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I ribelli libici della CIA

di Webster G. Tarpley, Ph.D. - 26/03/2011

I ribelli libici della CIA sono gli stessi terroristi che hanno ucciso truppe statunitensi e truppe NATO in Iraq

Uno studio di West Point mostra che l’area di Bengasi, Derna e Tobruk era leader mondiale nel reclutamento di bombaroli kamikaze di al Qaida

“Serpenti, sete, calore e sabbia […] la Libia da sola può presentare una moltitudine di sventure che agli uomini converrebbe fuggire.”
Lucano, Farsalia

 
Washington DC, 24 marzo 2011.

L’attuale aggressione militare alla Libia è stata motivata dalla risoluzione ONU 1973 con la necessità di proteggere civili. Le dichiarazioni del Presidente Obama, del Primo Ministro britannico Cameron, del Presidente francese Sarkozy e di altri capi di Stato hanno posto l’enfasi sulla natura umanitaria dell’intervento, che si dice avrebbe lo scopo di prevenire un massacro delle forze pro-democrazia e degli attivisti dei diritti umani da parte del regime di Gheddafi. Al tempo stesso, tuttavia, molti commentatori hanno espresso ansietà a causa del mistero che circonda il governo di transizione anti-Gheddafi, emerso all’inizio di marzo nella città di Bengasi, che si trova nella regione della Cirenaica, nell’est della Libia. Questo governo è già stato riconosciuto dalla Francia e dal Portogallo come il solo legittimo rappresentante del popolo libico. Il consiglio dei ribelli sembra composto di circa 31 delegati, molti dei quali sono avvolti nell’oscurità più totale. Inoltre, i nomi di oltre una dozzina di membri del consiglio dei ribelli vengono tenuti segreti, si dice che sia per proteggerli dalle rappresaglie di Gheddafi. Ma possono esserci altre ragioni per l’anonimato di queste figure. Nonostante molte incertezze, le Nazioni Unite e i vari paesi principali della NATO, inclusi gli Stati Uniti, sono accorsi per assistere le forze armate di questo regime ribelle, con attacchi aerei, che hanno portato alla perdita di una o due aerei della coalizione e a una prospettiva di altre perdite ancora peggiori in futuro, specie se dovesse esserci un’invasione di terra. È giunta l’ora che il pubblico americano ed europea impari qualcosa di più riguardo a questo regime di ribelli che si suppone debba rappresentare un’alternativa democratica e umanitaria a Gheddafi.

 

I ribelli sono chiaramente non civili, ma una forza armata. E che tipo di forza armata? Poiché molti leader ribelli sono difficili da analizzare a distanza, e poiché non si può stilare un profilo sociologico dei ribelli con una guerra in corso, forse possono venirci in aiuto i metodi tipici della storia sociale. C’è per noi un modo di ottenere una comprensione più profonda sul clima ideologico prevalente in tali città del Nordest della Libia, in città come Benghasi, Tobruk e Darnah, i principali centri urbani dei ribelli?

West Point Study - cover

Download dello Studio di West Point (pdf)

Si dà il caso di sì, sotto forma di uno studio condotto a West Point (sede dell’accademia militare statunitense), del dicembre 2007 che prende in esame il retroterra dei guerriglieri stranieri – jihadisti o mujaheddin, inclusi i bombaroli kamikaze – che attraversano la frontiera siriana per arrivare in Iraq nell’arco di tempo fra il 2006 e il 2007, sotto gli auspici dell’organizzazione terrorista internazionale Al Qaida. Questo studio si basa su una massa di circa 600 documenti di Al Qaida che sono stati sequestrati dalle forze statunitensi nell’autunno del 2007 e analizzati a West Point usando un metodo che discuteremo dopo aver presentato le principali scoperte. Lo studio risultante1 ci permette di fare importanti scoperte riguardo alla mentalità e alle strutture ideologiche vigenti nella popolazione del nordest della Libia e che stanno fornendo la base della ribellione, permettendoci di fare  conclusioni circa la natura politica della rivolta anti-Gheddafi in queste aree.

