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Slow food Italia: le tesi congressuali

di Agenzia Giornalistica Alpazur - 20/06/2006

 

Il VI Congresso Nazionale di Slow Food Italia, che si è svolto nei giorni scorsi al Palafiori di Sanremo, ha registrato in apertura diverse testimonianze di adesione. Oltre al saluto del sindaco di Sanremo Claudio Borea, del vicepresidente della Fondazione Carige Lorenzo Garibbo, ha parlato l'assessore regionale all'Agricoltura Giancarlo Cassini.

Carlo Petrini ha tenuto poi il discorso di apertura, in cui ha disegnato le nuove sfide che attendono Slow Food Italia, l'associazione leader tra le dieci associazioni nazionali che sono state fondate nel mondo in questi ultimi venti anni.

Carlo Petrini ha esordito: «Questo appuntamento dei vent'anni è significativo perché dà l'occasione di ripercorrere il percorso della nostra associazione. Da una dimensione giocosa siamo arrivati ad affermare il giusto riconoscimento che spetta alla gastronomia, portandola al centro della cultura, dell'economia e della politica. Terra Madre è l'approdo piú significativo, piú forte, perché la cultura contadina si manifesta come un elemento che può salvare il pianeta. Il rapporto sugli ecosistemi del pianeta pubblicato nel marzo del 2005 non lascia possibilità di scherzare intorno a questo argomento. Invece è sconcertante il fatto», ha sottolineato, «che non avvertiamo questa drammaticità nella politica o nella società; vediamo un'umanità incosciente andare verso il baratro. È bene che un'associazione come la nostra assuma la responsabilità di affermare che svilupparsi e produrre sempre di piú non può essere l'esigenza primaria. La salvezza dell'ambiente deve diventare il piú importante obiettivo. Che tristezza vedere che la politica, con una totale trasversalità tra destra e sinistra, non si fa carico di questo problema universale, che la preoccupazione piú grande è la crescita, la produzione, mentre chi la pensa come noi è una voce che grida nel deserto!», ha esclamato.

Il presidente uscente di Slow Food ha poi affrontato le tematiche legate alla globalizzazione e all'ingiustizia nei confronti del Sud del mondo, invocando una sorta di Piano Marshall che metta rimedio alla politica di rapina perpetrata per decenni ai danni di questi Paesi.

«Deve nascere un nuovo interlocutore, che abbiamo definito co-produttore. Consumatore è un termine che sancisce un'ingiustizia. Velocità, sovrapproduzione, spreco, questo è la società dei consumi. Il corpo del consumatore è un corpo ansioso, il consumo genera ansia. Anche l'anima dei bambini è sotto assedio, come i polli in batteria vengono educati a essere i futuri consumatori».

Di Roberto Burdese, che ha designato (a fine congresso puntualmente eletto) come candidato a succedergli alla presidenza di Slow Food Italia, Petrini ha detto: «Quattro anni fa, al Congresso di Riva del Garda, avevo preannunciato che sarebbe stato il mio ultimo mandato, mantengo quell'impegno perché i nostri obiettivi devono andare avanti indipendentemente dal carisma del fondatore. L'esigenza di un nuovo presidente per l'Italia è importante». E ha aggiunto divertito: «Non è indifferente che sia nato a Bra, lo abbiamo allevato in casa, è stato uno dei primi obiettori di coscienza a fare servizio presso di noi, e oggi lo proponiamo come presidente per le sue doti di efficienza, ma anche perché l'entrata di una nuova generazione ci fa vedere il futuro dei prossimi vent'anni».

Ha poi esortato i delegati ad assumere come elemento connotativo la complicità, il cui etimo rimanda alla condivisione della complessità del mondo. «Dobbiamo coltivare la speranza», ha concluso, «che non consiste nella convinzione che qualcosa andrà bene, ma nella certezza che quello che facciamo ha un senso indipendentemente dal risultato. E questo ci rende sereni per il futuro».

In concomitanza con il Congresso nazionale di Sanremo, è stato inaugurato il nuovo sito dell’associazione. www.slowfood.it ha una nuova grafica con piú colore e piú fotografie, un menu chiaro ed esauriente capace di portare a destinazione con pochi clic.

Oltre al restyling della home page e delle singole sezioni, il sito è diventato un vero e proprio portale che racchiude tutta la galassia di siti in cui le varie entità di Slow Food (l’Associazione, la Fondazione per la Biodiversità, l’Editore eccetera) si descrivono in maniera completa.

