La barca Italia alla deriva
di Antonio Chiaradia - 21/08/2011
Fonte: liberaopinione
Certo Nonsochi ripeteva sempre: “E’ meglio aver a che fare con un delinquente che con un imbecille”. Verissimo: le mosse di un lazzarone intelligente le puoi almeno prevedere, quello di uno sciocco no. Se poi ti trovi ad aver a che fare con un lazzarone-sciocco, allora la situazione si complica ulteriormente. Quello che sta succedendo nel nostro Paese è sotto gli occhi di tutti e non abbisognerebbe di ulteriori commenti, ma sono troppi coloro che continuano a tenere ancora gli occhi chiusi. A seguito delle scelte giuste o sbagliate operate dall’Italia nel 1945, da quella data noi siamo diventati una nazione colonizzata agli ordini della cricca atlantica: invasione di basi NATO sul territorio italiano, partecipazioni a guerre “umanitarie” di rapina, imposizioni economiche e politiche di ogni genere. Purtroppo sangue dal muro non se ne cava e in giro c’è ancora chi vorrebbe farci credere che la nascita dell’ Euro vale a dimostrare l’ esistenza di una identità europea, dimenticando che, se gli Stati Uniti non lo avessero consentito, a tutela dei loro interessi, l’euro non avrebbe mai visto la luce. Chi non ci sta, o si permette di provare a derogare da questa sudditanza, chiunque sia, viene immediatamente emarginato. E’ toccato persino a Silvio Berlusconi. Mossi i primi passi verso lidi non graditi agli atlantici (Libia, Russia) – grazie alla disponibilità dell’attuale innominabile presidente della Camera – s’è trovato a capo di una maggioranza vacillante attualmente in carica solo per il disbrigo delle pratiche di trapasso.
Non è infatti il nostro governo, nonostante la confusione e i polveroni su questioni irrilevanti sollevati da una stampa miserevole e servile, a stilare il programma e a dettare l’agenda degli impegni, ma i soliti “altri”, i padroni veri: Banca Centrale Europea, Fondo monetario e compagnia bella. La recente “lettera” di Trichet (BCE) e Draghi (Bankitalia), camerieri della grande finanza internazionale, è un “dettatino”, un “Diktat”, un “ordine” dato al governo italiano ad anticipare la manovra finanziaria. Pena le bacchettate e le orecchie d’asino, vale a dire la sospensione dell’Italia dal Circolo di Wall Street e della City e, per l’immediato, il mancato intervento della Banca Centrale Europea per sostenere i titoli di debito del Tesoro: 22 miliardi di euro da parte di Francoforte per toppare la situazione in Italia e Spagna.
Ma fin qui, ripetiamo, nessuna meraviglia: è una musica che, in un modo o in un’altra, si ripete da quando abbiamo perso la nostra sovranità nazionale, politica ed economica. Quello di nuovo che stupisce sono i toni di quella “letterina segreta”. Che non è un invito, ma un preciso ordine che – come scrive Federico Fubini sul Corriere della Sera, “deve aver stupito anche chi l’ha ricevuta”. Infatti, oltre alle misure da prendere, vi è un preciso calendario da rispettare e il tipo di strumenti legislativi che i vari governi debbono adottare. In pratica, la colonia-Italia, se vuole continuare a far parte del Circolo Eurozona deve: emettere immediatamente decreti nel senso di un’ulteriore “liberalizzazione del mercato” (con quel che ciò comporterà in termini di tutele sociali), provvedere a svendere industrie strategiche italiane come Enel, Finmeccanica, Eni e altre minori, rendere il mercato ancora più flessibile (leggi:precario) con una valanga di licenziamenti. Chi, plaudendo a questa Usura Europea, insiste a dire che dobbiamo rimanere nell’euro, avrà qualche difficoltà a far convinta una popolazione ridotta tra qualche anno a mendicare.
Di fronte a tutto ciò - conseguenza assieme di un crollo partito da lontano e delle responsabilità di chi ha governato questo paese per 66 anni – l’attuale classe politica prosegue come nulla fosse. Non una lettera di dimissioni, non una protesta formale. Solo slogan folcloristici, come quelli dei leghisti, che come sempre, alla fine, si accodano ubbidienti.
Eppure stavolta c’è qualcosa in più negli ordini dati dai camerieri della grande grande finanza internazionale ai loro reggicoda italiani. Fino ad oggi il mercato del lavoro era sempre stato fuori dalle competenze europee; ora Trichet è entrato nei dettagli, con molta chiarezza. Vuole assoluta libertà nei licenziamenti nei contratti a tempo indeterminato, altre mazzate al pubblico impiego, nessuna protezione per giovani e precari al solo fine di incentivare la produttività.
Qui non siamo più a quello che sul “Corriere della Sera” Angelo Panebianco chiama il “il divario fra l’universalismo dei mercati e il particolarismo della politica”. Qui siamo alla dimostrazione lampante che la politica italiana ed europea sono assenti e che l’ Italia, dopo essersi spogliata della sovranità monetaria aderendo a Maastricht e rinunciando alla sua moneta, non dispone più di una propria politica economica.
Tutto ciò mentre all’orizzonte si profila la nascita di un “governo tecnico” magari retto dal consulente della Goldman Sachs, Mario Monti. In ogni caso è ormai chiaro che la politica e il Parlamento hanno rinunciato ad esercitare il ruolo affidatogli dai cittadini limitandosi ad applicare misure e leggi volute dall’ Alta Finanza internazionale. La barca Italia è alla deriva.