Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L’occidente e il boomerang delle sanzioni antirusse

L’occidente e il boomerang delle sanzioni antirusse

di Boris Novoseltsev - 08/04/2014


russia-mapI tentativi dei capi occidentali di creare l’illusione che ognuno approvi l’idea d’imporre sanzioni contro la Russia si scontra con la discrepanza evidente tra tale immagine truccata e il reale stato delle cose. Molti, negli Stati Uniti e in Europa, considerano le sanzioni un errore, e nei Paesi asiatici e in Africa non vi è alcun sostegno alle sanzioni occidentali contro la Russia, a livello statale o tra l’opinione pubblica. In primo luogo, i Paesi europei non sono pronti a pagare i problemi dell’Ucraina di tasca loro. La disputa sulle sanzioni è il pomo della discordia nell’Unione europea. Mentre la burocrazia di Bruxelles sostiene le sanzioni, diversi governi nazionali esprimono opinioni diverse sulla questione. L’ambasciatore polacco in Ucraina H. Litwin, per esempio, ha dichiarato: “Ci sono interi settori dell’economia polacca dai legami molto forti con la Russia, e senza questi legami la Polonia avrà serie difficoltà. E ciò è una grave minaccia all’economia dei Paesi europei”. Il tema delle sanzioni contro la Russia ha scatenato uno scambio di battute pungenti tra Gran Bretagna e Francia. La prima ha accusato la seconda di non agire abbastanza duramente sulla questione delle sanzioni contro la Russia. Ad esempio, non ha deciso di rifiutare di vendere alla Russia due portaelicotteri, continuando a prepararle per la consegna. In risposta, il ministro degli Esteri francese L. Fabius ha suggerito che la Gran Bretagna debba dare l’esempio congelando i beni degli oligarchi russi a Londra. Mentre la Germania è più decisa di altri nel sostenere le sanzioni, nei fatti si limita ad una gamma molto ristretta dato che Berlino non può opporsi agli industriali tedeschi che chiedono che il governo rinsavisca e non crei difficoltà alle migliaia di ditte tedesche che lavorano con la Russia. La cancelliera tedesca Angela Merkel, dopo l’incontro con la presidentessa sudcoreana Park Geun-hye a Berlino, affermava di voler risolvere la crisi in Ucraina con mezzi politici e senza imporre sanzioni economiche contro la Russia, “non m’interessa l’escalation; al contrario lavoro per attenuare le tensioni della situazione”, ha detto Merkel.
Il politologo C. Bambery ha fatto la seguente valutazione della situazione: “la Gran Bretagna non vuole imporre sanzioni, le economie di entrambi i Paesi ne soffrirebbero subito. I francesi non supportano questa idea e neanche Angela Merkel. Così, le tre maggiori economie europee non vogliono imporre sanzioni contro la Russia. Gli Stati Uniti potrebbero naturalmente farlo, ma l’Europa gioca un ruolo più importante, essendo il primo partner commerciale della Russia. E se gli europei non supportano le sanzioni, è improbabile che succeda qualcosa”. Alcuni Paesi europei sono contro l’imposizione di sanzioni, ma non sono pronti ad opporsi apertamente a Bruxelles, così prendendo una propria strada. Ad esempio, Bulgaria, Lettonia e Cipro hanno chiesto un risarcimento a Bruxelles per il boicottaggio di Mosca. E’ evidente che l’Unione europea non disponga di molto denaro e nessuno sarà d’accordo con tale risarcimento. In alcuni Paesi europei, per esempio la Repubblica ceca, i membri del parlamento hanno dichiarato chiaramente che non supportano le sanzioni contro la Russia per la sua politica sull’Ucraina.