 

 

Darnah, nordest della Libia: capitale mondiale dei jihadisti

La scoperta più sbalorditiva che emerge dallo studio di West Point è che il corridoio che va da Bengasi a Tobruk, e che passa attraverso la città di Derna è una delle principali aree ad alta densità di terroristi jihadisti che si trovano nel mondo, e in certa misura possono vedersi come la principale fonte di bombaroli suicidi nel pianeta. Derna, con un combattente terrorista inviato in Iraq per uccidere americani su ogni 1000-1500 abitanti, emerge come un paradiso dei kamikaze, superando facilmente il più vicino competitore: Ryad, in Arabia Saudita.

 

Libya map

 

Secondo gli autori di West Point, Joseph Felter e Brian Fishman, l’Arabia Saudita è al primo posto per numero assoluto di jihadisti inviati a combattere gli Stati Uniti e altri membri della coalizione in Iraq durante il primo arco temporale in questione. Al secondo posto si trova la Libia, paese che conta meno di un quarto della popolazione rispetto all’Arabia Saudita. L’Arabia Saudita ha inviato il 41% dei combattenti. Secondo Felter e Fishman, “La Libia era il secondo paese d’origine dei combattenti, con il 18,8% dei combattenti che aveva dichiarato di provenire dalla Libia”. Altri paesi molto più grandi si trovano molto più indietro: “Siria, Yemen e Algeria erano i paesi che seguirono, contando rispettivamente l’8,2% (49), l’8,1% (48) e il 7,2% (43). I marocchini costituivano il 6,1% (36) di quelli e i Giordani l’1,9% (11).”2

Ciò significa che quasi un quinto dei combattenti stranieri entrati in Iraq attraverso il confine siriano provenivano dalla Libia, un paese con appena 6 milioni di abitanti. Era interessata a combattere in Iraq una proporzione di libici più alta rispetto a qualunque altro paese fornitore di mujaheddin.

Felter e Fishman hanno rilevato: “Quasi il 19 percento dei combattenti nei Sinjar Records proveniva dalla sola Libia. Inoltre, la Libia ha contribuito con molti più combattenti pro capite rispetto a qualunque altra nazione nei Sinjar Records, inclusa l’Arabia Saudita.” (Si veda il grafico del rapporto di West Point, p. 9)3

 

West Point Study - page 9

 

Ma poiché gli schedari del personale di Al Qaida contiene l’indirizzo di residenza e la città di provenienza dei combattenti stranieri in questione, possiamo stabilire che il desiderio di viaggiare in Iraq e di uccidere gli americani non era distribuito in modo omogeneo in tutta la Libia, ma era altamente concentrato precisamente in quelle aree intorno a Bengasi che sono oggi gli epicentri della rivolta contro il colonnello Gheddafi, che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia e altre nazioni stanno oggi appoggiando con tanto entusiasmo. Come commenta Daya Gamage di “Asia Tribune” in un recente articolo sullo studio di West Point, “… cosa allarmante per i politici occidentali, molti combattenti provenivano dalla Libia orientale, il centro delle attuali rivolte contro Muammar Gheddafi. La città orientale di Derna ha inviato più combattenti in Iraq rispetto a qualunque altra città o cittadina, secondo il rapporto di West Point. Ha fatto notare che 52 militanti erano arrivati in Iraq da Derna, città di soli 80.000 abitanti (la seconda maggiore fonte di combattenti era Riad, in Arabia Saudita, che ha una popolazione di oltre 4 milioni). Bengasi, capitale del governo provvisorio libico dichiarato dai ribelli anti-Gheddafi, ha inviato 21 combattenti, ancora una volta un numero sproporzionato nel complesso.”4 La sconosciuta Derna ha superato la metropoli Riyadh con 52 combattenti rispetto a 51. Tripoli, la roccaforte di Gheddafi, per contrasto, non esiste neanche nelle statistiche (v. grafico nel rapporto di West Point report, p. 12).

Che cosa spiega questa straordinaria concentrazione di combattenti antiamericani a Bengasi e a Derna? La risposta sembra legata alle scuole estremiste di teologia e politica fiorite in queste aree. Come fa notare il rapporto di West Point: “Sia Derna sia Bengasi per lungo tempo sono state associate alla militanza islamista in Libia”.

