Crimea e dintorni: oltre le semplificazioni mediatiche
di Mario Forgione - 05/03/2014
Fonte: millennivm

Le semplificazioni mediatiche di questi giorni convulsi sulla crisi in Crimea lasciano aperto più di un interrogativo sulla consistenza delle argomentazioni che vengono offerte per suffragare questa o quella opinione. Prima di procedere ad una ricognizione delle posizioni che si contendono il campo sugli sviluppi degli ultimi giorni riguardanti l’Ucraina e la Crimea, occorre procedere ad una puntuale e necessaria analisi storica per espungere dall’analisi geopolitica della vicenda ogni valutazione strumentale e destituita di fondamento.
Gli antecedenti storici
La Crimea, dal punto di vista squisitamente geografico, è una penisola posta sulla costa settentrionale del Mar Nero che, proprio per la posizione geografica occupata, ne fa un porto di enorme importanza strategica per il controllo delle rotte commerciali con gli stati del Mediterraneo e per la sicurezza militare dell’area.
Dal punto di vista storico – archeologico, la Crimea vanta il possesso di importanti siti archeologici come quello di Buran Kaya, dove nel 1990 è stato scoperto un sito con una stratigrafia non riscontrabile se non in quest’area del Sud est dell’Europa. Inoltre, una delle città più importanti, Sebastopoli, altro non è che l’antica Chersonesos fondata dai greci nel V Sec. A.C.
L’unicità della Crimea deriva anche dal fatto che questo lembo di terra è stato il punto di incontro e scontro di numerose popolazioni che si sono succedute nel corso della storia. Si pensi, a titolo esemplificativo, al passaggio di Ostrogoti, Unni e ai contatti che questi ultimi hanno avuto con la civiltà bizantina.
Successivamente, la Crimea è stata al centro della cosiddetta “Via della Seta” divenendo un snodo commerciale di importanza fondamentale per i traffici economici dell’Europa con l’Asia. Infatti, le Repubbliche Marinare di Genova, Venezia e Pisa stabiliscono proprio in Crimea le loro basi commerciali e militari. Si pensi, per avere una percezione esatta dell’importanza strategica di questa penisola, alla costruzione ad opera dei veneziani della fortezza di Sudak. Ancora, si pensi al controllo dei genovesi dell’intera costa da Sebastopoli sino a Matrega sul Mare d’Azov dove questi ultimi subirono un violento assedio da parte dei Mongoli negli anni 1346 – 1437.
Nel 1441, la Crimea viene occupata dai turcomanni di Tamerlano e trasformata in un governatorato ottomano denominato Khanato indipendente di Crimea. Nel 1475, infatti, vengono acquisite da parte di Gedik Pascià anche le basi militari e commerciali costruite dai genovesi.
La Crimea assume una importanza centrale nel XVIII Sec. Infatti, nel 1762 diviene Imperatrice di tutte le Russie Caterina II e la Russia consolida la propria vocazione imperiale. Caterina II, secondo l’unanime giudizio degli storici, si caratterizza per la vivace intelligenza in fatto di questioni militari e amministrative. In tal senso, la storiografia russa parla di “sovrano illuminato.” Tuttavia, questa dicitura deriva dalle letture e dagli interessi artistici di Caterina II che ne fanno in breve tempo una paladina delle idee illuministe predicate da Voltaire e ampiamente diffuse nei circoli aristocratici della Russia del tempo. In verità, la Commissione Legislativa istituita nel 1766 per ammodernare il sistema amministrativo dell’Impero Russo in base alle idee di Montesquieu e Beccaria (l’Imperatrice divora le due opere per eccellenza dell’illuminismo politico: Lo spirito delle leggi e Dei delitti e delle pene) si conclude con un nulla di fatto perché Caterina II professa un illuminismo che si sostanzia in mera erudizione. Infatti, sotto l’incedere della Rivoluzione francese del 1789 l’Imperatrice intuisce il pericolo che le idee illuministe e giacobine possono comportare per la tradizione russa e imprime una forte sterzata reazionaria sia in politica interna che in politica estera.
