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Calciamo via tarallucci e vino

di Massimo Fini - 22/06/2006


Dio non voglia che l’Italia
vinca i Mondiali.
Perché l’euforia nazionale
e collettiva che ne seguirebbe,
oltre a provocare una
rimozione psicologica, forse
anche comprensibile e umana,
ma non per questo meno deleteria,
dell’enorme marciume che
è saltato fuori in questi mesi e
che ha coinvolto tutti i settori
del nostro calcio, darebbe fiato
a chi già da ora pensa al solito
colpo di spugna, sportivo e
penale. È bastata una vittoria
sul modestissimo Ghana (che
ha un solo elemento di valore
internazionale, Essien, e due
buoni giocatori, Appiah e Kuffour,
il resto è zero) perché il
deputato di Forza Italia, Maurizio
Paniz, Presidente dello
“Juventus Club Montecitorio”,
ardisse evocare un provvedimento
di clemenza: «Se vincessimo
bisognerebbe valutare se
sarà opportuna o meno un’amnistia
nel mondo del calcio».
Anche un esponente di Alleanza
nazionale, e non un peone del
Parlamento, ma il capogruppo
alla Camera, Ignazio La Russa,
si è dimostrato possibilista:
«Aspettiamo di vincere e poi ne
parliamo. Certamente le amnistie
sono provvedimenti eccezionali
che si concedono solo
dopo il verificarsi di fatti altrettanto
straordinari. E la vittoria
di un Campionato del mondo è
uno di questi». Insomma, la vittoria
in un torneo “du frubal”
va messa,
(…) per Ignazio La Russa, sullo
stesso piano della guerra civile
che insanguinò l’Italia fra il
‘43 e il ‘46 e che diede luogo
all’amnistia dell’allora Guardasigilli,
Palmiro Togliatti,
«per pacificare la nazione».
L’Italia è il Paese degli “eventi
eccezionali” e delle “pacificazioni
nazionali”. Anche di Tangentopoli
si disse che era un
evento eccezionale e che quindi
necessitava di una pacificazione
nazionale, cioè i cittadini
onesti dovevano pacificarsi con
coloro che li avevano derubati.
E il neoministro della Giustizia,
Clemente Mastella, proponendo,
appena insediato, un’amnistia
e un indulto, ha richiamato
una sorta di pacificazione
nazionale fra quelli che stanno
in galera, si suppone per qualche
buon motivo, e chi ne è fuori.
A parte l’ovvio “no” del
ministro dello Sport, Giovanna
Melandri, le spudorate avances
di Paniz e La Russa (un classico
“ballon d’essai”) hanno
suscitato reazioni tutto sommato
deboli nel mondo politico,
fra pochi parlamentari, guarda
caso, romanisti. I più sono
rimasti zitti. E certamente
un’amnistia, dietro il paravento
di una vittoria o di un buon
comportamento ai Mondiali,
oltre a togliere dalle peste alcuni
personaggi inguardabili, salverebbe.
impedendo a importanti
club come la Juventus, il
Milan, la Fiorentina e altri di
finire in B o in C, gli enormi
interessi, economici, televisivi,
politici, che ruotano intorno al
mondo del calcio e che, però,
sono proprio all’origine, ben al
di là del “caso Moggi”, della
sua degenerazione, dello svuotamento
dei suoi contenuti
ideali, identitari, rituali, simbolici,
mitici, a favore esclusivamente
dello “Show & business”.
Ma se dopo aver dimostrato,
con l’affossamento e la delegittimazione
di “Mani Pulite” e il
varo di norme “ad hoc”, di non
essere in grado di richiamare
la classe dirigente, politica e
imprenditoriale, al rispetto della
legge, non fossimo nemmeno
capaci di far pulizia nel mondo
del pallone, vorrebbe proprio
dire che il nostro è, definitivamente,
il Paese dei “tarallucci
e vino”, che non ha nessuna
possibilità di rinascita, non
solo etica, ma anche economica.
E che la sua presenza nell’Unione
europea è più inquietante
dell’ingresso della Turchia.