Queste aree si trovano in un conflitto teologico e tribale con il governo centrale del Colonnello Gheddafi, oltre a essere opposte a lui politicamente. Se tale conflitto teologico valga le morti di altri soldati americani ed europei è una questione che necessita di una risposta urgente.

 

West Point Study - page 12

Felter e Fishman osservano che “La stragrande maggioranza dei combattenti libici che includevano la loro città di provenienza nei Sinjar Records risiedeva nel nordest di quel paese, in particolare nelle città costiere di Derna, il 60,2% (52) e Bengasi 23,9% (21). Sia Derna sia Bengasi sono a lungo state associate alla militanza islamista in Libia, in particolare per una rivolta da parte di organizzazioni islamiste a metà degli anni 90. Il governo libico ha fatto ricadere la colpa delle rivolte sugli «infiltrati dal Sudan e dall’Egitto» e un gruppo – il Lybian Fighting Group (jama-ah al-libiyah al-muqatilah) – ha affermato di avere veterani afgani fra le sue fila. Le rivolte libiche sono divenute straordinariamente violente.”5

Nordest della Libia: l’area a più alta densità di kamikaze

Un altro notevole tratto caratteristico del contributo libico alla guerra contro le forze statunitensi all’interno dell’Iraq è la marcata propensità dei libici del nordest a scegliere il ruolo di kamikaze come il metodo di lotta preferito. Come si afferma nello studio di West Point, “Dei 112 libici documentati, il 54,4% (61) ha dichiara to il proprio ‘lavoro.’ L’85.2% (51) di questi ha dichiarato che il proprio lavoro in Iraq era quello di «bombarolo suicida».”6 Ciò significa che i libici del Nordest erano molto più propensi al ruolo di kamikaze rispetto a qualunque altro paese: “I combattenti libici erano avevano una più alta probabilità rispetto a qualunque altra nazionalità di entrare in lista come bombaroli suicidi (l’85% per i libici, il 56% per tutti gli altri).”7

I combattenti anti-Gheddafi del Libyan Islamic Fighting Group (LIFG) si uniscono ad al Qaida, 2007

La base istituzionale specifica per il reclutamento di guerriglieri nel Nordest della Libia è associato con un’organizzazione che prima si chiamava Libyan Islamic Fighting Group (LIFG). Nel corso del 2007, il LIFG si è dichiarato una filiale ufficiale di al Qaida, assumendo poi il nome di Al Qaida in the Islamic Maghreb (AQIM). A seguito di tale processo di fusione, in Iraq è arrivato dalla Libia un numero crescente di guerriglieri. Secondo Felter e Fishman, “l’apparente crescita di reclute libiche che si spostano in Iraq potrebbe essere legato ai sempre più stretti rapporti di cooperazione fra il Libyan Islamic Fighting Group (LIFG) e al Qaida, culminati nell’entrata ufficiale del LIFG in al-Qaida, il 3 novembre 2007.”8 Tale fusione è confermata da altre fonti: secondo una dichiarazione del 2008 attribuita ad Ayman al-Zawahiri, il Libyan Islamic Fighting Group si era unito ad al Qaida.9

Per l’“Emiro” terrorista, Bengasi e Derna svolgono un ruolo chiave per al Qaida

Lo studio di West Point chiarisce che i principali bastioni del LIFG e del successivo gruppo AQIM erano le città gemelle di Bengasi e Derna. Questo è documentato in una dichiarazione di Abu Layth al-Libi, sedicente “Emiro” del LIFG, il quale è poi divenuto un funzionario di alto livello di al Qaida. Al tempo della fusione del 2007, “Abu Layth al-Libi, l’emiro del LIFG, ha posto l’enfasi sull’importanza di Bengasi e Derna per i jihadisti libici nel suo annuncio secondo cui il LIFG si era unito ad al Qaida, dicendo: ‘È con a grazia di Dio che stavamo issando la bandiera della jihad contro questo regime di apostati, sotto la leadership del Gruppo dei Combattenti Islamici Libici (LIFG), che ha sacrificato l’elite dei suoi migliori figli e comandanti nella lotta contro questo regime, il cui sangue è stato versato sui monti di Derna, nelle strade di Bengasi, nei sobborghi di Tripoli, nel deserto di Sabha e sulle sabbie dei litorali.’”10

