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La politica delle pipeline in Asia Centrale

di Richard Rousseau - 27/06/2011

   
   

Dalla fine del 19esimo secolo fino alla metà degli anni ’90, l’Asia Centrale era quasi tutta sotto il dominio esclusivo degli Zaristi, dei Sovietici e della Russia post-Sovietica. Il “Grande Gioco” riguardava la Russia zarista e l’Impero Britannico, che ha dominato la storia della regione nella metà del 19esimo secolo in quella che ora si chiama Asia Meridionale. La maggiore multipolarità esistente nelle politiche mondiali e la scalata per assicurarsi l’accesso alle risorse naturali in via di esaurimento, in special modo petrolio e gas, hanno portato all’emergere di “Nuovo Grande Gioco” che potrebbe modificare la futura struttura della politica globale e del sistema economico. La battaglia intorno alla costruzione di nuovi oleodotti e le rotte che dovranno seguire sono il nocciolo di questo “Nuovo Grande Gioco” che è in moto dall’inizio degli anni ’90.

La costruzione degli oleodotti è di fondamentale importanza per le politiche energetiche di Washington, Pechino, Bruxelles e Mosca, e questo rende il progetto, il finanziamento e l’implementazione dei progetti sempre spinosi e controversi. Il progetto per l’oleodotto Iran-Pakistan-India (IPI), che trasporterebbe il gas estratto dal giacimento di South Pars in Iran verso l’India attraverso il Pakistan, è un caso emblematico. I 3.000 chilometri di condotte per il gas richiederebbero 7,5 miliardi di investimento una collaborazione tra molti organismi finanziatori. Il progetto, avviato nel 1989, è stato ritardato anche a causa del fatto che l’Iran ha continuamente richiesto revisione del prezzo del gas e il Pakistan ha con insistenza domandato tariffe per il transito più elevate. In realtà, le motivazioni politiche nascoste sono le vere colpevoli di questo lungo ritardo.

Il progetto è stato una volta ufficialmente sospeso all’inizio del 2011. secondo l’emittente televisiva di stato iraniana, Ghabini Ali Reza, il direttore generale della Compagnia per lo Sviluppo e l’Implementazione del Gas, una sussidiaria della Compagna Nazionale Iraniana del Gas, ha detto il 19 febbraio che la costruzione dell’oleodotto è stata temporaneamente messa in pausa. L’Iran è in possesso della seconda maggiore quantità di riserve di combustibili fossili conosciuta al mondo, e questo gli offre la possibilità di fornire energia a un gran numero di paesi importatori, al Pakistan, l’India e alla Cina. Il gas iraniano è di solito fornito tramite gasdotti, ma viene anche trasferito sotto forma di gas naturale liquefatto ai mercati più lontani.

Dopo la scoperta nel 1988 delle vaste riserve nei campi di South Pars il governo iraniano ha sempre esportato una gran quantità di gas. E si aspetta ancora maggiori introiti dal gas estratto per il Pakistan e l’India, dove la domanda di energia è alta e sempre in aumento.

Nel 1995 Islamabad e Teheran firmarono un accordo preliminare per la costruzione del gasdotto che avrebbe collegato il giacimento di South Pars a Karachi, il più importante centro industriale del Pakistan, situato sulle coste del mar Arabico. Le autorità iraniane capirono che sia il Pakistan che l’India avrebbero utilizzato questo gas, e che il Pakistan avrebbero ricoperto un duplice ruolo di importatore e di paese transito. Nel 1999 l’India e l’Iran firmarono anch’esse un accordo preliminare e furono avviate le discussioni sulla costruzione della condotta IPI (Iran, Pakistan e India), chiamata anche il “gasdotto della pace”. Fu pensato che la cooperazione in campo energetico e la condivisione del gas iraniano avrebbero portato a una distensione delle relazioni tra Islamabad e Delhi. Il 16 marzo del 2010 le autorità iraniane e pakistane sancirono un accordo finale ad Ankara per la costruzione della condotta. Contro le previsioni iniziali, l’India non fu coinvolta nel progetto.