Sotto il versante della politica estera, l’azione di Caterina II non può che essere apprezzata per la lucidità strategica e la capacità di intuire la dinamica geopolitica del tempo. L’Imperatrice, infatti, riesce a volgere a proprio favore le frizioni con l’Impero Ottomano per l’accesso all’importante sbocco sul Mar Nero costituito dalla penisola di Crimea. In verità, l’obiettivo di Caterina II è quello di creare delle basi strategiche per espandere l’influenza dell’Impero Russo verso il naturale confine meridionale occupato dall’Orda d’Oro dei mongoli nel XIII Sec.
L’origine della guerra russo – turca degli anni 1768 – 1774, infatti, deve essere individuata nell’ingerenza turca per la questione polacca. Caterina II, infatti, nel 1766 impone al governo polacco del sovrano Stanislao Poniatowski di concedere eguali diritti alla minoranza ortodossa presente sul posto e questo infiamma l’orgoglio polacco dando vita ad una vera e propria guerra civile. La risposta alle riforme di Re Stanislao è violenta: alcuni nobili polacchi contrari alle riforme danno vita alla Confederazione di Bar. Si tratta, nella sostanza, di un gruppo composto da aristocratici e membri del clero cattolico costituito per strappare la Confederazione polacco – lituana all’ingerenza russa. La costituzione della Confederazione di Bar crea ancora più discordia perché incrementa le persecuzioni ai danni della minoranza protestante e ortodossa imponendo alla Russia e alla Prussia di scendere in campo a protezione delle rispettive minoranze religiose. Questi fatti, quindi, portano la Turchia a dichiarare guerra alla Russia perché gli ottomani iniziano a temere l’espansionismo russo.
Caterina II, infatti, non si lascia intimorire dalla dichiarazione di guerra ad opera dell’Impero Ottomano e invia la potente flotta russa del Baltico verso il Mediterraneo che, dopo una navigazione di tre mesi, raggiunge prontamente il Mediterraneo e impressiona tutti i sovrani dell’epoca per la tempestività della risposta. La flotta russa, comandata da Aleksej Orlov, distrugge la flotta turca in una imponente battaglia navale nello stretto dei Dardanelli che umilia il Sultano ottomano. Inoltre, la Russia si muove anche via terra e con una valorosa battaglia porta all’occupazione della Crimea sbaragliando le truppe ottomane. Nel 1774, Caterina II strappa la pace all’Impero Ottomano e ottiene la facoltà di esercitare la navigazione e il commercio sul Mar Nero. Questa concessione, nel contesto dell’epoca, ha un impatto fortissimo e aumenta enormemente il prestigio politico e militare della Russia.
La pace del 1774, quindi, trasforma la Crimea in un Khanato indipendente con una forte influenza russa e diviene un porto strategico di una importanza senza pari per le dinamiche geopolitiche del Mediterraneo. Tuttavia, Caterina II non si accontenta dell’indipendenza della Crimea e nel 1783 ne promuove l’annessione alla Russia. L’Imperatrice nomina quale proprio favorito per l’organizzazione amministrativa della Crimea Grigorij Potemkin, un abile quanto scaltro uomo politico che, con abili manovre politiche e militari, costringe la Turchia a firmare la pace di Jesi nel 1792 imponendo agli ottomani il riconoscimento della Crimea come territorio russo.