Per la prima volta on line il 16 gennaio 2001, il sito è cresciuto di pari passo con l’associazione e negli ultimi tempi ha raggiunto picchi di visite di notevole entità con 340 mila visitatori nel mese di maggio 2006, che significa in media 10 mila unique visitors al giorno. Un successo testimoniato anche dal fatto che, digitando la parola food su Google (il motore di ricerca piú utilizzato in rete), Slow Food compare al primo posto, prima della Food and Drug Administration o il canale Food della Bbc.
Anche la sezione Sloweb, il giornale on line di Slow Food, sta evolvendosi; innanzitutto le notizie quotidiane, le cosiddette brevi, lasceranno sempre piú spazio ad argomenti riguardanti la rete di comunità del cibo venutesi a creare dopo Terra Madre 2004. L’obiettivo è di creare un vero e proprio notiziario dell’agroalimentare che sia in grado di informare i lettori sull’universo della produzione alimentare mondiale.

Lo Sloweek, l’articolo settimanale di approfondimento, continuerà a ospitare firme di indiscusso valore. Negli anni hanno scritto per il sito autori del calibro di Giulietto Chiesa, Vandana Shiva, Eric Schlosser e molti altri; mentre sarà presente una nuova sezione, Sostiene Slow Food, in cui scriveranno da oggi, oltre a Carlo Petrini, anche altre importanti personalità dell’associazione (da Piero Sardo a Gigi Piumatti al neopresidente di Slow Food Italia Roberto Burdese).

Il Congresso è stato preceduto da una prestigiosa anteprima, un convegno che ha visto personaggi illustri del mondo culturale italiano riflettere sul significato e sulla storia di questo movimento che ha cambiato profondamente il modo di rapportarsi al cibo e alla gastronomia.

Giacomo Mojoli, componente storico della dirigenza internazionale, ha aperto i lavori sottolineando come, nel celebrare i primi vent'anni di Slow Food, si sia preferito evitare modalità autoreferenziali, per cercare piuttosto di aprire una riflessione assieme agli amici che nel corso degli anni hanno condiviso un pezzo di questa storia, ramificata attraverso tante esperienze.

Folco Portinari, scrittore, ha esordito scherzando: «Sono qua invitato tra voi come un reperto archeologico, quasi una Venere di Milo con i baffi. Mi ricordo quando nacque il termine "slow food" che si contrapponeva al fatto che molti storici locali d'Italia erano diventati fast food. Carlo Petrini mi telefonò e mi chiese di scriverne il manifesto. Cosa che ho fatto, e poi, nel momento in cui si rendeva necessario trovare una definizione, mi venne in mente "movimento per il diritto al piacere". A Carlin piacque. Vent'anni fa eravamo meno stupidi di adesso».

Luciana Castellina, giornalista: «Slow Food ha vinto la prima battaglia, sta combattendo la seconda, è alle soglie di una terza fase. La prima era la critica all’inquietante modernità dell'industria alimentare, l'epoca in cui si arrivò a pensare che ci si sarebbe potuti nutrire di pillole. Slow Food ha imposto l'idea che l'atto del mangiare è spazio ritualizzato, è un connotato della collettività; questo messaggio si è imposto, le identità oggi si intrecciano e si esasperano. In questo contesto il cibo appare come la sola radice identitaria certa e non mistificabile, perché è anche contigua alla comunicazione culturale. La seconda battaglia in corso è con il business che sta intercettando la reazione alla macdonaldizzazione assoluta e tenta di recuperarla, introducendo cibi falsamente tipici. L'ambiguità è che si verifica una standardizzazione delle differenze, perché, se il cibo è sradicato dalla sua origine, non ha significato. Quel che conta è il contesto, la ricetta in sé non è niente, la pizza fuori contesto non ha piú senso. La terza battaglia, quella del futuro, riguarda il ruolo prezioso di Slow Food nel ricondurre il valore gastronomico alla terra, ai contadini, che riacquistano l'orgoglio dei loro saperi lenti. Terra Madre lacera il velo dell'ipocrisia di questa etnicità globalizzante. Per difendere i contadini, secondo Slow Food, bisogna costruire la rete. Ma il cibo non può essere considerato una merce come un'altra sul mercato globale, bisogna stabilire un'eccezione culturale per i prodotti dell'agricoltura».

