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Pianificare in condizioni di complessità ed incertezza

di Alessia Cerqua - 07/01/2011




 
Il concetto di “territorio” ha subito negli ultimi decenni, una trasformazione radicale: da risorsa materiale suscettibile di sfruttamento, spazio controllabile ove le diversità sono viste come resistenze alla trasformazione, si è giunti ad una interpretazione in cui è riconosciuto il carattere relazionale e incerto proprio di un sistema complesso. Di conseguenza, la pianificazione esige nuovi approcci: la sfida della complessità può essere affrontata con successo tramite una maggiore ideazione di risposte multiple ed intelligibili. Il pensiero della complessità, a differenza del paradigma riduzionista, interpreta la realtà come molteplicità irriducibile di sistemi interagenti, un universo di relazioni che si manifestano a differenti scale spaziali e temporali e che sono attivate dalle differenze implicite in ogni sistema. Con l’introduzione dei concetti di indeterminatezza, incertezza, imprevedibilità quali parametri costanti e intrinseci della realtà, sono compromesse le basi della scienza classica, secondo cui una volta conosciute le condizioni iniziali di un sistema, se ne possono prevedere con esattezza ed oggettività i comportamenti futuri. Ciò porta al completo spiazzamento delle abituali modalità di osservazione.
Il territorio come sistema complesso si dimostra esplorabile non secondo logiche razionali e deduttive, piuttosto tramite nuovi processi di conoscenza: il pensiero della complessità ci ha reso consapevoli della infondatezza di un unico punto di osservazione capace di omogeneizzare le differenze ed eliminare le contrapposizioni tra i differenti punti di vista, ciascuno frutto di una conoscenza specifica.
Nella logica della complessità convivono innumerevoli punti di vista che sovrapponendosi, consentono “l’apprendimento ad apprendere”. Tale percorso conoscitivo si riflette nella conoscenza ecologica, ovvero quella modalità di rapportarsi alla realtà che consente di:
- tracciare le mappe dei contesti in cui viviamo;
- comporre immagini di noi stessi, degli altri, e delle nostre interazioni;
- procurarci narrazioni ordinate del “disordine quotidiano chiamato esperienza”.
La rilettura del territorio in termini di interazioni consente di riflettere sulle sue modalità di funzionamento e di evoluzione attraverso un approccio particolarmente attento alle relazioni esistenti tra le parti ed il tutto. Inoltre, il riconoscimento della valenza sociale e politica della pianificazione conduce a ripensare la stessa come attività volta a definire soluzioni concordate tra i differenti soggetti che interagiscono nel processo di piano. Ciò porta ad immaginare una struttura progettuale aperta, flessibile, lontana da schematismi e da rigidità funzionali, non deterministica ma caotica, una metodologia progettuale capace di gestire le incertezze e la complessità, individuando non una soluzione, ma una serie di possibili  strategie.
Riletta in chiave urbanistica, la strategia di conoscenza – e quindi di pianificazione – del territorio, dovrebbe configurarsi come: 
-Processo di sperimentazione di alternative di sviluppo, ovvero continua riflessione sul cambiamento e sulle trasformazioni desiderabili, sulla moltiplicazione degli orizzonti possibili e/o probabili.
-Strumento per riorientare pratiche e politiche, capace di individuare ed interpretare le nuove dinamiche di trasformazione dei sistemi territoriali in relazione alle trasformazioni della domanda sociale.
-Strumento di identificazione di scenari di trasformazione desiderabili, basati su obiettivi condivisi ed attuati in maniera sperimentale attraverso progetti pilota.
-Modalità di interazione sociale, capace di fare emergere e saper gestire le contraddizioni necessarie per attivare processi comunicativi, valorizzare le differenze, attivare processi di responsabilizzazione ed apprendimento sociale.
 -Percorso verso la sostenibilità che confluisca nella costruzione e nello sviluppo di relazioni coevolutive tra dimensione antropica e cicli evolutivi dell’ambiente naturale. 

 

*(vicepresidente Società Internazionale di Biourbanistica)