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Costa D'Avorio nel caos

di Eugenio Roscini Vitali - 07/04/2011



Laurent Gbagbo non ha firmato la resa e le forze di Alassane Ouattara, il Capo di stato ivoriano legittimamente eletto il 28 novembre scorso, hanno lanciato l’attacco finale. Ouattara ha ritenuto che le trattative che avrebbero dovuto sancire l'uscita di scena di Gbagbo stessero andando troppo per le lunghe ed ha quindi deciso di intervenire militarmente: «Non lo hanno ancora catturato ma accadrà presto» ha dichiarato a France-24 la portavoce di Ouattara, Affoussy Bamba.

Nonostante il pugno di ferro francese i negoziati sono dunque falliti; ieri sera, mentre ad Abidjan le truppe di Ouattara circondavano la residenza presidenziale, in una intervista telefonica alla radio francese Lci, Gbagbo aveva affermato che i suoi uomini stavano solo negoziando una tregua e che a livello politico non era stata ancora presa alcuna decisione: «Ho vinto le elezioni e non sto negoziando la mia uscita di scena». Una dichiarazione tutto sommato franca che non lasciava margine di trattativa.

L’attacco è iniziato verso le otto del mattino, con colpi d’arma pesante alternati al lancio di razzi sparati contro la residenza personale di Gbagbo, nel quartiere di Cocody, e contro il palazzo presidenziale e la caserma della Gendarmeria d’Abgan; nel quartiere settentrionale di Adjamé è iniziata subito  la caccia ai miliziani pro-Gbgabo mentre nella Zona 4C, tra Boulevard Valery Giscard d’Estaing e Boulevard de Marseille dove risiede la comunità europea e dove hanno sede numerose attività commerciali francesi, i giovani patrioti davano il via ad una serie di atti vandalici e saccheggi con l’incendio di auto e negozi.

Deserte le strade dei quartieri di Abobo e Anyama, epicentro degli scontri delle settimane scorse, e di Vridi-Canal, dove la gente vive chiusa in casa per paura dei furti e delle violenze commesse dai numerosi giovani che vanno in giro armati. Secondo alcune stime tra il Plateau (il centro) e Cocody ci sarebbero circa cinquemila uomini, soldati della Guardia Repubblicana e dei gruppi speciali della Gendarmeria, delle forze d’assalto della Marina (i Fumaco) e di una piccola parte dell’esercito regolare ancora fedele a Gbagbo.

Fino ad ora gli attacchi di arma pesante e le aggressioni non hanno risparmiato nessuno: saccheggiata e danneggiata gravemente l’Università di Abobo-Adjamé, interrotte le trasmissioni della televisione di Stato e delle radio private, colpiti il carcere civile di Maca e i quartieri di Anyama, Yopougon, Akandjé e Williamsville; rapiti e trucidati decine di civili, sequestrato e poi liberato il direttore diocesano della Caritas in Costa d’Avorio, Richard Kissi, prete ivoriano incaricato di distribuire viveri e medicinali a circa 1600 sfollati che da settimane sono rifugiati presso la scuola cattolica, la locale moschea e alcune parrocchie.

Gbagbo sta mostrando un certo grado di resistenza ed è difficile sapere cosa stia realmente accadendo; le fonti Misna parlano di una città deserta e di una popolazione rinchiusa in casa. Sono ormai alcuni giorni che nella capitale economica della Costa d’Avorio manca l’acqua e la corrente elettrica; le scorte alimentari cominciano a scarseggiare e la situazione umanitaria è assolutamente drammatica, con gli ospedali che iniziano a non poter più fronteggiare le emergenze. La comunità internazionale spinge affinché il presidente uscente dia le dimissioni e dopo le misure restrittive varate alcune settimane nei confronti di 92 personalità ivoriane, ieri Bruxelles ha deciso di colpire Gbagdo con nuove sanzioni finanziarie.

