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Strategie rinnovabili

di Massimo Serafini - 08/10/2010




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  Chi si scaglia contro il solare a terra e le pale eoliche oggi vive in un Paese che non c’è. In Italia è ancora minima la parte di fabbisogno energetico soddisfatto dall’energia pulita. C’è ancora molto da fare.

Continua, senza esclusione di colpi, la campagna volta a bloccare lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. Non stupisce che a condurla sia in primo luogo il governo che, puntando sul rilancio del nucleare, con la complicità delle principali aziende energetiche del paese, Enel ed Eni,  ne è il principale avversario. Non è una sorpresa neppure il fatto che per screditarle si ricorra ad argomenti poco seri, come i fenomeni di illegalità e corruzione che, inevitabilmente, hanno colpito anche il “business” delle fonti alternative.
 
Meno scontata e prevedibile è che a questa campagna si siano accodati numerosi ambientalisti, che nei convegni sono divenuti fra i più feroci critici del modello energetico non rinnovabile e dei suoi consumi irrazionali,  ma nella pratica poi, spesso appoggiano i vari comitati che sorgono contro l’installazione di pale eoliche, pannelli termici e fotovoltaici, per non parlare delle centrali a biomasse.  Fino ad ora la reazione a questa campagna “anti-rinnovabili” è stata difensiva e timida. 
 

nziché crescere un movimento forte contro la decisione di tornare al nucleare, sono aumentate le divisioni sulla principale alternativa a questa scelta: le rinnovabili. 
 

Io credo che non si impedirà il ritorno all’atomo solo con la denuncia della sua pericolosità. è necessario anche costruire e radicare, nel paese, un movimento in grado di proporre al popolo italiano un progetto energetico alternativo. è possibile, mi chiedo, riprodurre l’unità e la determinazione che si è riusciti a realizzare sul tema dell’acqua bene comune, per far crescere sul territorio il consenso a un  modello energetico distribuito, basato sullo sfruttamento delle rinnovabili e sulla promozione del risparmio energetico? 
 
Certo, ben difficilmente questo movimento si svilupperà, se si lascia crescere, e a volte addirittura si alimenta, fra le cittadine-i la diffidenza verso le rinnovabili, perché fatte male o a causa delle infiltrazioni malavitose o dei fenomeni di corruzione che hanno colpito una parte, io credo minima, delle installazioni realizzate. Sia ben chiaro l’illegalità va colpita ovunque e quindi anche se la si commette per realizzare un campo eolico o per installare un impianto solare. Ma un conto è chiedere con forza di rafforzare i controlli, invocare regole precise, appoggiare  la mobilitazione sociale contro le ecomafie, ripensare il sistema degli appalti, la struttura degli incentivi, promuovere un forte rinnovamento della pubblica amministrazione, altro è usare i fenomeni di corruzione  per screditare e bloccare lo sviluppo delle fonti rinnovabili e con esso il progetto di liberare il paese dalla dipendenza dal fossile e dal nucleare. 
 
E' evidente che mafia, camorra e tangenti corrono dove va la spesa pubblica. Paradossalmente però l’interessamento di mafiosi, tangentari e speculatori contiene un suo aspetto positivo: segnala che in questi anni siamo riusciti a far uscire le rinnovabili dalla clandestinità, visto che questa gente le vive evidentemente come un affare in grado di produrre profitti. 
 
è una magra consolazione? Dato che non c’è solo l’illegalità a inquinare la crescita dele rinnovabili, ma anche il fatto che non siamo riusciti ad affermare quel modello distribuito che fa dell’energia catturata al sole, al vento, ai residui dei boschi, un bene comune e non una merce. Hanno cioè trovato spazio coloro che colonizzano territorio agricolo con pannelli solari o riempiono interi crinali con gigantesche pale eoliche, riproducendo così lo stesso meccanismo centralizzato delle grandi centrali. Ma può essere questa la ragione per rinunciare all’obiettivo strategico di fare uscire non solo questo paese, ma l’intero pianeta dalla dipendenza delle energie non rinnovabili? Ovviamente no.
 
