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Euro al posto della sterlina in Gran Bretagna?

di Sàntolo Cannavale - 13/12/2010

Fonte: santolocannavale

 


 

Sono tanti gli articoli che trattano delle difficoltà dell’euro a fronteggiare gli scompensi finanziari di alcuni paesi dell’Unione europea. Essi si riferiscono, tra l’altro, agli interventi non sempre tempestivi e convinti da parte delle autorità nazionali e comunitarie ed evidenziano gli attacchi della speculazione internazionale, pronta a sfruttare gli sbandamenti dei mercati, in particolare quelli obbligazionari e valutari, e le conseguenti ghiotte occasioni di guadagni.

Uno degli ultimi articoli pubblicati  è quello della redazione londinese dell’Economist del 2 dicembre 2010, dal titolo eloquente: Il futuro dell’euro. Non facciamo sciocchezze. (The future of the euro. Don't do it).

In premessa asserisce: “Il fatto che i cittadini europei non riescano più a vivere sotto il giogo dell'euro non depone a favore della moneta unica. Nella periferia d'Europa molti vorrebbero evitare l'opprimente rigore che potrebbe essere necessario per far tornare competitivi stipendi e prezzi.
Nel centro, dominato dalla Germania, i cittadini sono convinti di pagare per l'irresponsabilità di altri paesi e temono che come creditori saranno penalizzati se la Banca centrale europea ridurrà il debito dei paesi più lenti ricorrendo all'inflazione.
Nel profondo alberga il cupo sospetto che si tratti di un dramma che l'eurozona sarà costretta a rivivere di volta in volta. E allora, perché non mollare adesso?”

Lo stesso articolo prefigura anche uno scenario possibile a breve: “La rottura potrebbe avvenire in uno o due modi. Uno o più stati membri deboli (Grecia, Irlanda, Portogallo e forse Spagna) potrebbero abbandonare la moneta unica, probabilmente per svalutare la loro nuova moneta. Oppure una Germania stufa di pagare, probabilmente seguita da Paesi Bassi e Austria, potrebbe decidere di disfarsi dell'euro e riportare in vita il marco tedesco, che si rivaluterebbe.”

Non mancano considerazioni paternalistiche che invitano a cautela: “Se le conseguenze economiche della caduta dell'euro sono problematiche, i rischi politici potrebbero addirittura innescare una catena di eventi tale da mettere a repentaglio il mercato unico e persino la stessa Unione europea. L'Ue e l'euro sono stati l'ancora della Germania post bellica. Se Berlino dovesse abbandonare la moneta unica, pagandone gli enormi costi e lasciando il resto d'Europa a badare a sé stesso, l'impegno tedesco nell'Unione europea sarebbe seriamente messo in dubbio.”

Infine la stoccata finale improntata a insano pessimismo: “Anche se molti paesi oggi potrebbero pentirsi di aver adottato la moneta unica, abbandonarla adesso non avrebbe senso. Ma il fatto che l'euro deve sopravvivere non significa che ci riuscirà. E a meno che i leader europei non agiranno tempestivamente e con coraggio, potrebbe non farcela.”

Queste considerazioni poco costruttive - sovente giustificate da errate scelte economiche e finanziarie dei governi, più spesso da cattiva gestione delle risorse nazionali - si ritrovano in moltissimi articoli pubblicati nei lunghi mesi che, a partire dal fallimento dell’americana Lehman Brothers e dalle file di clienti davanti agli sportelli londinesi di Northern Rock, sono pervenuti al collasso dell’economia greca e poi di quella irlandese. 

Avanzo una proposta  disdegnata dalla comunità britannica nel decennio trascorso.

La Gran Bretagna dovrebbe e  potrebbe contribuire a ripristinare tranquillità nel mondo monetario e finanziario dell’Unione europea adottando da subito l'euro come moneta nazionale al posto della lira sterlina. E’ il minimo che la Gran Bretagna  dovrebbe e potrebbe fare in questo momento della storia per ricambiare il grande favore ricevuto dai partner europei mediante il salvataggio delle banche irlandesi nelle quali la finanza inglese è fortemente impegnata ed esposta.

E’ la scelta che rafforzerebbe l’Unione monetaria strutturata intorno all’euro e darebbe vigore e tranquillità alla stessa economia britannica, fiaccata anch’essa, forse più delle altre, dalla crisi finanziaria ed economica in atto.

L’adozione dell’euro da parte della Gran Bretagna sarebbe un messaggio incontrovertibile al mondo della finanza internazionale ed un grande monito alle forze agguerrite della speculazione.

Indubbiamente la rinuncia alla sterlina sarebbe un grosso sacrificio per l’orgoglioso popolo inglese che da sempre ha fatto della propria moneta un punto di forza ed autonomia ed un momento identificativo di una intera e prestigiosa comunità.      

Le peculiarità inglesi ed i punti di forza acclarati  nei campi della finanza e del commercio internazionale avrebbero modo ed occasione di perpetuarsi ed esplicare comunque tutte le loro potenzialità.

Il cambio della sterlina con l’euro negli ultimi due anni ha oscillato tra 1,1 e 1,2 euro per sterlina, evidenziando una sostanziale stabilità. L’ultimo valore registrato al 3 dicembre 2010 è pari a 1,1773 euro per una sterlina (0,894 sterline per un euro). Il valore medio del cambio registrato nei ultimi due anni può essere considerato, insieme agli altri elementi di valutazione, una base ragionevole ai fini della unificazione tra le due monete. 

Alberto Quadrio Curzio,  nel suo articolo “L’Irlanda fa paura ma l’Unione ha un  modo per aiutarla” pubblicato sul n. 48 (24 novembre 2010) del settimanale Economy, sostiene tra l’altro: “Se chi ha responsabilità politiche ed economiche manda messaggi sbagliati, la speculazione si butta e la situazione può diventare ingestibile anche se è oggettivamente governabile. Innanzitutto Eurolandia ha adesso un potente strumento per fronteggiare queste crisi: lo European financial stability facility (Efsf) dotato di 750 miliardi di euro. Per attivare l’intervento ci vuole un po’ di tempo per valutare la misura dello stesso e le condizioni che lo Stato soccorso dovrà rispettare. Ma questo non cambia la forza dello strumento e della sua deterrenza”.

Considerazioni queste da condividere senza alcun dubbio.

L’adozione dell’Euro da parte della Gran Bretagna rafforzerebbe in maniera inequivocabile l’Unione intorno ad una moneta unica e solida e moltiplicherebbe il potenziale dell’European financial stability facility.