Questa fusione del 2007 significava che le reclute libiche per al Qaida diventavano una parte sempre più importante dell’attività di al Qaida nel suo complesso, allontanando in certa misura il centro di gravità dai sauditi e dagli egiziani, i quali erano già stati in numero cospicuo. Come commentano Felter e Fishman, “le fazioni libiche (in primo luogo il Lybian Islamic Fighting Group) sono sempre più importanti per al Qaida. I Sinjar Records offrono alcune prove secondo cui i libici hanno iniziato a crescere di numero in Iraq, dal maggio 2007. La maggior parte delle reclute libiche proveniva da città del nordest della Libia, un’area a lungo conosciuta come legata alla militanza jihadista.”11

Lo studio di West Point del dicembre 2007 conclude formulando alcune opzioni politiche per il governo degli Stati Uniti. Un approccio, come suggeriscono gli autori, sarebbe quello di iniziare una cooperazione fra Stati Uniti e governi arabi esistenti contro i terroristi. Come scrivono Felter e Fishman, “i governi siriano e libico condividono le stesse preoccupazioni degli Stati Uniti riguardo alla violenta ideologia salafita-jihadista e riguardo alla violenza perpetrata dai suoi aderenti. Questi governi, come altri in Medioriente, temono la violenza dentro i loro confini e preferirebbero che quegli elementi integralisti andassero in Iraq piuttosto che causare destabilizzazioni nel Paese. Gli sforzi degli Stati Uniti e della Coalizione per bloccare il flusso di combattenti in Iraq saranno più efficaci se si rivolgeranno all’intera catena logistica che supporta gli spostamenti di questi individui – a partire dai loro Paesi d’origine – piuttosto che rivolgersi ai soli punti d’accesos siriani. Gli Stati Uniti potrebbe riuscire a intensificare la cooperazione dei governi per bloccare il flusso di combattenti in Iraq rivolgendo le loro attenzioni alla violenza jihadista domestica.”12

Considerato il corso degli eventi seguenti, possiamo concludere su solide basi che quest’opzione non è quella che è stata scelta, né negli anni conclusivi dell’amministrazione Bush, né nella prima metà dell’amministrazione Obama. Lo studio di West Point offre anche un’altra prospettiva più sinistra. Felter e Fishman suggeriscono che sarebbe possibile usare gli ex componenti del LIFG, ora di Al Qaida, contro il governo del Colonnello Gheddafi in Libia, in sostanza creando un’alleanza fra gli Stati Uniti e un segmento di tale organizzazione terroristica. Il rapporto di West Point nota: “L’unificazione del Libyan Islamic Fighting Group con al-Qa’ida e la sua apparente decisione di rendere prioritaria la fornitura di supporto logistico allo Stati islamico dell’Iraq è probabilmente controverso all’interno dell’organizzazione. È probabile che alcune fazioni del LIFG vogliano ancora rendere prioritaria la lotta contro il regime libico, piuttosto che combattere in Iraq. È possibile esacerbare le divisioni fra i capi del LIFG e la tradizionale base di potere egiziana e saudita di al Qaida.”13 Questo suggerisce che le politiche statunitensi che vediamo oggi, quelle consistenti nell’allearsi a fanatici oscurantisti e reazionari di al Qaida contro il modernizzatore nasserista Gheddafi.

 

Armare i ribelli: l’esperienza dell’Afghanistan

In retrospettiva, dalla tragica esperienza degli sforzi statunitensi d’incitare al popolazione dell’Afghanistan contro l’occupazione sovietica negli anni successivi al 1979, dovrebbe essere chiaro che le politiche della Casa Bianca di Reagan per armare i mujaheddin afgani con missili Stinger e altre armi moderni si sono rivelate assai distruttive per gli Stati Uniti. Come aveva ormai quasi ammesso nel suo memoriale l’attuale Segretario alla Difesa Robert Gates, al Qaida era stata creata in quegli anni dagli Stati Uniti come una forma di Legione Araba contro la presenza sovietica, con risultati a lungo termine che hanno suscitato molte lamentele.