C’erano anche aspetti finanziari in ballo. L’Iran era convinto che il Pakistan non fosse in grado di radunare i fondi necessari. La tempistica di queste affermazioni non potevano essere più inopportune. L’economia del Pakistan era in uno stato precario e la situazione divenne ancora più complicata per le alluvioni che devastarono vaste zone del Pakistan. Alla fine, le implicazioni geopolitiche degli eventi dell’Asia Centrale e Meridionale – le operazioni militari della NATO e le rivolte di Kirghizistan – si frapposero come un ostacolo ancora più forte per l’effettiva realizzazione delle esportazioni di energia e dei progetti di collaborazione.

Vanno presi in considerazioni molti interessi esterni alla regione in relazione al progetto del gasdotto IPI, specialmente quelli degli Stati Uniti, della Cina e della Russia. L’atteggiamento esitante dell’India sul progetto può essere in gran parte dovuta alle pressioni degli Stati Uniti su Delhi per aderire agli altri gasdotti progettati e sulle allusioni di Washington agli scarsi benefici potenziali dell’IPI. È evidente che un gasdotto che colleghi Iran, Pakistan e India avrebbe implicazioni politiche molto significative. I paesi coinvolti nel progetto del gasdotto IPI hanno interessi e politiche variegate.

Iran e gli Stati Uniti

I ritardi nell’implementazione del progetto sono stati causati dallo stato delle relazioni bilaterali e trilaterali esistenti tra gli stati coinvolti.

Gli interessi degli USA sono ritenuti fondamentali. Dal collasso dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti stanno tentando di controllare una porzione sempre maggiore delle forniture energetiche mondiali attraverso il controllo delle riserve di petrolio e gas in Azerbaijan e nelle ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale, e con la messa al potere di regime alleati in Afghanistan e in Iraq. Per gli Stati Uniti, la battaglia sulle risorse energetiche è ancora più complicata dalla disperata ricerca di Cina e India per avere una maggiore quantità di energia disponibile, essenziale per mantenere la propria spinta allo sviluppo. Il futuro della politica energetica iraniana è quindi un aspetto di primaria importanza per gli interessi statunitensi di lungo termine. Il dominio iraniano del Golfo Persico e l’implementazione del progetto dell’IPI intralcerebbe l’obbiettivo di Washington di isolare Teheran dal contesto internazionale.

Gli Stati Uniti si oppongono a un qualsiasi progetto energetico che coinvolga l’Iran, così come alta è la preoccupazione che il Pakistan e l’India diventino dipendenti dalle forniture energetiche iraniane. Gli Stati Uniti continuano a interferire nella regione, cercando di impedire a queste nazioni di prendere parte al progetto dell’IPI. Washington sta al momento sponsorizzando la costruzione di una condotta alternativa e ovviamente all’Iran non viene permesso di essere direttamente coinvolto nel progetto. Gli statunitensi stanno promuovendo il progetto di gasdotto TAPI (Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India), che trasporterebbe gas naturale dall’ex repubblica sovietica del Turkmenistan direttamente all’India via Afghanistan e Pakistan. Questo progetto, comunque, è in larga parte relazionato all’ Afghanistan che la NATO e gli Stati Uniti cercano di stabilizzare.

I progetti che vanno a beneficio dei piani geopolitici ed energetici degli USA sono malvisti da Russia e Cina. Nel progetto statunitense, Kabul farebbe parte integrante del corridoio di sicurezza per i flussi energetici che va dal Mar Caspio all‘Asia Centrale a favore degli utilizzatori finali, Pakistan e India. Questo potrebbe bypassare le rotte russe e cinesi che al momento forniscono la gran parte dell’energia della regione.

Cina, India e Pakistan

Così come per l’India, gli statunitensi stanno cercando di dissuadere Delhi dal firmare un qualsiasi accordo con l’Iran, un paese che Washington considera uno “stato canaglia”. Non c’è da sorprendersi che le tensioni tra USA e Iran abbiano influenzato le politiche energetiche dell’India. In effetti è difficile per Delhi trattare con l’Iran su un accordo energetico mentre sta sviluppando un suo programma di nucleare civile senza il contributo e il consenso degli Stati Uniti. Inoltre, la sfiducia dell’India verso il Pakistan ha messo in stallo tutti le discussioni sui progetti energetici che riguardano queste due nazioni. Ciò ha portato l’India a sospendere la propria partecipazione al progetto dell’IPI.

