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L'Asean condanna Israele

di Francesca Lancini - 26/07/2006

Dieci paesi dell'Asia accusano Israele di uso eccessivo della forza in Libano. Centinaia gli asiatici in fuga
Dieci Paesi dell’Asia contro le azioni di guerra di Israele. Lo si legge in un comunicato dell’Associazione dei Paesi del Sud Est Asiatico (Association of South East Asian Nations, ASEAN) che hanno iniziato lunedì l’annuale meeting in Malesia: secondo i rispettivi ministri degli Esteri, Israele ha fatto un uso della forza “sproporzionato, indiscriminato ed eccessivo” sia in Libano sia nei territori palestinesi. Ha ribadito il concetto il primo ministro malese, Abdullah Ahmad Badawi, presidente di turno del summit e anche dell’Organizzazione della Conferenza Islamica: “Non dovremmo tollerare le rappresaglie eccessive dell’esercito di Israele”, ha detto il premier secondo il quale i recenti sviluppi sono una minaccia alla pace internazionale.
  Summit dell'ASEAN
Migranti in fuga. Parole dure in attesa dell’arrivo giovedì prossimo a Kuala Lumpur del segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, dopo la sua visita nel travagliato Medio Oriente e a Roma. I leader dell’ASEAN, checomprende il Paese musulmano più popoloso al mondo, l’Indonesia, hanno chiesto un cessate il fuoco immediato fra Libano e Israele, senza tuttavia condannare le azioni degli hizbollah.
La crisi in Medio Oriente, intanto, sta coinvolgendo migliaia di espatriati asiatici, che in Libano fanno per lo più gli operai, i muratori o i domestici. La comunità straniera più numerosa è costituita da oltre 90mila srilanchesi, seguono 30mila filippini, 12mila indiani e altre migliaia di bengalesi e nepalesi. Molti stanno cercando di lasciare Beirut e il sud del Libano, nonostante le strade distrutte e il rischio di bombardamenti.
 
Srilankesi di ritorno nell'aeroporto di ColomboIntrappolate nel sud. “Cerchiamo di andarcene, ma i datori di lavoro non ce lo permettono. Siamo davvero terrorizzate”, ha detto alla Bbc Padma, che fa parte di un gruppo di cameriere srilanchesi intrappolate in una cittadina meridionale del Libano. “Non vogliono darci i passaporti – continua la ragazza – vogliono che continuo a lavorare qui e non mi pagheranno ciò che mi spetta se me ne vado ora. Ho lavorato per un anno e mezzo, ma ho ricevuto solo la paga di tre mesi”. Il ministro cingalese Athauda Senevirathne dice che si tratta di casi isolati, ma che le cameriere potranno rifugiarsi nell’ambasciata di Beirut ed essere poi rimpatriate anche senza documenti. Il problema, però, è raggiungere la capitale libanese, a causa delle condizioni disastrate delle strade e dei bombardamenti che prendono di mira mezzi di trasporto come i camion. 
Circa 300 srilanchesi hanno già lasciato il Paese mediorientale, ma altri 800 partiranno nei prossimi giorni. Gli indiani fuggiti sono invece 1500, mentre altri 300 attendono di essere portati via dalle navi di Nuova Delhi che si trovano nelle acque internazionali vicino a Beirut. Non è chiaro quale sarà il destino degli altri migranti asiatici, diversi dei quali da oltre vent’anni vivono in Libano e che non volevano un’altra guerra.