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Ma le verità della scienza sono provvisorie

di Giovanni Reale - 05/07/2012




Ciò che ho letto sui giornali in questi giorni mi ha lasciato, a dir poco, stupefatto. E non per l'evento comunicato, ossia la presunta scoperta di quella che si chiama «la Particella di Dio», ma per il modo in cui la notizia è stata comunicata e diffusa.

Si ha l'impressione che non pochi scienziati e gran parte degli uomini comuni siano rimasti inchiodati all'idea ottocentesca e del primo Novecento, secondo cui la scienza raggiunge verità ultimative e incontrovertibili. Ma l'epistemologia ha dimostrato il contrario, ossia che ciò che la scienza dice si colloca all'interno di «paradigmi», tutti quanti controvertibili con le conseguenze che questo comporta. Non poche volte alcune affermazioni della scienza, nell'evoluzione delle conoscenza, si sono capovolte nel loro contrario.
Popper ha dimostrato in modo preciso che ogni teoria scientifica è tale solo se — e nella misura in cui — risulta «falsificabile», ossia controvertibile. Una verità presentata come infalsificabile sarebbe, per definizione, non scientifica.
Se non si tiene ben presente questo, si trasforma la scienza in «scientismo», ossia se ne fa un idolo considerandola fonte di ipotesi, ossia di affermazioni modificabili, ma di verità assolute.
Molte dottrine cosmologiche sono, in realtà, forme di metafisica, trasfigurate e rivestite di simboli assai allettanti ma in realtà assai fragili.
L'antico problema da cui è nata la metafisica è proprio quello cui si connette la nuova «scoperta»: perché c'è l'essere e non il nulla. Ma questo problema non può essere affrontato da alcuna delle scienze particolari in quanto trascende i loro ambiti, e richiede ben altri strumenti per essere impostato e discusso, e in qualche modo risolto, o anche lasciato in sospeso.
La stessa espressione «Particella di Dio» rivela una tracotanza che alcuni scienziati hanno espresso senza mezzi termini, ossia la convinzione di essere, in qualche modo, mediante i nuovi strumenti di conoscenza, essi stessi Dio.
Mi viene in mente, a questo proposito, un'idea assai significativa, che mi pare di aver letto in Goethe: la verità, soprattutto se si tratta di una verità suprema, ha questo di caratteristico, di essere più grande di qualsiasi pensiero e di qualunque parola di uomo.