Malgrado le raccomandazioni di Washington, l’India ha comunque rafforzato le relazioni diplomatiche con l’Iran. Il rafforzamento di Questi legami è stato dimostrato dal finanziamento congiunto della costruzione del porto di Chabahar, un importante punto di transito situato nell’Iran sud-orientale. Questa collaborazione si è dimostrata di una grande importanza strategica ed economica per promuovere le esportazioni indiane in Asia Centrale, che ora transitano dall’Iran, bypassando il Pakistan.

L’India ha molti dubbi sul gasdotto IPI. Intanto, l’India e l’Iran non si sono ancora accordati sulle tariffe del gas. L’India ha sempre insistito su un’importazione di gas di alta qualità dall’Iran ai prezzi di mercati internazionali. E poi l’India è preoccupata dei dettagli del progetto dell’Iran di indirizzare il gasdotto attraverso il Pakistan e le sue province. L’Iran vorrebbe che la condotta passasse dal Belucistan, una delle aree più remote e povere del paese, ma anche una delle più instabili a causa dell’attività politica delle forze ostili nazionaliste e separatiste. Teheran ha combattuto i movimenti indipendentisti beluci nelle province iraniane del Sistan e del Belucistan, che confina con il Pakistan. L’insurrezione nel Belucistan dura ormai da anni. Jundallah, l’organizzazione terroristica sunnita conosciuta anche come il Movimento di Resistenza Popolare dell’Iran, si pensa stia operando nelle aree beluche del Pakistan, dell’Iran e delle province meridionali dell’Afghanistan. Le nazioni coinvolte nel progetto dell’IPI sono preoccupate che gli atti di terrorismo possano sabotare la condotta.

L’India ha due preoccupazioni in più per il Pakistan: le tasse di transito che Islamabad pretende e la possibile interruzione delle forniture di gas. L’India teme che, se aumentassero le tensioni diplomatiche con il Pakistan o se il conflitto in Kashmir dovesse riaccendersi, il Pakistan sarebbe in grado di fermare i flussi energetici verso l’India in modo analogo a quello che la Russia fece all’Ucraina nel corso delle dispute sul gas tra il 2006 e il 2009. l’India è anche esitante sulla costruzione del gasdotto TAPI, sponsorizzato da Washington. Nuova Delhi dubita dell’effettiva capacità del TAPI di pompare gas in quantità adeguate, e si aspetta che l’Afghanistan continui a essere una zona insicura ancora per un lungo periodo. Gli Stati Uniti, comunque, stanno sempre cercando di indirizzare l’India verso altre fonti energetiche, come il gas naturale liquefatto dall’Australia, dal Qatar e dal altri paesi del Golfo.

Il Pakistan è preoccupato dallo status di potenza egemonica regionale che l’India potrebbe raggiungere se venisse attivamente coinvolta nel gasdotto IPI. In effetti, le autorità pakistane hanno elaborato un piano per incoraggiare la partecipazione attiva della Cina - tradizionale alleato di Islamabad e rivale di New Delhi – nel progetto invece dell’India. Pechino ha mostrato un serio interesse, visto che aumenterebbe l’influenza cinese nell’Asia Meridionale a spese sia degli Stati Uniti che dell’India. Inoltre, Islamabad potrebbe beneficiare, almeno ipoteticamente, dall’inclusione della Cina. Il Pakistan ha un urgente bisogno di energia, ma Teheran probabilmente non aderirebbe al progetto senza il coinvolgimento di una terza parte. La partecipazione indiana o cinese garantirebbe forti profitti all’Iran. Avendo la Cina come partner, Islamabad incasserebbe notevoli entrate dal transito di gas e guadagnerebbe dividendi in ambito politico nel rafforzare ulteriormente la propria alleanza con Pechino. Da un’altra prospettiva, l’insistenza del Pakistan e dell’Iran per aggiungere la Cina al progetto potrebbe essere interpretata come un modo per pressare Nuova Delhi per prendere una decisione definitiva sul suo coinvolgimento nelle proposte che riguardano l’IPI.

