Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il prezzo della vita di un minatore negli Usa

Il prezzo della vita di un minatore negli Usa

di Jeffrey St. Clair - 22/06/2006

 

Un esame dei registri della Mine Safety and Health Administration Usa rivela che, a partire dal 2002, questo ente ha sanzionato l’industria mineraria statunitense, in seguito ad incidenti mortali sul lavoro, con multe per un totale di 9,1 milioni di dollari. Ad oggi però è stato pagato meno del 30% dell’importo totale sanzionatorio

L’unica cosa più tristemente prevedibile della morte dei 12 sventurati minatori della miniera di carbone di Sago, nella West Virginia, avvenuta lo scorso 12 gennaio, è stata la prontezza con cui i responsabili dell’amministrazione Bush hanno strumentalizzato la tragedia – una tragedia che proprio loro hanno contribuito a causare.

Negli ultimi cinque anni, il Big Coal [le grandi compagnie di estrazione del carbone, NdT] ha beneficiato dell’indifferenza dimostrata dagli agenti di controllo di Washington nei confronti degli scempi compiuti nei monti Appalachi. Le conseguenze di questo lassismo da parte delle autorità sono evidenti: montagne deturpate, fiumi letteralmente seppelliti o inquinati; ma, soprattutto, centinaia di minatori feriti o uccisi da un’industria dispensata dalle più elementari normative inerenti la sicurezza sul lavoro e la tutela ambientale.

I minatori di Sago non godevano neppure di quel minimo di diritti garantiti dall’appartenenza ad un sindacato. Data la dilagante disoccupazione nella West Virginia, data la prospettiva del lavoro in miniera come unica possibile fonte di reddito per molti in questo Stato Usa, è difficile che qualcuno si sogni di azzardare richieste di delucidazione sui rischi del mestiere, o sulle misure di sicurezza adottate dalle compagnie del carbone. Le compagnie del Big Coal, in questa omertà, ci sguazzano alla grande.

Dall’inizio del mandato Bush ad oggi, si contano negli Usa più di 206 incidenti nelle miniere di carbone. Vi hanno perso la vita più di 230 minatori. A questo inquietante bilancio vanno ad aggiungersi centinaia di minatori che hanno riportato ferite più o meno gravi, e diverse migliaia afflitti da malattie croniche dell’apparato respiratorio, dovute a condizioni di lavoro del tutto precarie.

La miniera di Sago era una bomba ad orologeria. Nel solo 2005, la Mine Safety and Health Administration [MSHA – Amministrazione USA per la salute e la sicurezza nelle miniere, NdT] aveva inviato alla dirigenza di questa miniera ben 208 denunce per violazioni delle norme di sicurezza – dall’eccessiva quantità di monossido di carbonio altamente infiammabile fino ai cedimenti di soffitto.

La miniera di Sago deteneva già uno spaventoso record di incidenti. Nel 2004, a Sago, la percentuale di infortuni era del 15,90% su 200.000 ore lavorative – cifra quasi tre volte superiore rispetto alla media nazionale Usa (5,66%). L’anno scorso il macabro primato si è aggravato ulteriormente: nel 2005, Sago ha raggiunto il picco del 17,04% di infortuni, con almeno 14 minatori coinvolti.

Ma ai numeri e alle percentuali non hanno mai fatto seguito seri provvedimenti normativi. La maggior parte dei doli si sono risolti spesso in multe irrisorie da 60 dollari. L’ammontare totale delle varie penali a carico della miniera di Sago è di appena 24.000 dollari, spesa che i dirigenti della compagnia sembrano di gran lunga preferire rispetto agli onerosi costi di manutenzione di una miniera – malgrado questa versi in condizioni di sicurezza disastrose. Lo stesso scenario per la Jim Walters Resources – una compagnia mineraria dell’Alabama multata nel 2001 di soli 3.000 dollari per un incidente sul lavoro che ha provocato la morte di 15 minatori. Dunque, 230,76 dollari per ogni minatore morto. La compagnia in quell’anno aveva registrato un utile superiore ai 100 milioni di dollari. Altre compagnie hanno pagato anche meno di 200 dollari di multe per incidenti mortali legati alle violazioni delle norme di sicurezza.

La beffa ancora maggiore è che queste multe pro forma spesso le compagnie minerarie neppure le pagano. Un esame dei registri della Mine Safety and Health Administration rivela che, a partire dal 2002, questo ente ha sanzionato l’industria mineraria americana, in seguito ad incidenti mortali sul lavoro, con multe per un totale di 9,1 milioni di dollari. Ad oggi però è stato pagato meno del 30% dell’importo totale sanzionatorio.

Negli Usa, a una compagnia multata basta presentare ricorso per avere buone probabilità di vedersi ridotta la penale. Infatti, oltre 5,2 milioni di dollari di contravvenzioni sono stati ridotti a 2,5 milioni di dollari a seguito dei ricorsi in appello. Altri 2,2 milioni di dollari sono ancora da pagare per i ricorsi pendenti. Nell’elenco degli evasori dell’MSHA figurano più di 1,1 milione di dollari di multe insolute; e quasi tutte le miniere degli Stati Uniti sono ancora in piedi.

Sotto l’amministrazione Bush, al Big Coal è stato finora permesso di fare il buono e il cattivo tempo; pochissimi i controlli nell’industria del carbone. Persino all’indomani della tragedia di Sago sono mancate le richieste di audizione al Congresso, o sanzioni criminali contro i boss del settore e i capi miniera a loro servizio. Lo scandalo più grave è stato compiuto nell’ultimo atto di questa tragedia annunciata: allorché il monossido di carbonio aveva ormai raggiunto un livello pari a 1,300 parti per milione (più del triplo del massimo sostenibile), le famiglie dei minatori rimasti intrappolati sono state persino illuse dalla notizia, smentita nel giro di alcune ore, del salvataggio di dodici di loro.

Nemmeno i Democratici, dal canto loro, sono riusciti ad alleviare questa spaventosa situazione. Durante la campagna presidenziale del 2004, quando l’esito elettorale dipendeva dai risultati delle aree minerarie, John Kerry non tenne in conto l’Ohio dell’est e la West Virginia, le due contee su cui pesa il tasso di disoccupazione più alto di tutti gli Stati Uniti; proprio in quelle zone, Kerry è stato clamorosamente sconfitto da Bush.

Chiunque pensi di andare ad appendere un nastro nero in segno di lutto ai cancelli della Casa Bianca, deve appenderne uno anche davanti ad una delle residenze della coppia Kerry-Heinz: a nessuno dei due partiti è importato nulla della vita di quei minatori.


Jeffrey St. Clair, giornalista d’inchiesta, ha scritto diversi libri su tematiche politiche e ambientali. È co-autore con Alexander Cockburn de Il libro nero della polvere bianca – Droga: Trafficanti, CIA e stampa.

 


Fonte: Counterpunch
Traduzione a cura di Silvia Levato per Nuovi Mondi Media