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Assad sta vincendo e non cederà il potere

di Vali Nasr - 22/01/2014



«È inevitabile che l’Iran abbia una parte a Ginevra. Magari all’inizio sarà poco visibile ma, più prima che poi, il ruolo diverrà ufficiale. È solo questione di tempo. Se si vuole risolvere la crisi siriana, bisogna accettare che il peso di Teheran è determinante; è superiore persino a quello di Mosca ». Vali Nasr, consulente del Dipartimento di Stato, esperto di mondo islamico alla Brookings, autore de La rivincita sciita, non a caso è tutto preso a fare la spola fra Davos e Ginevra dove s’alternano ricchi e potenti assieme a sciami di delegati iraniani. Nel viavai di elicotteri dal Forum economico a quello diplomatico, gli emissari di Teheran da un lato combinano affari, incassando il premio dell’accordo nucleare con gli Usa sotto forma di investimenti; dall’altro osservano dietro le quinte la partenza a singhiozzo della Conferenza di pace per la Siria.
Professore Nasr, l’Iran è tanto centrale da oscurare, nientemeno, la Russia?
«Il motivo è semplice: senza l’Iran, il presidente siriano Bashar al Assad non sarebbe più al potere. La Repubblica islamica è il suo più importante e potente sostenitore. Se non fosse per i finanziamenti in arrivo da Teheran, per il contributo alle forze di combattimento sul campo, per il supporto logistico, il regime di Damasco non avrebbe retto. Il punto è questo: Teheran è il motivo per il quale Assad è sopravvissuto».
Il peso diplomatico di Mosca al Consiglio di sicurezza non vale altrettanto?
«Certo, che vale: il Cremlino non abbandonerà il rais, e continuerà ad appoggiarlo finché lui è al potere. Però, questo non basta a garantirgli la tenuta. Serve il pilastro essenziale dell’Iran. Per questo a Ginevra non può esserci accordo in sua assenza. Del resto, la pace dev’essere trattata fra rivali: al tavolo devono sedere il governo siriano coi suoi sosteni-tori, e l’opposizione con i propri ».
Lei cosa s’aspetta dalla Conferenza?
«Un risultato modesto. Il meglio che ci si possa aspettare è che si arrivi a un consenso internazionale riguardo a un cessate-ilfuoco. Ma s’illude chi spera in un governo di transizione in Siria».
Perché tanto pessimismo?
«Le rigiro la domanda: perché Assad dovrebbe cedere il potere? Sta vincendo sul terreno, è saldo in sella al potere, che interesse avrebbe nel farsi da parte? E poi, c’è un secondo quesito fondamentale: a chi passerebbe il governo del Paese? Manca platealmente un interlocutore: l’opposizione che si presenta al tavolo è un’armata Brancaleone; non rappresenta nemmeno le formazioni armate sul campo, e tantomeno il popolo siriano. Questo è chiaro a chiunque: la transizione non si farà».
È chiaro anche a Washington?
«Sì, infatti il linguaggio della Casa Bianca è cambiato. C’è una sorta di epifania politica a Washington ad Ankara a Londra: è la graduale consapevolezza della comunità internazionale d’avere costruito la politica estera su un calcolo sbagliato, l’assunto che Assad cadesse entro pochi mesi. Ora ciascuno riformula le proprie posizioni: la Turchia s’è messa da sola all’angolo, si ritrova con schiere di jihadisti e di profughi, e la prospettiva di un governo ba’athista a Damasco per chissà quanto. Infatti, anche lei ricorre a Teheran in cerca d’aiuto.
«Mi segua ancora: c’è poi la questione delle armi chimiche: l’America è soddisfatta dell’accordo con la Siria per la distruzione dell’arsenale. Questo fa di Assad, nei fatti, un partner: senza la sua collaborazione, salterebbe il progetto. Ora la Casa Bianca vuole un accordo nucleare con l’Iran. Ecco il vero proposito di Washington».
Lei sta dicendo che la pace è marginale?
«Dico che al di là della retorica del vertice, le aspettative sono molto limitate. Un buon risultato sarebbe quello di arginare la guerra, impedire che sfugga al controllo. La verità è che l’America non è impegnata a raggiungere un successo diplomatico a Ginevra: per convincere Assad a mollare, dovrebbe schierare truppe in Siria, e questo non lo farà».
Se a suo avviso Assad non cederà, né esiste una controparte, chi imporrà una tregua?
«Già, così si torna al punto di partenza. Bisognerebbe negoziare direttamente con Assad, e questo è escluso. In più, Russia e America, Iran e Arabia Saudita sono su posizioni troppo distanti. Oggi s’inaugura Ginevra II, ma se prevalgono queste condizioni non si arriverà da nessuna parte».