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I piani dell’Europa per il Vicino Oriente

di Michele Altamura - 24/07/2006

La crisi israelo-libanese comincia ad assumere i tratti di una vera guerra pilotata e strumentalizzata dalle potenze occidentali. Il modus operandi, l’atteggiamento dei media e della stessa comunità internazionale sono gli stessi del conflitto balcanico e della guerra nel Golfo, e probabilmente avrà anche lo stesso impatto sulla politica economica e energetica mondiale.
Dinanzi a un conflitto apparentemente senza senso, né motivazione alcuna, gli Stati dell’ONU premono per l’invio di un contingente di pace, mentre l’Unione Europa ripropone il progetto Euromed, al fine di accelerare le trattative per la creazione di un’area di libero scambio nel Mediterraneo. Nato con la Dichiarazione di Barcellona nel 1995, Euromed si propone la realizzazione di una politica di liberalizzazione degli scambi con i paesi del Mediterraneo meridionale: Algeria, Cipro, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Malta, Marocco, le Autorità della Palestina, Siria, Tunisia e Turchia. Il suo obiettivo dunque è la “realizzazione rapida” della “roadmap’ Ue e Onu, o ancora di un’integrazione regionale che vuole essere soprattutto commerciale, per poi estendersi al campo economico e energetico, con i paesi dell’Africa settentrionale, ora maggiori esportatori di idrocarburi nel Mediterraneo e del Vicino Oriente.
Per far questo l’Ecofin si fa promotrice della creazione di una Banca Euromediterranea a capitale privato e pubblico, per poter finanziare le infrastrutture che porteranno allo scambio tra quest’area geopolitica con l’Europa continentale, passando attraverso l’Italia e i Balcani, interfaccia per eccellenza del mare nostrum.
Il ruolo centrale dell’Italia è stato infatti confermato, oltre da un’elevata percentuale di interscambi con i paesi dell’Euromed - il 20% rappresenta la percentuale più alta in Europa - dagli incontri tenuti a Milano tra imprenditori e banche che hanno confermato l’intenzione di un ravvicinamento con il Vicino Oriente e l’Africa del Nord. Unicredit e San Paolo sono disponibili a finanziare il progetto, augurandosi, come la stessa Emma Bonino ha confermato, che presto la Banca Euromediterranea passi ad essere controllata interamente da privati, accanto poi ad iniziative, come quelle della Camera di Commercio di Milano, atte a creare fondi misti per finanziare grandi infrastrutture per l’energia.
La costruzione di gasdotti, rigassificatori, collegati a centrali termoelettriche a ciclo combinato sono le principali infrastrutture su cui si intende puntare ora che il gas naturale rappresenta la fonte di energia strategica in questa particolare congiuntura di transizione.
Da un sistema economico basato sul petrolio, si sta passando ad uno centrato sul gas che costituisce ora la risorsa scarsa più duttile anche se non rappresenta il futuro, bensì uno strumento per controllare delle regioni geopolitiche in un determinato arco di anni.
Chi detiene il controllo della reti e delle strutture di distribuzione, oltre che di quelle di estrazione, è la Russia che sta entrando nel mercato ucraino e in quello italiano, dopo aver invaso l’area balcanica.
Per quanto riguarda l’Italia, l’ingresso di Gazprom è stato predisposto dal Decreto Bersani (n.5/2006 ), incentivato da Di Pietro che vigila affinchè l’Eni dismetta la proprietà di Snam e Finam, e firmato da Prodi, nonostante le perplessità di Scaroni. La liberalizzazione del mercato energetico è stato chiesta a gran voce dall’Autority e dalle associazioni dei consumatori, oltre che esortata dalle banche d’affari e dagli uomini politici al loro servizio.
La classe politica ora al governo ha ben studiato tecnicamente ogni mossa, perché ha schierati al suo fianco il potere giudiziario e l’appoggio dei giornali che assecondano le campagne pro liberalizzazione. Le sagge decisioni di Prodi saranno inoltre confermate e sostenute dal superamento della crisi energetica invernale, dato che, in piena estate, il governo russo ha già accennato al problema del freddo in Siberia come causa dell’intaccamento delle riserve di gas dell’Ucraina.
Ora che le risorse sono diventate sempre più scarse e i problemi energetici sempre più incidenti sull’inflazione e le bollette di famiglie e imprese, l’Europa ha un enorme bisogno del gas russo, che sarà presto anche abbondante e sufficiente per tutti con l’inizio dello sfruttamento del giacimento dello Shtokman. L’Euromed rappresenta in tutto questo lo strumento “politico e tecnico” che porterà le risorse dei paesi del Mediterraneo e del Vicino Oriente in Europa. Lo stato di guerra diventa così il presupposto necessario per consentire l’incursione delle forze di pace che possano così destabilizzare gli attuali governi e monitorare dall’interno la situazione, e poter più agevolmente impiantare strutture per il trasposto e la trasformazione di petrolio e gas.
La guerra al Libano, è la guerra all’accaparramento dell’acqua, ma è anche la guerra per i gasdotti che devono attraversare quei territori, è la guerra voluta dalle lobbies dell’Unione Europea. Quello che potrebbe sembrare un campo di scontro fra due superpotenze, quali la Russia e gli Stati Uniti come negli della Guerra Fredda, è un conflitto voluto da tutti i paesi, dalla Francia, dall’Italia, dalla Germania e dall’Inghilterra. Stati nemici e Stati amici lucreranno sulla guerra per sopravvivere come parassiti.
In tutto questo, l’unico paese ad aver capito il gioco sporco che avrebbero fatto alle spalle dei popoli della Mesopotamia è stato proprio l’Iran, che andando contro ad ogni aspettativa ha deciso di produrre energia nucleare, onde affermare già nel presente una risorsa che gli avrebbe garantito il potere nel futuro.
La Russia, a poche ore dall’attacco di Israele, ritira il proprio supporto in caso di sanzioni per il mancato rispetto della risoluzione contro l’Iran, proprio perché ora come ora, non ha alcun interesse a fare da ago della bilancia per impedire un conflitto nel Vicino Oriente, che potrebbe senz’altro consentirle la realizzazione dei suoi interessi.