Nel 1850, questa volta sotto il regno dello Zar Nicola I, la Crimea diviene il teatro di uno scontro politico e militare tra Francia e Russia. Infatti, l’ostilità tra Napoleone III e Nicola I trova la sua origine in una disputa per i diritti relativi alla minoranza cattolica e ortodossa in Terra Santa concernente la questione dei santuari della cristianità. Tuttavia, la Turchia non accetta l’ingerenza russa negli affari interni e nel 1853 Nicola I ordina alle proprie truppe di occupare i Principati danubiani (Moldavia e Valacchia) innescando una spirale di tensione politico – militare con Francia e Inghilterra. Successivamente, le navi russe attaccano la flotta ottomana al largo di Sinope e determinano l’ingresso di Francia e Gran Bretagna nel conflitto. Inoltre, nel 1854 scende in campo anche il Regno di Sardegna in sostegno dei francesi per garantirsi il futuro sostegno di Napoleone III nell’annessione degli altri Regni italici. In realtà, al di là dei motivi dichiarati, la guerra di Crimea altro non fu che il tentativo di arginare le crescente influenza russa nel Mar Nero e nel Medio Oriente. Il conflitto in Crimea è stato foriero di problemi per le truppe russe: la difficoltà logistica incontrata dai vertici militari russi e la difficoltà di approvvigionamento dell’esercito russo sono all’origine della sconfitta del 1855. Infatti, nonostante l’eroica difesa di Sebastopoli ad opera di ufficiali devoti come Pavel Nachimov e Vladimir Kornilov, sono costrette all’evacuazione della fortezza e al conseguente affondamento delle navi rimaste nel porto. Il Congresso internazionale di Parigi del 30 marzo 1856 segna la definitiva sconfitta politica della Russia a cui viene imposto di abbandonare il protettorato sui Principati danubiani e la neutralizzazione della flotta del Mar Nero.
Tuttavia, dopo la rivoluzione bolscevica dell’ottobre 1917 e la conseguente guerra civile conclusasi sul finire del 1920 con la definitiva vittoria dell’Armata Rossa sulle truppe dei Russi Bianchi comandati da Denkin e Vrangel, la Crimea diventa una Repubblica autonoma nel 1921 nell’ambito della nuova organizzazione dello stato socialista.
Durante la Seconda guerra mondiale, invece, l’eroica battaglia di Sebastopoli resta negli annali dei grandi assedi della storia. Infatti, le truppe del Generale Petrov resistono alla potenza di fuoco scatenata dall’XI Armata di Von Manstein dall’ottobre del ’41 al luglio del ’42. Infatti, nonostante i forti bombardamenti aerei, le truppe di Petrov riparano i mezzi di difesa nelle moltissime caverne di cui è pieno il terreno di Sebastopoli. I sovietici, quando le truppe tedesche conquistano una scogliera, preferiscono farla saltare con le loro postazioni piuttosto che umiliarsi alla resa.
Nel 1944, Sebastopoli viene liberata dai sovietici e la penisola di Crimea diviene il teatro della Conferenza di Yalta nel febbraio del ’45. Il luogo non è casuale, ma altamente simbolico proprio per l’importanza strategica che la Crimea possiede nell’ambito degli equilibri del Mediterraneo.
L’ultima nota storica degna di rilievo è costituita dalla famosa donazione della Crimea alla Repubblica Socialista Sovietica dell’Ucraina da parte di Nikita Chruščёv nel 1954. La donazione della Crimea all’ucraina fu organizzata nell’ambito del 300° anniversario del Trattato di Perejeslav (città dell’Ucraina) del 1654 con il quale, dopo un assemblea composta da membri dell’esercito e proprietari terrieri, il territorio dell’attuale Ucraina si liberò dalla sudditanza polacca per annettersi al regno dello Zar Alessio. In verità, alcuni storici più maliziosi considerano la donazione della penisola di Crimea al territorio dell’attuale Ucraina una misura ordinata da Chruščёv per rendere omaggio alle sue origini ucraine.
