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La Festa del 2 giugno. Il repubblicanesimo e le "leggi" dell'economia

di Carlo Gambescia - 03/06/2006

 

Nel giorno in cui si celebra la Repubblica è giusto interrogarsi sulla natura del repubblicanesimo in generale , e in particolare sui suoi rapporti con le "leggi dell'economia". Perché questo aspetto rappresenta un buon banco di prova per giudicare il grado di libertà delle istituzioni repubblicane rispetto a quelle economiche. Come vedremo una repubblica è tanto più "repubblicana" quanto più riconduce le leggi dell'economia nell'alveo del potere delle leggi statali.
Una buona definzione di "repubblicanesimo" è racchiusa nel libro di Maurizio Viroli dal titolo omonimo (Editori Laterza 1999). L'autore, noto studioso di teoria politica, individua tre principi fondamentali: a) lo stato repubblicano è retto da leggi... b) che escludono l'arbitrio personale e garantiscono il più rigoroso rispetto dell'eguaglianza dei diritti civili e politici... c) ma che necessitano, per consolidarsi, della virtù civile dei cittadini.
Per farla breve: il principio fondamentale che distingue lo stato repubblicano da ogni altra forma di stato è quello di far dipendere il governo degli uomini non dal governo di altri uomini ma dal governo delle leggi. Certo, sono sempre gli uomini ad applicarle, ma - e questo è il punto importante - a differenza di altre forme di stato (ad esempio lo stato monarchico, per non parlare di quello totalitario, novecentesco), coloro che elaborano, approvano e promulgano le leggi , nella forma-stato repubblica, devono essere sottoposti ad esse come tutti gli altri cittadini.
Paradossalmente, oggi, il problema è invece rappresentato dal fatto che in Occidente nessuno stato, anche i potentissimi Stati Uniti, può essere definito repubblicano, nel senso di cui sopra. Perché?
Perché i cittadini non sono più sottoposti "repubblicanamente " al governo delle leggi. Dal momento che, in ultima istanza, le uniche leggi che "contano" - e dunque prevalgono su quelle statali, o comunque di impianto politico - sono quelle dell'economia, e più in particolare dell'economia capitalistica. "Leggi", come tutti sappiamo, che non hanno nulla di naturale, ma sono invocate come "copertura ideologica" di interessi settoriali. Il che perciò significa che la celebrata eguaglianza, civile e politica dei cittadini viene quotidianamente violata, dalle "guerre" speculative di mercato, dalle intromissioni del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, delle società di rating, e infine dalle politiche economiche imposte dalle banche centrali americana e europea. Ovviamente, gli Stati Uniti, per dimensioni economiche e forza politica e militare, sono "più repubblicani", ad esempio, dell'Italia - oggi degradata a Repubblica fondata su presunte leggi di mercato - ma non lo sono assolutamente dal punto di vista "repubblicano" qui delineato. Basti pensare alla cricca di affaristi, finanzieri e petrolieri che ruota intorno alla presidenza "repubblicana" di Bush. Quanto all'Italia, sia sufficente ricordare, le continue esternazioni di Berlusconi, Tremonti, Padoa Schioppa, Ciampi, Amato, e dello stesso Prodi, sui mercati che "votano tutti i giorni".
Dichiarazioni che rivelano chiaramente, al di là della retorica costituzionale cui siamo purtroppo abituati, il vero spirito antirepubblicano che oggi anima la classe politica italiana. Non tutta certamente. Ma comunque nella sua grande maggioranza.
Buon 2 Giugno a tutti...