Oggi è chiaro che gli Stati Uniti stanno fornendo armi moderne ai ribelli libici tramite l’Arabia Saudita e attraverso il confine egiziano, con l’assistenza attiva dell’esercito egiziano e della nuova giunta militare egiziano pro-Stati Uniti.14 Questa è una violazione diretta della risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che richiede un completo embargo sulla Libia relativo agli armamenti. L’assunto è che queste armi saranno usate contro Gheddafi nelle prossime settimane. Tuttavia, considerata la natura violentemente antiamericana della popolazione del Nordest della Libia che viene attualmente armata, non vi è alcuna certezza che queste armi non saranno presto rivolte contro coloro che le hanno prodotte e fornite.

Un problema di portata ancora più ampia è rappresentato dalla condotta del futuro governo libico dominato dall’attuale consiglio dei ribelli con una larga maggioranza di islamisti del Nordest, o di un simile governo di un futuro Staterello indipendente della Cirenaica. Nella misura in cui tali regimi avranno accesso ai proventi del petrolio, vi saranno ovvi problemi di sicurezza internazionale. Gamage si chiede: “Se la ribellione riesce nell’intento di rovesciare il regime di Gheddafi, avrà accesso diretto alle decine di miliardi di dollari che si ritiene Gheddafi abbia messo via in conti esteri nei suoi quarant’anni di governo.”15 Considerata la mentalità della Libia del Nordest, possiamo immaginare per cosa potrebbero essere usati tali tesori miliardari.

 

 

Che cos’è al Qaida e perché la CIA l’ha usata

Al Qaida non è un’organizzazione accentrata, ma piuttosto una congerie di fanatici, gonzi, psicotici, disadattati, doppi agenti, provocatori, mercenari, delinquenti, e altri elementi. Come è stato appena notato, al Qaida è stata fondata dagli Stati Uniti e dai britannici durante la lotta contro i sovietici in Afghanistan. Molti suoi capi, come colui che ha la reputazione di secondo comandante in capo di al Qaida, Ayman Zawahiri, e l’attuale stella nascente Anwar Awlaki (detto Awlaki the CIA lackey, Awlaki il lacché della CIA), sono evidentemente doppi agenti del MI-6 e/o della CIA. La struttura ideologica fondamentale di al Qaida è incentrata sull’idea per cui tutti i governi esistenti nei mondi arabo e musulmano sono illegittimi e dovrebbero essere distrutti, poiché non rappresentano il califfato che, secondo al Qaida, sarebbe prescritto nel Corano.

Ciò significa che l’ideologia di al Qaida offre una facile scorciatoia, per le agenzie d’intelligence segrete angloamericane, al fine di attaccare e destabilizzare i governi arabi e musulmani esistenti nell’ambito di un incessante necessità di politiche imperialiste e colonialiste che contemplano attacchi e saccheggi a nazioni in via di sviluppo. Questo è esattamente ciò che sta accadendo in Libia oggi.

Al Qaida è emersa dall’ambiente culturale e politico della Fratellanza Musulmana o Ikhwan, essa stessa creazione dell’intelligence britannica in Egitto verso la fine del 1920. Gli Stati Uniti e i britannici usavano la Fratellanza Musulmana per opporsi alle riuscite politiche anti-imperialiste del Presidente egiziano Nasser, il quale era riuscito a mettere a segno grandissime vittorie per il suo Paese nazionalizzando il Canale di Suez e costruendo la diga di Assuan, senza la quale l’Egitto moderno sarebbe semplicemente impensabile. La Fratellanza Musulmana ha fornito una quinta colonna attiva e capace agli agenti stranieri contrari a Nasser, nello stesso modo in cui il sito ufficiale di al Qaida nel Maghreb islamico sta strombazzando il suo appoggio alla ribellione contro il colonnello Gheddafi. Ho discusso la natura di al Qaida in certa misura nel mio recente libro intitolato La fabbrica del terrore: Made in Usa (Arianna, 2007) e non posso ripetere qui tale analisi. Basterà dire che non abbiamo bisogno di credere nella mitologia fantastica che il governo degli Stati Uniti ha sparso per il mondo sotto il nome di al Qaida al fine di riconoscere il fatto elementare che i militanti e gli zimbelli che si uniscono spontaneamente ad al Qaida sono spesso motivati da un profondo odio nei confronti degli Stati Uniti e da un desiderio bruciante di uccidere tanto gli americani quanto gli europei. Le politiche dell’amministrazione Bush si sono servite della presunta presenza di al Qaida come pretesto per attacchi militari diretti in Afghanistan e in Iraq. L’amministrazione Obama sta ora facendo qualcosa di differente, intervenendo al fianco di ribelli fra i quali al Qaida e i suoi ideologhi sono ampiamente rappresentati e stanno attaccando il governo autoritario secolare del colonnello Gheddafi. Queste politiche sono entrambe disgraziate e devono essere abbandonare.