Gli sviluppi politici attuali
Il 12 dicembre del 1991, il Parlamento russo ratifica l’accordo di Minsk e dichiara decaduto il trattato con cui nel 1922 Russia, Ucraina, Bielorussia e Transcaucasia hanno costituito l’URSS. Successivamente, il 21 dicembre del 1991 l’Unione Sovietica cessa di esistere con gli accordi di Alma Ata che costituiscono l’implementazione degli accordi di Minsk. I tentativi di frenare l’erosione del blocco geopolitico sovietico non sortiscono risultati apprezzabili e la stessa Costituzione degli Stati Indipendenti (composta da undici delle Repubbliche dell’ex URSS) è rimasta allo stadio di semplice progetto. Inoltre, le ripercussioni strategiche dell’indipendenza dell’Ucraina e la mancanza di una valida alternativa per contrastare il blocco atlantico hanno aperto una breccia pericolosa nelle relazioni della Russia con questo importante territorio dell’Europa orientale. Del resto, l’Ucraina è un paese composto da 52 milioni di abitanti legato politicamente ed economicamente al destino della Russia visto che il primo principato russo (il nerbo del futuro Impero russo) si costituisce proprio a Kiev (880 d.C.).
Tenendo conto del breve sunto storico di cui sopra, appare evidente che le semplificazioni giornalistiche degli ultimi giorni appaiono fuorvianti e destituite di fondamento. Nei media ufficiali, infatti, si parla di invasione, aggressione militare e annessione forzata dopo che Vladimir Putin ha ottenuto l’autorizzazione all’intervento armato in Crimea il 1 marzo 2014 da parte della Camera Alta del Parlamento russo. In verità, l’azione politica e militare del Presidente Putin si situa in una cornice strategica di enorme importanza. Risulta evidente, infatti, che dopo la sospensione dell’accordo di associazione commerciale dell’Ucraina (novembre 2013) con l’UE da parte del Presidente Victor Yanukovich, l’intero paese è stato attraversato da proteste che hanno assunto subito un volto oscuro, da guerra civile. Le fazioni paramilitari dell’estrema destra ucraina (Svoboda e Settore Destro) hanno preso presto il controllo delle piazze con l’occupazione di numerosi edifici pubblici e l’utilizzo di armi da fuoco. Gli scontri armati tra le milizie speciali della polizia ucraina (Berkut) e i rivoltosi sono culminati nelle violentissime sommosse del 18 febbraio che hanno portato alla morte di circa 100 persone tra paramilitari e membri delle milizie armate. Questo tipo di rivolte presenta tratti da guerriglia urbana che necessitano di un autentico supporto logistico e militare. Tuttavia, nonostante le piazze ucraine fossero dominate da fazioni paramilitari fortemente impregnate di radicalismo etnico, le cancellerie del Patto Atlantico hanno operato una vera e propria mistificazione parlando di rivolte spontanee e democratiche. Del resto, la propaganda in questione assume i toni del grottesco se si leggono i dispacci di stampa concernenti anche un incontro del Presidente dell’Europarlmento Martin Schulz di dichiarata fede socialdemocratica con i membri del direttivo politico di Svoboda. La strumentalizzazione appare evidente: utilizzare le fazioni paramilitari per abbattere il governo legittimo di Yanukovich e insediare un governo incline ad una alleanza politica, commerciale e militare con le forze del blocco atlantico. Infatti, i primi atti del governo guidato da Yaseiniuk (membro del partito della Tymoshenko) sono stati quelli di abolire il bilinguismo (in una nazione che conta circa 10 milioni di cittadini di origine russa) e arruolare nella polizia le fazioni paramilitari di Svoboda e Settore Destro.
Questi episodi hanno portato il Presidente Vladimir Putin a deliberare l’ingresso di ulteriori truppe russe in Crimea visto che, in base agli accordi tra Russia e Ucraina del 1992, 1997 e 2010, nella penisola si trova già una imponente flotta della marina russa affiancata da due Brigate e un Battaglione delle forze di terra. L’azione posta in essere dal Presidente russo, quindi, si situa in una cornice di eventi a dir poco problematica che impone alla Federazione Russa di salvaguardare l’equilibrio mondiale da un esercito di paramilitari utilizzato per imprimere un cambio di governo favorevole agli interessi dell’area atlantica. Gli sviluppi della crisi sono difficilmente prevedibili, ma resta evidente che la parabola dell’unipolarismo statunitense si è conclusa e si apre una nuova alba nell’ambito della relazioni internazionali.