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Il paradosso dell’ideologia occidentale

di Alberto Lodi - 30/04/2012


C’è una parola maledetta, tra le tante che lo sono, nel mondo occidentale: ed è la parola “ideologia”. In special modo dal crollo dell’Unione Sovietica in poi, si è innestata sull’idea della storia come progresso l’ulteriore convinzione che il vero progresso risieda nel liberalismo, e i nefandi totalitarismi siano ormai “anacronistici” (“Ma nel 2012 c’è ancora gente che sostiene cose del genere?” – argomento filosofico davvero inoppugnabile). Un testo come “The end of the history and the last man” di Francis Fukuyama è stato l’espressione massima di questo Zeitgeist: il liberalismo trionferà ovunque; esso è il coronamento – pur abbastanza squallido, secondo il nietzscheano Fukuyama – della storia universale.
E così ci si accusa a vicenda di “fare ideologia”, “essere ideologici”, e non, come invece si dovrebbe essere, “pragmatici”. Inutile ribattere che il presunto “pragmatismo” di per sé non dice niente di ciò che dovremmo fare, dato che può esistere un pragmatismo liberale, come uno comunista o nazista; bisogna essere pragmatici, perché “le ideologie sono un parto del secolo scorso, secolo di stermini ed orrori”.
Leggiamo dal dizionario: “ideologia [i-de-o-lo-gì-a] s.f. Complesso di idee e di finalità che costituiscono la ragione d’essere e il programma di un movimento politico, di un partito ecc.”. Niente di criminale, dunque, secondo il dizionario. Nel mondo occidentale, quello che si definisce come “civile”, dove i diritti vengono “rispettati”, di ideologie non ce ne sono più. Questo può significare una sola cosa: che esiste un’unica ideologia che, per distinguersi dalle altre, si definisce “non ideologica”. Di più: essa si definisce “pragmatica”, proprio perché si dà per scontato che essa costituisca l’unica vera posizione politica, sociale, culturale possibile. Non concepisce l’esistenza di altri ordini di idee, e così le persone che vivono sotto il suo giogo; l’idea, un po’ alla Beppe Grillo, che ha trovato terreno fertile in Italia, è che non sia importante il fatto che un partito sia collocato a destra o a sinistra, ma che “le cose funzionino”. Evidentemente “come” debbano funzionare, resta un mistero. Ma intanto idee del genere aprono la strada alla tecnocrazia.
Come definire, in ogni caso, quest’ideologia? Liberalismo? Nemmeno per sogno. Il liberalismo, se fosse veramente tale (cioè se concedesse davvero la libertà e non si curasse di sancire quali opinioni siano o meno legittime) sarebbe di gran lunga preferibile all’ideologia che domina il mondo occidentale: e questa è per l’appunto l’ideologia occidentale, che pur proclamandosi anti-ideologica, è l’ideologia più omnipervasiva che sia mai esistita, tanto da condizionare ogni ambito dell’esistenza in ogni momento. Ma facciamo un esempio molto banale, riguardo alla politica. Un tempo, quando non esisteva la televisione, le tribune politiche si svolgevano dal vivo, ed in questo modo erano dei veri e propri confronti alla pari, nel limite del possibile; e questo valeva anche per chi avesse rappresentato posizioni più o meno scomode o estreme. Oggi, se un esponente di un partito realmente ostile allo status quo andasse in televisione, ad un talk show, non si troverebbe in territorio neutrale, ma propriamente in campo nemico, quindi sarebbe naturale che lo si attaccasse o lo si facesse passare per pazzo.
Nei Paesi che a loro tempo furono “totalitari”, quindi “ideologici” per eccellenza, l’individuo conservava comunque una sua dimensione privata, in cui poteva, nella sua coscienza, opporsi allo stato di cose; oggi non è più così, poiché nel mondo occidentale l’ideologia é radicata fino alla follia, tanto che persino chi ne è vittima talvolta la difende in modo fanatico.
Naturalmente, se uno volesse davvero capire cosa si cela dietro le idiozie che ci propinano spacciandole per “cultura” o “informazione”, scoprirebbe un fatto molto semplice, cioè che questa società non è altro che un puzzle in cui tutto combacia perfettamente ed ogni pezzo ha una ragione per stare dove sta, e se la necessità dicesse che le cose devono stare diversamente chi di dovere si adeguerebbe senza esitare un attimo.
Diranno: qui nessuno ti obbliga a fare niente, puoi vestirti come ti pare, uscire dove ti pare con chi ti pare… Questo è un ragionamento compiuto nell’astrattezza più assoluta, e non tiene conto del materiale umano e del contesto sociale. In astratto si può fare qualunque cosa. Nel concreto ci si fa indottrinare dagli urlatori dei talk show in televisione, e si chiama questa libertà.