 

I capi dei ribelli, Jalil e Younis, e la maggior parte del consiglio dei ribelli sono membri della tribù Harabi, collegata ad al Qaida

Il risultato del presente studio è che il braccio libico di al Qaida rappresenta un continuum con il LIFG (Libyan Islamic Fighting Group), che ha il suo centro a Derna e Bengasi. La base etnica del LIFG è apparentemente da trovare nella tribù Harabi, anti-Gheddafi. Tale tribù comprende la stragrande maggioranza del consiglio dei ribelli, inclusi i due capi ribelli dominanti, Abdul Fatah Younis e Mustafa Abdul Jalil. Tutto ciò dunque suggerisce che il Libyan Islamic Fighting Group, l’élite della tribù Harabi e il consiglio dei ribelli, supportato da Obama, si accavallano. Come molti anni or sono mi ha insegnato il fu Ministro degli Esteri della Guyana Fred Willis, un vero combattente contro l’imperialismo e il neocolonialismo, le formazioni politiche nei paesi in via di sviluppo (e non solo lì) sono spesso una maschera delle rivalità etniche e religiose; così è in Libia. La ribellione contro Gheddafi è un intruglio tossico composto di odio nei confronti di Gheddafi da parte di fanatici, Islamismo, tribalismo e localismo. Da questo punto di vista, Obama ha follemente scelto di stare dalla parte della guerra tribale. Quando Hillary Clinton è andata a Parigi per farsi presentare i ribelli libici dal Presidente Sarkozy, ha incontrato il capo dell’opposizione libica, Mahmoud Jibril, formatosi negli Stati Uniti e già noto ai lettori di Wikileaks come un beneamato degli Stati Uniti.16

Se Jibril si potrebbe considerare presentabile a Parigi, i veri leader dell’insurrezione libica sembrerebbero essere Jalil e Younis, entrambi ex ministri con Gheddafi. Jalil sembra il primus inter pares, almeno per ora: “Mustafa Abdul Jalil or Abdul-Jalil (in arabo: مصطفى عبد الجليل, anche trascritto come Abdul-Jelil, Abd-al-Jalil, Abdel-Jalil or Abdeljalil; e spesso ma erroneamente come Abud Al Jeleil) (nato nel 1952) è un politico libico. È stato Ministro della Giustizia (in via non ufficiale, Segretario del Comitato Generale del Popolo) sotto il colonnello Muammar al-Gheddafi […] Abdul Jalil è stato identificato come presidente del Consiglio Nazionale di Transizione, con sede a Bengasi […] sebbene questa posizione sia contestata da altri nella rivolta, per via delle sue passate connessioni con il regime di Gheddafi.”17

Quanto a Younis, egli è stato strettamente associato a Gheddafi sin dalla presa del potere, nel 1968-9: “Abdul Fatah Younis (Arabic: عبد الفتاح يونس) è un funzionare militare di lunga esperienza in Libia. Ha rivestito la carica di Generale e di Ministro degli Interni, ma si è dimesso il 22 febbraio 2011…”18

Quel che più dovrebbe preoccuparci è che sia Jalil sia Younis provengono dalla tribù Haribi, la tribù dominante nel Nordest della Libia, e quella che ha collegamenti con al Qaida. Secondo Stratfor, “la tribù Harabi è un insieme di tribù che storicamente rivestono un cospicuo potere nell’Est della Libia, e che ha visto la propria influenza scemare sotto il colonnello Gheddafi. Il capo libico ha confiscato intere strisce di terra dei membri della tribù e le ha redistribuite a tribù più deboli e più leali. […] Molti leader oggi emergenti nell’Est della Libia provengono dalla tribù Harabi, incluso il capo del governo provvisorio stabilito a Bengasi, Abdel Mustafa Jalil, e Abdel Fatah Younis, i quali hanno assunto un ruolo di comando chiave nei confronti delle file dell’esercito passate all’opposizione, già all’inizio delle rivolte.”19

 

Il Consiglio dei ribelli: metà dei nomi sono mantenuti segreti: perché?

