseguenze della revisione delle regole di ingaggio voluta dal generale Stanley McChrystal e, in sostanza, confermata dal successore David Petraeus, nel tentativo di non inimicarsi la popolazione.
Un approccio condiviso anche dai talibani – che a questo proposito hanno diffuso un apposito manuale di condotta per limitare il coinvolgimento della popolazione – che tuttavia ritengono i funzionari governativi, come anche gli agenti delle compagnie di sicurezza private, un bersaglio legittimo.
Ma è anche vero, per quanto riguarda i dati sui rai aerei, che l’Isaf sembra avere la pessima abitudine di nascondere le stragi compiute per “errore” dall’aviazione. Come nel caso del raid del 23 luglio scorso a Sangin, provincia meridionale di Helmand, quando la Nato riferì di aver ucciso alcuni talibani e, forse, tre civili. Nei giorni scorsi un’inchiesta del governo afgano ha stabilito che il missile sparato dall’elicottero Apache contro un edificio del villaggio di Regey provocò la morte di 39 civili, la maggior parte donne e bambini.