Passare dal non rinnovabile al rinnovabile è comunque indispensabile, anche se non si riuscirà ad affermare il modello distribuito. Lo reclamano ragioni di pace: più ci si avvicina alla fine della disponibilità di petrolio, carbone, gas e uranio e più le spinte alla guerra per impadronirsi delle ultime riserve crescerà. Lo rende necessario la crisi climatica: se non ridurremo in tempi rapidi le concentrazioni di gas serra in atmosfera, provocate dalla combustione dei fossili, la terra potrebbe diventare invivibile. Ed infine questo passaggio è reso indispensabile anche da ragioni di democrazia: le fonti fossili, e ancora di più il nucleare, sono facilmente monopolizzabili, pretendono decisioni centralizzate e poco trasparenti, conferiscono ai pochi che le prendono un potere immenso. Non è così per le rinnovabili e il risparmio energetico, che sono in natura distribuite sul territorio e quindi più difficilmente monopolizzabili. 
 
Certo essendo inserite in un contesto di libero mercato abbiamo visto che la spinta a farle diventare merci e corruzione è fortissima e, come sappiamo, investe ogni bene comune. è evidente però che con questa contraddizione è necessario convivere. Interessati allo sviluppo delle rinnovabili non ci sono solo delinquenti, avventurieri e speculatori, ma anche una schiera di persone oneste, imprenditori che però pensano più che alla democrazia energetica a realizzare profitti investendo, nel rispetto della legge, nelle risorse solari. Sono nemici oppure con loro si può fare un pezzo di strada comune?  Penso che con loro si possa e si debba fare un pezzo del percorso: quello che porta all’uscita dal fossile e dal nucleare. Dalla stessa parte dunque, con la consapevolezza però di una diversità strategica di fondo e quindi in aperto conflitto  per l’egemonia. 
 
In altre parole insieme contro il fossile e il nucleare, ma in competizione per conquistare la guida del nuovo modello rinnovabile che si vuole affermare. Ed allora perché non provare, con coloro che inseguono onestamente il business delle rinnovabili, a definire un sistema di regole che incentivi meno il solare concentrato e più quello diffuso sui tetti, come fa la legge tedesca, ma anche quella di iniziativa popolare promossa da cittadine e cittadini impegnati in associazioni e movimenti, a cominciare da quello sindacale, sulla quale si stanno raccogliendo le firme in questi giorni?
 
Sentendo a volte le polemiche contro il solare a terra, ma anche contro l’eolico, ho la sensazione che chi le fa viva in un mondo che non esiste. Vede un’Italia inesistente, i cui  appennini sono stati invasi di pale eoliche, i terreni agricoli ricoperti di pannelli solari, le foreste completamente disboscate, quasi che sole, vento e biomasse fornissero gran parte dell’energia di cui la società necessita. La realtà è purtroppo un’altra. Il nostro crescente fabbisogno (nonostante la deindustrializzazione e la crisi economica) è coperto al 90% da un mix fossile, carbone compreso, e a questo si pensa di aggiungere il nucleare. La lotta per l’egemonia con i “ladri di vento” e gli “occupa suolo” è per ora una lotta su un pezzo marginale del nostro sistema energetico, molto meno del 2%. Ci si mobilità quasi sul nulla perché tutto il resto sono battaglie perse e forse mai nate, a cominciare da quella per impedire che una quota del fabbisogno energetico fosse coperta dall’inquinantissimo e climalterante carbone. 
 
Fra le lotte mai nate c’è anche quella sul risparmio energetico, che tante anime belle contrappongono alle rinnovabili. I consumi energetici aumentano. Alla faccia della bio-edilizia, milioni di famiglie si sono dotate di condizionatori, che penzolano orrendi dalle finestre di case ed uffici, in periferie degradate come in centri storici di pregio, nella completa indifferenza delle sovraintendenze che invece bloccano i deturpanti pannelli solari. Qualcuno ha visto un movimento di lotta, l’insurrezione dei talebani del paesaggio, per impedire questo scempio o forse più realisticamente ci si è limitati a consigliare di comprare il condizionatore efficiente?  
 
L’incubo vero non è un territorio occupato da pannelli solari e pale eoliche o disboscato per avere energia, ma l’ulteriore diffondersi di ciminiere che pompano veleni e Co2 in atmosfera, insieme all’arrivo delle centrali nucleari e a un ulteriore espansione dei consumi energetici. Io credo che per evitare che questo incubo diventi realtà non basta un movimento di duri e puri, ma va costruita una mobilitazione sociale ampia e inclusiva con le sue contraddizioni e la sua dialettica, ma unita sull’obiettivo di portare il paese ad una scelta rinnovabile che ci liberi dal petrolio e da tutte le fonti energetiche non rinnovabili.