Quest’immagine di una base settaria, tribale e regionale non migliora quando si guarda al consiglio dei ribelli come a un tutt’uno. Secondo una versione recente, il consiglio dei ribelli è “presieduto dall’eloquente ex Ministro della Giustizia libico, Mustafa Abdul Jalil, [e] consiste di 31 membri, i quali in apparenza rappresentano tutte le regioni libiche, i cui nomi, in molti casi, non possono essere rivelati per ’motivi di sicurezza’” […] “Gli attori-chiave nel Consiglio, per lo meno coloro che ci sono noti, provengono tutti dalla confederazione Harabi di tribù del Nordest. Tali tribù hanno forti affiliazioni con Bengasi, risalenti al periodo precedente la rivoluzione del 1969 che portò Gheddafi al potere.”20

Altri resoconti convergono per quanto riguarda il numero di rappresentanti: “Il consiglio ha 31 membri; le identità di molti membri non possono essere rese pubbliche per proteggere la loro sicurezza.”21 Considerato ciò che sappiamo circa la straordinaria densità del LIFG e dei fanatici di al Qaida nel Nordest della Libia, siamo autorizzati a chiederci se i nomi di tutti quei membri del Consiglio siano tenuti segreti al fine di proteggerli da Gheddafi oppure se l’obiettivo sia di impedire che essi siano riconosciuti in Occidente come terroristi o simpatizzanti di al Qaida. L’ultima ipotesi sembra riassumere in modo più accurato la realtà delle cose. I nomi finora resi pubblici includono: Mustafa Abduljaleel; Ashour Hamed Bourashed per Derna; Othman Suleiman El-Megyrahi per l’area di Butnan; Al Butnan, per l’area confinante con l’Egitto e Tobruk; Ahmed Abduraba Al-Abaar per Bengasi; Fathi Mohamed Baja per Bengasi; Abdelhafed Abdelkader Ghoga per Bengasi; Omar El-Hariri per gli affari militari; e il dottor Mahmoud Jibril, Ibrahim El-Werfali e Dr. Ali Aziz Al-Eisawi per gli affari esteri.22

Il dipartimento di Stato dovrebbe interrogare queste figure a partire forse da Ashour Hamed Bourashed, il delegato di quella roccaforte di terroristi e kamikaze che è Derna.

Quanti membri, veterani o simpatizzanti di al Qaida ci sono nel Consiglio dei ribelli?

Cercando di vedere per quanto possibile i fatti nella nebbia della guerra, sembra che sia stato pubblicato ufficialmente il nome di poco più d’una dozzina di membri del consiglio dei ribelli, di certo non più della metà di quei 31 membri di cui hanno parlato i media. I media statunitensi ed europei non si sono presi la briga di identificare per noi i nomi oggi noti, e soprattutto, non hanno richiamato l’attenzione sul fatto che la maggioranza dei ribelli del consiglio che sono ancora nascosti nell’ombra della segretezza più totale. Dobbiamo dunque chiedere di sapere quanti membri del LIFG e/o di al Qaida, quanti veterani o simpatizzanti di al Qaida siedono oggi nel Consiglio dei ribelli. Stiamo così assistendo a un tentativo da parte della tribù Harabi di esercitare il proprio dominio sulle 140 tribù della Libia. Gli Harabi esercitano ormai un potere egemonico fra le tribù della Cirenaica. Al centro della confederazione degli Harabi sta la tribù Obeidat, che è divisa in 15 sottotribù.23 Tutte queste potrebbero essere osservazioni di interesse puramente accademico ed etnografico, se non fosse per il fatto delle sconcertanti sovrapposizioni esistenti fra Haribi, LIFG e al Qaida.

 

 

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