In Asia l’idea di imporre sanzioni contro la Russia ha incontrato un rifiuto ancora più deciso.  L’India ha dichiarato in modo inequivocabile che si oppone alle sanzioni contro la Russia: in primo luogo Delhi non considera le sanzioni strumento della politica estera, e in secondo luogo riconosce che la Russia ha interessi legittimi in Ucraina. Il 25 marzo in occasione del vertice sulla sicurezza nucleare all’Aja, i ministri degli Esteri dei BRICS hanno confermato ufficialmente il loro impegno a un tale approccio: “L’escalation di linguaggio ostile, sanzioni e contro-sanzioni, e forza non contribuisce a una soluzione sostenibile e pacifica, secondo il diritto internazionale, i principi e gli scopi della Carta delle Nazioni Unite. I leader dei Paesi africani hanno una posizione simile. Il  Giappone è incline verso tale posizione. Secondo un sondaggio condotto dal centro di ricerca del primo quotidiano finanziario Nikkei e dalla rete Tokyo TV, il 52% degli intervistati crede che il Giappone debba “avere una propria linea diplomatica” sugli eventi in Ucraina. E ancora prima, il 7 marzo, il ministro degli Esteri giapponese F. Kishida ha dichiarato che “il Giappone non impone sanzioni alla Russia, ma decide in base agli sviluppi della situazione, osservando strettamente le reazioni degli altri Paesi”. La Cina non ha intenzione di “giocare alle sanzioni” o di seguire chicchessia in tale gioco. Il 17 marzo Shi Mingde, l’ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Germania, ha dichiarato: “Le sanzioni potrebbero portare a misure di ritorsione e avviare una spirale dalle conseguenze imprevedibili. Non vediamo nessun prerequisito per imporre sanzioni”.
Riguardo gli Stati Uniti, non tutti sono entusiasti dell’iniziativa di Obama. La comunità imprenditoriale statunitense ha lanciato una campagna piuttosto attiva per evitare che la Casa Bianca prenda decisioni che danneggino l’economia. La logica degli affari è semplice e comprensibile: le sanzioni economiche “potrebbero limitare le possibilità degli statunitensi di fare  affari nel Paese con l’ottava economia del mondo”. Il professore di Harvard Richard Pipes, specialista di storia russa, ha dato una valutazione molto diretta sull’insensatezza degli Stati Uniti nell’imporre sanzioni contro la Russia: “Quando parliamo di sanzioni nei confronti di un grande Paese come la Russia, la cui economia è strettamente intrecciata con le economie di tutti i Paesi più importanti del mondo, le sanzioni appariranno più che altro assurde che non un vero e proprio strumento, disponendo la Russia di mezzi non meno potenti per rispondere”. E soprattutto, dice Pipes, l’imposizione di sanzioni alla Russia non aiuterà assolutamente l’Ucraina, i cui problemi sono molto più di natura sistemica della semplice “perdita della Crimea”. L’occidente semplicemente complica le relazioni con la Russia senza alcun vantaggio riducendo la possibilità di un compromesso con la Russia su altre questioni. Preservare tali opportunità è di grande importanza per l’occidente. Il 26 marzo il portavoce del dipartimento di Stato degli Stati Uniti M. Harf ha espresso la speranza che “il conflitto in Ucraina” non pregiudichi la collaborazione di Washington e Mosca sulla questione siriana. Tuttavia, è chiaro che tale speranza è giustificata soltanto se la Casa Bianca non decide il confronto con la Russia cercando una via d’uscita dalla crisi ucraina.
Molto probabilmente, l’occidente revocherà le sanzioni alla Russia nel prossimo futuro, senza tante storie. Da una parte ciò consentirà ai politici occidentali di ascoltare le preoccupazioni dei loro ambienti finanziari e industriali, e dall’altro gli permetterà di salvare la faccia. Anche se va detto che  hanno già ricevuto uno schiaffo in “faccia”: la reazione alla riunificazione della Crimea con la Russia, denuncia in primo luogo l’ipocrisia e la doppia morale occidentali verso il resto del mondo, e in secondo luogo dimostra la possibilità limitata d’influenzare la politica mondiale usando ultimatum e ricatti. Ciò avrà conseguenze di vasta portata.

10003993La ripubblicazione è gradita in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora