Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Zucchine no oil

Zucchine no oil

di Andrea Ferrante* - 11/07/2006

 

II LMONDOAGRICOLOa volte è accusato di essere
luogo di conservazione. Non sempre
è vero. Il movimento del biologico
mette in discussione il
modello di sviluppo dell'agricoltura
mercantile
e agroindustriale basata
sulla massimizzazione
dello sfruttamento
delle risorse non rinnovabili,
che espelle il lavoro
di qualità e riduce il
contadino a elemento
di un modello tecnologico
deciso da altri.
Consumare meno risorse
per produrre meglio
è l'assunto di partenza:
il principio base,
su cui si fonda il metodo
è l'aumento della sostanza
organica nel terreno,
non la massimizzazione
della produzione
per ettaro. Non solo:
il principale motivo per
cui sono vietati i concimi
azotati è l’eccessivo
consumo di energia necessario
per produrli,
tre tonnellate di petrolio
per una tonnellata di
concime azotato.
Oggi viene riconosciuta
validità alle nostre
teorie perché si produce troppo, e il biologico
è diventato anche, per alcuni, una
moda di consumo. Ma non ci interessa il
«biologico a residuo zero», che invece di far
lavorare la natura e aumentare la sostanza
organica, semplicemente sostituisce un fertilizzante
chimico con uno naturale.
A interessarci è il rapporto fra uomo e
natura. Siamo felici del nostro lavoro perché
lavoriamo con la terra. Spesso è lei che lavora
per noi. Valorizziamo le specificità di
ogni contesto e, udite udite, riduciamo il Pil
nazionale, poiché consumiamo molti meno
prodotti: concimi, diserbanti, pesticidi,
carburanti. Così aumenta l’impiego del fattore
lavoro, ma ciò garantisce la possibilità
di creare più occupazione stabile.
In agricoltura biologica non ci sono costi
occulti: si abbattono alcune spese che l’agricoltura
l’agricoltura
convenzionale determina e scarica
sulla collettività. Un esempio? La zootecnia
biologica: non costruiamo orribili capannoni
che si trasformano
in lager per animali,
e non dobbiamo
smaltire quantità infinite
di liquami.
Per noi un elemento
essenziale è la difesa
della biodiversità. Per
quella agricola sono
fondamentali le varietà
che si sono più adattate
al singolo territorio e
sono in grado di «sfruttare
» al meglio il complesso
di relazioni fra
suolo, microclima e tradizioni
culturali, che sono
espressioni uniche
dei territori. Così scopriamo
che la biodiversità
non è una preoccupazione
dei conservazionisti,
ma è la base di
un modello di produzione
irripetibile che
ridà dignità culturale a
chi coltiva.
Regalarci il letame,
passarci le sementi,
non dare un valore monetario
agli scambi sono
elementi della tradizione
rurale ripresi dal nostro movimento.
Chi produce e chi consuma è parte di un
tutto. E allora dobbiamo iniziare a capire
che se vogliamo le zucchine in inverno non
possiamo pretendere che il consumo di
energia per produrlo sia sostenibile. Dare
importanza alla stagionalità delle produzione,
al luogo di produzione, a quante mani
hanno manipolato quel prodotto, sono
fattori essenziali per scegliere quale modello
di produzione ci deve essere a monte.
A volte si sottovaluta che l’altra economia
è una realtà che trova applicazione nelle
nostre campagne. La decrescita per noi è
il metodo di interpretare un modello di produzione
e consumo che sia sostenibile ecologicamente,
economicamente e socialmente.
E le migliaia di aziende bio sono lì a
dimostrarlo.

*presidente di Aiab