Da Parigi intanto arriva l’ammissione del ministro degli Affari esteri francese, Alan Juppé, che ha riconosciuto il fallimento dei negoziati ed ha e sostenuto che né le forze francesi né quelle dell’Onu sono coinvolte in queste ultime operazioni militari; di tutt’altra opinione il portavoce di Gbagbo, Ahoua Don Mello, che denuncia come i soldati dell’operazione “Licorne” starebbero intervenendo per fornire un sostegno aereo e terrestre a quello che ritengono l’assalto finale.

C’è chi sospetta che Gbagbo avesse già preparato il discorso di resa e contattato il governo del Benin per chiedere rifugio per sé e per i suoi figli, ma sembra il ministro della Gioventù, Charles Ble Goudé, il Consigliere spirituale della presidenza, Moise Koré, e la moglie Simone, già invischiata nella misteriosa scomparsa del giornalista franco-canadase Guy André Kieffers, lo abbiano “convinto” a combattere fino alla fine. Una resistenza ad oltranza sembra comunque improbabile: Ouattara controlla il 90% del Paese e i bollettini confermano che dopo i razzi piovuti il 18 marzo sulla capitale, i soldati regolari delle Forces de Defense et de Sécurité (Fds) hanno abbandonato Agnibilekrou e Abengourou e hanno perso il controllo della “regione del cacao”.

Cadute Daloa e Duékoué, dove gli scontri a fuoco e i machete hanno causato la morte di circa 500 civili, le Forces Républicaines de Cote d'Ivoire (Frci) di Ouattara hanno preso il controllo di Buyo e Soubré, conquistato il porto di San Pedro, le località di Tanda e Tiébissou e la  capitale politica Yamoussoukro, città nativa di Félix Houphouet-Boigny, padre della Nazione; sigillate le vie di comunicazione che portano alla frontiera con la Liberia, e le direttrici da dove, fino a pochi giorni fa, arrivava il flusso di mercenari assoldati dal regime.

Mentre Gbagbo perde posizioni, in Costa d’Avorio il quadro politico si fa sempre più complica e non è detto che la resa del fondatore del Fronte Popolare Ivoriano (Fpi) metta la parola fine alla crisi. Le vittorie riportate dalle Frci, l’esercito voluto da Ouattara per dare una veste più credibile ai guerriglieri delle Forces Armées des Forces Nouvelles (Fafn), stanno logorando i nervi degli ex guerriglieri e sembra che lo stesso premier Soro sia pronto a rivendicare il ruolo di leader della resistenza, così come sono pronti a presentare il conto tutti coloro che sono rimasti fuori dalla spartizione delle  poltrone seguita alla guerra civile.

Non si è poi ancora ben capito dove vogliano arrivare i Commando invisibili del generale ribelle Ibrahim Coulibaly e la partita che stanno giocando uomini di vertice come il Capo di stato maggiore Soumaila Bakayokò e il Colonnello Michel Gueu, comandante in seconda della regione di Bouaké, ex zona ribelle della Valle del Bandama.

Abidjan è un vulcano pronto ad esplodere, una città sotto assedio dove proliferano gruppi armati di ogni forma e foggia, formati da mercenari provenienti dalla Sierra Leone, dalla Liberia, dal Senegal e dalla Nigeria, brigate pro e contro Gbagbo e commando al soldo dei signori della guerra. Dopo la notizia del rapimento di due francesi, un malese e un cittadino del Benin, prelevati da un gruppo di uomini armati penetrati all’interno dell’albergo della capitale nel quale alloggiavano, le truppe di Parigi hanno accelerato le operazioni per evacuare i circa 12 mila stranieri presenti nell’ex colonia e nella capitale sono stati organizzati tre punti di raccolta, centri presso i quali vengono organizzati i trasferimenti per l’aeroporto di Houphouet-Boigny controllato dalle teste di cuoio della Brigata francese.