Per Pechino il progetto comporta rischi e opportunità. Diventando il partner principale nella costruzione della condotta che dall’Iran attraversa il territorio pachistano e anche il maggiore beneficiario dal processo di liquefazione del gas naturale che verrà spedito dal porto di Gwadar nella provincia pakistana del Belucistan, la Cina creerebbe un asse energetico che migliorerebbe la sua strategia di diversificazione energetica, oltre a aiutarla a soddisfare la sempre più alta richiesta energetica interna. Solo l’instabilità politica e sociale nelle contrastate regione pakistane e cinesi potrebbe persuadere la Cina per tirarsi fuori dal progetto. Se non dovesse raggiungere il porto di Gwadar – dove verranno presto costruiti i terminal per il gas naturale liquefatto -, il gasdotto dovrà passare da regioni instabili, come la provincia pakistana del Gilgit-Baltistan, l’entità politica più a nord all’interno del Pakistan, e la provincia cinese dello Xinjiang, nota anche come il Turkestan Orientale, dove gli indigeni iuguri si stanno muovendo sempre più verso la richiesta d’indipendenza. Il progetto potrebbe essere ancor più a rischio per il possibile sabotaggio da parte dei gruppi ribelli.

Seguendo un’altra lettura del flirt della Cina con il Pakistan e l’Iran sul progetto dell’IPI, dobbiamo analizzare l’influenza della Russia nelle negoziazioni n corso tra le due nazioni sulle forniture di gas, sulle tariffe e sulle rotte del gasdotto che dovranno unire la Siberia Orientale e la Cina. Pechino potrebbe brandire la forniture di gas dall’Iran come una possibile alternative a quelle russe. Non è un segreto che la Cina, come l’Unione Europea, non vuole diventare troppo dipendente dalle fonti energetiche russe. Un maggior coinvolgimento nei progetti energetici asiatici contribuirebbe molto al proposito cinese di aumentare gradualmente la sua influenza nell’area, in modo da creare quello che spesso viene chiamata la “striscia delle perle” attorno all’Oceano Indiano. L’obbiettivo nascosto della Cina nell’Asia Meridionale e Orientale è quello di realizzare un gasdotto che colleghi Iran, Pakistan e Cina attraverso le montagne del Karakorum, che si stagliano lungo il confine delle due ultime nazioni. Questo farebbe parte di una strategia per spingere verso una maggiore cooperazione cino-pakistana nello sviluppo del porto pakistano di Gwadar per farlo diventare un centro di smistamento energetico controllato dai cinesi che verrebbe, secondo Washington, protetto da una base navale cinese. A questo modo, il coinvolgimento cinese nel progetto per portare il gas iraniano renderebbe inefficace l’isolamento internazionale di Teheran sponsorizzato da Washington.

Per poter prevenire la partecipazione della Cina nei progetti di costruzione dei lunghi gasdotti nell‘Asia Meridionale, gli Stati Uniti hanno avanzato un’altra opzione, che consiste nell’incrementare sostanzialmente le esportazioni di petrolio saudita a basso prezzo verso la Cina. Una risposta chiara a questa offerta non è stata ancora fornita.

Gli interessi russi

Anche se la Cina riuscisse a approvvigionarsi da varie fonti energetiche, la Russia è favorevole alla possibile costruzione del gasdotto IPI. Mosca è determinata a mantenere una posizione di predominio nelle forniture di gas all’interno del mercato europeo ed è sempre in cerca di opportunità per incassare denaro. La gran parte della sua base economica è fondata sulle compagnie energetiche e sulle infrastrutture dell’industria petrolifera e di quella del gas. La Russia è disposta ad aiutare la realizzazione della condotta IPI per poter deviare il gas iraniano verso i mercati orientali invece che verso quelli occidentali, rimuovendo così un possibile competitore. Il predominio della Russia nel trasporto di energia dall’area del Mar Caspio sarebbe così assicurato.

Per di più, la Russia è davvero interessato nel creare un corridoio energetico nord-sud e nello stabilire relazioni commerciali più forti tra l’Asia Meridionale e l’Europa attraverso il territorio russo. Mosca ritiene che Pakistan, India e Iran siano interessate in questi progetti energetici e commerciali, e ritiene che l’IPI sia un possibile deterrente alla competizione cino-russa in Asia Centrale e, soprattutto, un contrappeso agli interessi degli Stati Uniti nella regione.

