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Se Apollo fa pace con Dioniso

di Armando Torno - 19/12/2010

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Le divinità della legge e dell’ebbrezza alle origini della civiltà greca

A pollineo e dionisiaco: due parole dalla smisurata forza culturale. Se la prima evoca Apollo — dio greco della salute e dell’ordine, difensore delle leggi — la seconda si rivolge a Dioniso, conosciuto dai latini come Bacco, divinità legata al ciclo vitale della natura, signore del vino e dell’ebbrezza. L’antitesi tra le due concezioni e la visione della realtà che rappresentano si registra già in Schelling. Nella Filosofia della rivelazione vide nell’una la forma e nell’altra l’impulso creativo. Sarà poi Hegel nella Fenomenologia dello Spirito a suggellarne l’importanza in una pagina che comincia con la celebre frase: «Il vero è un trionfo bacchico, dove non c’è persona che non sia ebbra» . Richard Wagner riprenderà queste ultime osservazioni in un libro del 1849, L’arte e la rivoluzione. Toccherà poi a Nietzsche far conoscere ai più il contrasto tra la visione apollinea e quella dionisiaca della vita. Nella Nascita della tragedia (1871) il filosofo, per spiegare il miracolo della Grecia, ricorderà che la prima governa l’arte plastica, l’armonia di ogni schema; la seconda, invece, domina la musica, la quale non conosce forme e necessita di ebbrezza, entusiasmo. Nei suoi frammenti ultimi, conosciuti come Volontà di potenza, lo spirito dionisiaco diventa il fondamento dell’arte: forse perché, per Nietzsche, soltanto grazie ad esso fu possibile ai greci sopportare la vita. Ma qui il discorso si amplia a dismisura e si dovrebbero affrontare i motivi di questa tesi estrema. Basterà, tra i molti, rammentare il miracolo più bello compiuto da Dioniso: la trasfigurazione dell’orribile e dell’assurdo in immagini ideali, rendendo così accettabile agli uomini l’esistenza. Giorgio Colli, uno dei massimi conoscitori di Nietzsche e del mondo greco, alla fine degli anni Trenta del ’ 900 progettò un libro di vasto respiro che recava il provvisorio titolo di Ellenismo e oltre. Il piano principale dell’opera conoscerà modificazioni e approfondimenti; o meglio, verrà abbandonato, ripensato, corretto per ragioni diverse. Di certo — come ha notato il figlio Enrico che ha ora curato l’edizione di tali pagine — Ellenismo e oltre traccia un programma di vita per la conoscenza e delinea molti degli interessi speculativi che Colli avrebbe approfondito in seguito» . Adelphi ha appena pubblicato questo libro, aggiungendovi frammenti e riflessioni dell’autore. Innanzitutto diremo che non è stato mantenuto il titolo di Ellenismo e oltre, il quale non rispecchia fedelmente il materiale rimasto, ma si è preferito utilizzare quello di un capitolo, pur invertendone i termini: Apollineo e ai greci sopportare la vita. Ma qui il discorso si amplia a dismisura e si dovrebbero affrontare i motivi di questa tesi estrema. Basterà, tra i molti, rammentare il miracolo più bello compiuto da Dioniso: la trasfigurazione dell’orribile e dell’assurdo in immagini ideali, rendendo così accettabile agli uomini l’esistenza. Giorgio Colli, uno dei massimi conoscitori di Nietzsche e del mondo greco, alla fine degli anni Trenta del ’ 900 progettò un libro di vasto respiro che recava il provvisorio titolo di Ellenismo e oltre. Il piano principale dell’opera conoscerà modificazioni e approfondimenti; o meglio, verrà abbandonato, ripensato, corretto per ragioni diverse. Di certo — come ha notato il figlio Enrico che ha ora curato l’edizione di tali pagine — Ellenismo e oltre traccia un programma di vita per la conoscenza e delinea molti degli interessi speculativi che Colli avrebbe approfondito in seguito» . Adelphi ha appena pubblicato questo libro, aggiungendovi frammenti e riflessioni dell’autore. Innanzitutto diremo che non è stato mantenuto il titolo di Ellenismo e oltre, il quale non rispecchia fedelmente il materiale rimasto, ma si è preferito utilizzare quello di un capitolo, pur invertendone i termini: Apollineo e dionisiaco. Scelta felice, giacché si tratta di una preziosa e acuta riflessione sui celebri termini, facendo tesoro delle lezioni di Nietzsche e del mondo greco. Va altresì ricordato che la prima parte fu pubblicata in spagnolo sulla rivista «Res publica» (VII, 4, Murcia 2001) e in italiano nel 2004 in un’edizione fuori commercio per il convegno dedicato a Giorgio Colli, tenutosi a Pisa. La seconda, invece, con il materiale ordinato dal figlio Enrico, è inedita; non manca inoltre un’appendice, il cosiddetto manoscritto G III, nella quale sono contenuti i piani e i prospetti dell’indagine. Più che un testo, si tratta di un vero e proprio laboratorio: oltre a osservazioni musicali (molte su Wagner e Beethoven, spunta anche Verdi), si trovano numerosi giudizi filosofici riguardanti tra gli altri pensatori antichi e del Rinascimento, Spinoza, Voltaire, Kant, Schopenhauer, ovviamente Nietzsche. Colpisce la capacità di penetrazione di Colli, il suo cogliere un aspetto o un problema in poche battute. Sono pagine da meditare anche se la prosa non è stata tornita. Accanto a Plotino, per esempio, si legge: «Ultima difesa della grecità, del misticismo greco. Pluralismo greco, da Anassimandro ad Aristotele, trionfa nel noûs plotinico. Comprensione vera di Platone, dopo secoli di oblio e prima di secoli di oblio» . Già, il noûs: traduciamolo con intelletto, anche se in Omero è spirito, senza dimenticare che intorno ai suoi significati o inseguendo le sue odissee nasce molta filosofia. Aristotele, tra l’altro, nel De anima lo eviscera sino a distinguere le fasi potenziali dalle produttive; il ricordato Plotino, oltre mezzo millennio più tardi, lo vede formarsi quando l’uno sovrabbondante ridonda fuori di sé e— attraverso un abbraccio mistico senza confini — genera. Né mancano appunti d’arte. Come questo: «Pollaiolo. L’essenziale è per lui di dipingere una pianura immensa che si prolunga nello sfondo all’infinto e continua nel cielo. Questa pianura è la verità ultima delle cose» . Colli in Apollineo e dionisiaco diventa l’esegeta di Nietzsche che invita il lettore contemporaneo a comprendere perché essi sono «principi universali e supremi della realtà» . Del resto, non pochi romantici tedeschi si erano accorti, sollecitati o no da Hegel, che ormai era giunto il tempo di dar vita a una nuova mitologia, e intesero Dioniso come «il dio del futuro» . Non mancò all’appello Friedrich Hölderlin, che lo celebrò nella commovente elegia Brot und Wein (trasposta in un’altra versione con Der Weingott). Ma, si sa, era un vero poeta. E come tale riusciva a vedere oltre la fitta nebbia che stava calando su uomini e cose dell’Occidente.