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La primavera di sangue nel Bahrein

di Mazzetta - 09/10/2011

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di Mazzetta.

Uno dei paesi arabi nei quali la repressione della locale “primavera” è più sanguinosa è l'emirato del Bahrein. Protettorato inglese fino il 1971, ha avuto una costituzione fino al 1975, anno nel quale la famiglia reale degli al Khalifa si è stancata di lacci e laccioli e ha riportato il paese al medioevo di una monarchia assoluta.  All'avvento delle primavere arabe la monarchia si è trovata in difficoltà, perché a differenza degli altri emirati in Bahrein c'è una massiccia maggioranza sciita e perché, tolti gli sciiti e gli stranieri, l'élite e la minoranza sunnita su cui si fonda il potere dei Khalifa rimane poca cosa del già modesto numero di milione e duecentomila abitanti che conta l'arcipelago.

Le prime manifestazioni si sono svolte senza grossi problemi, con le folle che si radunavano intorno alla Piazza della Perla, dove svettava un monumento eretto dalla monarchia in occasione di un vertice della lega araba. Monumento orgoglio del sovrano e presto assurto a simbolo iconico del paese dopo la sua costruzione. La monarchia non ha però gradito la protesta e dopo aver subito alcuni giorni d'occupazione della piazza ha deciso di passare alle maniere forti mandando tutto quello che aveva contro i manifestanti e scatenando una vera e propria caccia all'uomo.

Uomo peraltro  indifeso e disarmato, non c'è traccia di sovversione armata in Bahrein e le proteste sono state sempre pacifiche prima del ricorso massiccio alla violenza da parte del governo. Si sono viste scene orrende, con persone inermi caricate e bastonate a sangue, ci sono stati molti morti e polizia ed esercito hanno arrestato anche i feriti che avevano cercato cure negli ospedali e gli stessi dottori che li avevano curati.

Il mondo non sembrò prenderla bene, Hillary Clinton disse che così non si fa e il re disse che avrebbe iniziato un grande dialogo nazionale sulle riforme da fare, promettendo clemenza per i manifestanti.

Poi successe qualcosa, tutti corsero ad attaccare la Libia e sulle primavere arabe nella Penisola Arabica calò il sipario. Non appena concluso l'evidente accordo tra sauditi e americani sulla maniera migliore di garantire gli interessi della conservazione nel maggior numero di paesi alleati puntando l'indice su pochi e selezionati cattivi, i Khalifa hanno ricevuto il soccorso di truppe saudite e polizia degli emirati e il dialogo è finito.

La monarchia si è lasciata andare a un crescendo che ha ricordato i periodi delle leggendarie purghe staliniane, una roba che non si vedeva da tempo, forse la prima del genere nel nuovo millennio. L'unico giornale più o meno indipendente è stato espropriato, editori e redattori hanno dovuto scusarsi per non aver controllato le criminali bugie che hanno pubblicato e così hanno scampato condanne durissime. A tutti gli altri è andata decisamente peggio.

Migliaia di persone sono state licenziate per aver simpatizzato per la protesta, il regime ha iniziato uno screening della popolazione sciita e molti sono stati condannati a pene draconiane. Già parecchie anche le condanne a morte, mentre il paese è stato diviso da check point che sono diventate delle vere e proprie gogne per gli sciiti. Uno dei pochi provvedimenti che ha destato (relativo) scandalo in Occidente è stata la condanna decine d'anni di carcere dei medici che avevano curato le vittime della repressione negli ospedale, i medici di tutto il mondo non l'hanno presa bene e stanno facendo pressione.

Pearl_Monument_Leveled_20110318Ma al regime non bastava, così il sovrano ha deciso di fare abbattere il monumento in piazza della Perla, perché era stato “profanato” dalla protesta. La sua immagine è stata anche rimossa dalle monete, ne deve essere cancellata la memoria. Non sono mancati altri orrori, perché come in ogni storia del genere che si rispetti c'è lo zio (più) cattivo che governa forse più del nipote e ci sono parenti bizzarri, come la “sceicca”, una giovane e determinata esponente della famiglia reale che si occupa della “sicurezza” del regno e si occupa di torturare personalmente le prigioniere infilando loro elettrodi nelle orecchie.

L'uso della tortura è generoso, contro i quartieri più sciiti ci sono state vere e proprie rappresaglie, le moschee degli sciiti sono state rase al suolo, i gas lacrimogeni sparati all'interno delle case, la gente sparisce per mesi senza che si sappia più niente, alcuni sono stati restituiti ai parenti orrendamente torturati, altri sono spariti e basta.

73057564-thousands-protesters Nonostante questo bel quadro al Khalifa si comporta e agisce come se fosse ancora ufficialmente dalla parte dei buoni, tanto che ha avuto la faccia tosta di ritirare (con i sauditi) il suo ambasciatore in Siria per protesta contro la brutale repressione del regime. In effetti il Bahrein è ancora nella lista dei buoni, ospita la base della Quinta Flotta e gli americani non fiatano, la monarchia fa quel che vuole e nessuno dice niente.

Solo gli iraniani hanno provato a dar loro solidarietà, sgradita. Gli sciiti del Bahrein non sopportano le ingerenze iraniane e non hanno l'Iran come modello, anche se la monarchia non ha esitato a denunciare l'esistenza di un complotto persiano che nessuna persona seria ha poi accreditato. Continua invece ad aver credito la monarchia, che non ha avuto problemi nemmeno dall'organizzazione della Formula Uno, che ha annullato il GP di quest'anno rimandando l'appuntamento all'anno prossimo senza far tanto rumore. Gli affari sono affari.

Resta sul campo una situazione nella quale la monarchia si sostiene solo grazie all'intervento di truppe straniere, che sono nel paese nel quadro di accordi del Consiglio di Cooperazione de Golfo che però non hanno alcuna legittimazione internazionale, trattandosi di un'associazione tra autocrati che realizza un patto di mutuo soccorso volto alla conservazione dell'esistente.

L'esistente è il Bahrein, è l'Arabia Saudita che gioca alla potenza regionale con l'aiuto degli americani e il sostanziale silenzio-assenso degli altri paesi occidentali, ma non è che il presente sia migliore negli altri emirati o nello Yemen, l'unica eccezione alla regola delle monarchie assoluta che vice nella Penisola.

A dieci anni dall'annuncio dell'esportazione della democrazia nei paesi arabi, l'Occidente e gli Stati Uniti sono saldamente dalla parte dei nemici della democrazia in quasi tutti i paesi arabi. Un fatto indubitabile, che insieme all'assenza quasi completa di critica contro questa evidente incoerenza, rende perfettamente la misura dello stato delle relazioni internazionali e della sensibilità delle opinioni pubbliche globalizzate.