Gazprom è pesantemente coinvolta nell’implementazione dell’IPI e gli investimenti russi potrebbero incoraggiare la costruzione del gasdotto. Il suo coinvolgimento data al 1995, quando fu firmato un memorandum di intesa tra Gazprom e Gas Authority of India Ltd per la costruzione dell’IPI. La gigantesca compagnia energetica russa sta ora sviluppando i giacimenti di South Pars nel Golfo Persico e ha intenzione di partecipare ai progetti per incrementare la produzione di GNL dall’Iran. Gazprom è inoltre molto interessata al progetto IPI, anche se venisse coinvolta la Cina. Il coinvolgimento dell’enorme Stato confinante con la Russia è un passo necessario per l’integrazione degli interessi economici, energetici e commerciale di Russia, Cina, India, Pakistan e Iran.

L’impatto geopolitico e geoeconomico dei gasdotti IPI e TAPI in Asia, l’integrazione energetica nell’Asia Orientale con l’Asia Meridionale e l’Africa Occidentale e il ruolo sempre più importante che l’Iran potrebbe ricoprire in questi processi stanno fornendo argomenti alla discussione sulle forniture energetiche globali. Il desiderio della Russia di mantenere il predominio delle forniture di gas per l’Europa, la lista sempre più lunga di nazioni che necessitano di gas, e gli interessi di India e Cina nel guadagnare la propria autorità in Asia sono altri fattori di primaria importanza. Tutti questi aspetti, comunque, ruotano attorno a un catalizzatore di innegabile rilevanza: la costruzione di un gasdotto, le cui conseguenze future devono ancora essere comprese appieno.

Le sfide degli Stati Uniti

La politica energetica statunitense e le questione alzate per mantenere il predominio economico e militare si basano sull’accesso all’energia, alla continuità della fornitura e al mantenimento di prezzi del petrolio relativamente a buon mercato. Ma la maggior parte del petrolio mondiale è concentrato in paesi che sono ostili agli interessi degli USA o che sono vulnerabili a causa di rivolte politiche o per il terrorismo. Malgrado questo, il petrolio rimane sul filo del rasoio in molte delle sfide immediate che devono essere affrontate dai politici e dai pianificatori militari degli Stati Uniti. Non ci saranno soluzioni semplici fino al momento in cui i consumatori e il governo americano svilupperanno un’infrastruttura alternativa per la sua economia totalmente dipendente dal petrolio. Nel frattempo, verrà praticato ogni sforzo possibile per assicurarsi le esistenti forniture di petrolio e per garantirsi la continuità dei rifornimenti. Tali iniziative sono le linee guida della politica estera degli USA e accompagnano la sua dottrina militare.

La gran parte degli analisti che studiano la politica estera USA e il suo consumo energetico sempre in espansione suggeriscono che le importazione di petrolio continueranno ad aumentare nei prossimi decenni. Gli Stati Uniti daranno costretti a cercare nuove fonti di combustibili fossili a causa dei cambiamenti politici e economici nelle regione da dove al momento riceve le sue forniture. Fino ad ora, la politica estera USA ha fallito nel reindirizzare in modo consono la propria politica estera in questa regione così ben dotata di differenziazione nelle proprie risorse energetiche.

Gli Stati Uniti dovranno stabilire legami di fiducia con le nazioni dell’Asia Centrale e Meridionale per soddisfare i suoi bisogni energetici perché anche i suoi alleati e i suoi nemici vorranno anche loro ottenere più energia da queste regioni. Washington deve riflettere sulla sua direzione politica e ripensare con attenzione le sue relazioni con la Russia se ancora aspira a diventare un partner importante nello sfruttamento e nello sviluppo dei giacimenti di gas e di petrolio siberiani. L’amministrazione Obama ha fatto i primi passi in questa direzione “resettando” le relazioni tra Stati Uniti e Russia. Per di più, gli Stati Uniti hanno necessità di sviluppare ancora maggiore legami commerciali con i paesi dell’Asia Centrale e Meridionale, anche se alcuni di questi governi regionali continueranno a disapprovare in modo acceso la politica attuale degli USA. Dovranno essere conclusi accordi sul commercio con alcuni produttori di Stato monopolisti che sono stati chiari nel voler preservare la loro assoluta sovranità sulle loro strategiche risorse naturali. Alla fine, Washington deve considerare la possibilità di negoziare trattative con altri forti consumatori di energia (Cina, India, Giappone e Unione Europea) e con i produttori/esportatori dell’Asia Centrale e Meridionale per evitare guerre diplomatiche o reali basate sulla dura competizione per le limitate risorse a disposizione.

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Fonte: http://www.fpif.org/articles/pipeline_politics_in_central_asia



Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE