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Elezioni europee: abbiamo già dato

di Marino Badiale - 08/01/2014

Fonte: il-main-stream


Si avvicinano le elezioni europee e si moltiplicano le iniziative della sinistra doc per formare una lista elettorale. Di alcune di queste iniziative ha già riferito Leonardo Mazzei.
I lettori possono immaginare la nostra opinione a riguardo: si tratta di iniziative meramente  elettorali basate sul nulla. Il nulla in questione è l'idea di una Europa democratica, solidale, antiliberista. Un'idea priva di qualsiasi fondamento nella realtà contemporanea, di qualsiasi prospettiva concreta. L'unico risultato che questo tipo di iniziative possono ottenere, indipendentemente dalla coscienza che ne hanno militanti ed elettori, è quello di tenere a bada alcune fasce sociali che senza le ninna-nanne di sinistra potrebbero magari svegliarsi e ribellarsi. E' tutto ciò che, nei decenni passati, ha realmente fatto la sinistra radicale in Italia.
Un buon modo per rendersi conto di tutto ciò è l'esame del vuoto intellettuale che sta dietro a questo tipo di posizioni. Un esempio fra i tanti è  questo appello pubblicato sulla rivista “alfabeta2”.
Fin dalla prima lettura appare un dato macroscopico: in un appello dedicato all'Europa, ai suoi problemi, alle future elezioni, non compaiono mai le espressioni “Unione Europea” ed “euro”. Al massimo si arriva a parlare di “Unione”, ma di UE no, l'autore proprio non ce la fa. E non si tratta di un lapsus, ovviamente. Ma di una precisa scelta di lettura della realtà. Tale scelta la si capisce bene se si guarda alla ricostruzione del passato fatta dall'autore. Egli nota come l'attacco ai diritti e alla democrazia sia stato acuito dalla crisi economica degli ultimi anni, e sottolinea come l'attuale "Europa" (ma intende la UE, ovviamente) si contrapponga alle linee ispiratrici europee del trentennio 1950-fine anni Settanta, “quando la politica aveva cercato di democratizzare il capitalismo.” S'impone allora la domanda: cos'è successo fra la fine degli anni Settanta e il 2007/08, quando inizia la crisi attuale? La risposta a questa domanda cruciale è che nei “maledetti trent'anni successivi” si impone il “neoliberismo” che attacca la democrazia sostanziale. È un punto davvero centrale, e occorre sottolinearlo, perché è in passaggi come questi che sta tutta la differenza fra una analisi intellettualmente rigorosa e la fuffa. Una fuffa nella quale naturalmente si può citare la “baumaniana modernità liquida”, oppure la “jüngeriana mobilitazione totale”, oppure il “meta-nichilismo implicito nel tecno-capitalismo”: tutti ingredienti che servono a insaporire il nulla. Parlar male del “capitalismo” o del “neoliberismo” fa fine e non impegna. Il punto, se si è seri, è capire che “capitalismo” e “neoliberismo” sono astrazioni, e quello che succede nella realtà di un Paese, di una società, non consiste nel fatto che a un certo punto arriva il signor Neoliberismo e toglie le pensioni. Succede che i ceti dirigenti fanno determinate scelte politiche, economiche, istituzionali che hanno determinate conseguenze sulla vita delle persone concrete, e il cui insieme configura una linea di tendenza che chiamiamo, perché no?, “neoliberismo”. Ma è di queste scelte, di queste costruzioni istituzionali che bisogna parlare, se si vuole attaccare il “neoliberismo” nella sua realtà effettuale. Qual è allora la vera risposta alla domanda fondamentale che abbiamo sopra enunciata? Cosa succede in Europa fra la fine degli anni Settanta e la crisi del 2007/08? Succede che le oligarchie europee decidono, fra le altre cose, la creazione dell'Unione Europea e più tardi dell'euro, e in questo modo realizzano appunto quel passaggio al neoliberismo che Demichelis astrattamente deplora. La conseguenza di questa semplice verità è, ovviamente, che la "lotta contro il neoliberismo" non può che essere (anche) la lotta contro UE ed euro. E allora dovrebbe essere chiaro, a questo punto, perché Demichelis dimentichi di nominare UE ed euro e la loro creazione: perché egli è un buon rappresentante di quella sinistra che, radicale a parole, non può e non vuole rompere i ponti con le oligarchie europee, nella loro versione “di sinistra”, e quindi non vuole e non può mettere in questione euro e UE. 
Chi critica il neoliberismo e i suoi guasti nei paesi europei ma non nomina né l'UE né l'euro sta semplicemente friggendo l'aria. E se lo scopo di questa frittura è la proposta di una lista per le elezioni, sappiamo già in anticipo a cosa tutto questo porterà: a qualche ammucchiata di declamatori che produrranno un po' di discorsi radicali seduti sui loro scranni parlamentari. Che è stato, concretamente, il ruolo della “sinistra radicale”, annessi e connessi, nei due decenni in cui è esistita. Non c'è davvero niente da aggiungere a quanto abbiamo scritto più volte in questo blog e altrove. Abbiamo già dato.