Maria Grazia Mammuccini, presidente dell'Arsia Toscana: «Ripercorro venti anni di agricoltura visti attraverso la lente della Regione Toscana, che ha scelto di collaborare con la Fondazione Slow Food per la Biodiversità. La Toscana ha abbandonato il modello industriale in agricoltura negli anni '90 per puntare sulla qualità del prodotto e della società rurale. Il 96 per cento delle aziende agricole è a conduzione familiare, grandezza media 6 ettari e mezzo. Un tempo si sosteneva che per essere competitivi sul mercato bisognava ampliare le aziende e produrre con incentivi pubblici grandi quantità. Oggi, con la nuova Pac e il disaccoppiamento, questo tipo d’impresa sta crollando, mentre la sostenibilità e la qualità all'interno dell'azienda agricola sono oggi le leve della competitività. Gli agricoltori "industriali" sono diventati lavoratori per conto terzi, mentre i piccoli produttori a conduzione familiare sono divenuti i veri custodi del paesaggio e della biodiversità, anche culturale».

Stefano Masini, economista, responsabile del Settore Ambiente Coldiretti: «Negli anni in cui nacque Slow Food, la mia organizzazione era su posizioni molto diverse. La cosiddetta "bonomiana" si rapportava al mondo agricolo come un ingegnere cui si chieda di descrivere la basilica di San Pietro e che risponda elencando i metri cubi di travertino e di ferro che sono stati utilizzati per la costruzione. La metafora rende l'idea di come fosse riduttivo il modello industriale per l'agricoltura. Il piú grande danno fatto è stato di recidere il legame tra agricoltura e ambiente, tanto che Moravia arrivò a dire che “il contadino è nemico della natura”. L'altro fattore di squilibrio erano i sussidi, tanto che le imprese piú efficienti paradossalmente a volte venivano sconfitte sul mercato da chi era piú abile ad accaparrarsi gli incentivi pubblici. Oggi stiamo costruendo un nuovo modello di agricoltura, e anche un nuovo modello di politica agricola, che tenga conto del fatto che coltivare la terra deve voler dire anche mantenerla in buone condizioni. Un modo corretto di fare agricoltura ha ricadute positive su tutta la società».

Franco Carlini, giornalista: «Slow Food sta riscuotendo un meritato successo, ma si trova oggi a dover risolvere tre fondamentali contraddizioni, che riguardano anche la società piú in generale: la contrapposizione tra sistema e rete; tra identità e diversità; tra Nord e Sud del mondo. Slow Food vuole creare una rete tra le molteplici realtà che si occupano di cibo. Se si parla di rete, significa che è in crisi l'idea di sistema, ovvero l'idea di risolvere ogni problema con regole prefissate, ordine e razionalità. Si è visto però che la realtà è molto piú complicata, l'uomo non agisce solo in conseguenza della razionalità, ma anche dell'istinto, dei sentimenti, delle sensazioni fisiche contingenti; di conseguenza la rete pone dei problemi, può moltiplicarsi all'infinito e deve essere in qualche modo strutturata. L'altro problema riguarda il concetto di identità, che è un valore, ma non può essere immobile e tutelata come in un museo. Identità è un processo di costruzione che si basa anche sulla creazione di barriere, di affermazione delle differenze rispetto agli "altri". Bisogna rendere porose le barriere, le identità non devono restare immobili ma assorbire o cedere qualcosa all'esterno. La vitalità di una cultura è il cambiamento. Terza questione: gli interessi del Nord e del Sud del mondo sono spesso in conflitto. I contadini di Terra Madre, e lo dico con partecipazione e senza polemica, rischiano di essere nemici tra di loro, perché hanno interessi economici diversi».

Franco Cassano, sociologo: «La ragione del mio interesse per Slow Food nasce dal fatto che riflettere sul tempo è un modo per contestare il potere. Il concetto moderno dell'uso del tempo è legato al progresso, identificato come velocizzazione delle attività. Viviamo nel fondamentalismo della velocità, abbiamo il culto dell’"immacolata innovazione". Invece rallentare significa ri-guardare i luoghi nel senso di tornare a fermarci su di loro con lo sguardo e ad averne cura. Finché il consumo forsennato viene visto come unico fine della produzione, si ha un'idea banale della vita; bisogna rivalutare la sobrietà, che non è perdita di ricchezza, ma vuol dire dare il giusto valore alle cose. In questo senso Terra Madre, portando avanti il riconoscimento della cultura contadina, lavora contro le idee dominanti e mantiene dentro il nostro tempo i saperi vivi nel passato, che davano un senso alla presenza dell'uomo all'interno di un sistema cosmico che oggi non siamo piú in grado di interpretare».