Gli 800.000
di Francesco Mario Agnoli - 04/05/2014
Fonte: Arianna editrice
Si fa peccato, come diceva Andreotti, a supporre che ci sia la manina di Matteo Renzi e magari di Angelino Alfano nella parziale retromarcia di Giovanni Pinto, che in sala stampa ha dichiarato che la situazione immigrazione è sotto controllo e che il problema viene gestito con la massima tranquillità e senza allarmi?
Il Direttore centrale della immigrazione e della polizia delle frontiere le sue precedenti (di pochi minuti o poche ore prima) dichiarazioni sugli 800.000 aspiranti immigrati in attesa di possibili imbarchi dalla Libia per l'Italia, sulla mancanza di luoghi dove collocare quelli già arrivati e la crescente irritazione delle popolazioni locali le aveva rese non nel corso di un'ìntervista a ruota libera alla stampa o alla televisione, ma al Senato della Repubblica nel corso di un'audizione ufficiale. Perché mai avrebbe dovuto mentire o anche soltanto esagerare? Tanto più che le stesse cose le aveva dette, altrettanto ufficialmente al Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento informazioni per la Sicurezza, che anzi aveva elevato il numero degli aspiranti a 900.000.
Del resto si tratta di notizie perfettamente credibili. La situazione in Africa e in Medio Oriente (qui in particolare dopo le operazioni militari volute dagli USA di Obama e dalla Francia di Sarkozy) è peggio che drammatica e spinge centinaia di migliaia di persone alla ricerca di un minimo di sicurezza e di futuro. D'altra parte i cosiddetti mercanti d'uomini e gli scafisti hanno tutto l'interesse ad accontentarli soprattutto adesso che l'intervento della Marina militare italiana riduce a poche ore la durata del viaggio, azzera i rischi e diminuisce i costi, rendendo sempre più facile e proficua (nonostante la diminuzione dei prezzi d'imbarco) la loro impresa commerciale.
Urgono rimedi, che tuttavia debbono comunque evitare che sia messa a rischio la vita anche di uno solo degli aspiranti all'immigrazione. Sarebbe inaccettabile il contrario, ma proprio per questo i rimedi sono al di fuori della portata del governo italiano, se non vuole o non può per ragioni di diritto internazionale e di sovranità territoriale, accettare il suggerimento (se n'è già parlato) che le navi, una volta raccolti i migranti, li riportino immediatamente sulle coste della Libia da dove sono partiti.
Matteo Renzi, perfettamente consapevole che se le cose continuano così, se anche la scampa alle elezioni del 25 maggio, il suo europeismo rischia di costare caro a lui e al suo partito, invoca, anzi implora l'intervento dell'Europa, ma Bruxelles fa orecchie da mercante, proprio perché lì si sa bene che non è solo questione di spese e, di denaro, ma di lavoro che non c'è, e di sistemazioni che già ora risultano deficitarie anche nella versione para-lager dei centri di prima accoglienza o delle caserme, conventi e alberghi abbandonati che dovrebbero sostituirli. L'Ue è sempre stata molto sollecita a rimbrottarci la legge Bossi-Fini (quando c'era), il sovraffollamento delle carceri, più o meno reali violazioni dei diritti umani, ma quando si tratta di interventi concreti latita, se ne lava le mani e li attribuisce (a parte qualche sovvenzione in denaro) alla responsabilità nazionale. Esattamente come i nostri partner europei a cominciare dalla Francia (tanto in sintonia -si dice - col governo Renzi), che, dopo quanto ha fatto in Libia dovrebbe addossarsene tutte le conseguenze, e non fa che ripetere che gli immigrati deve tenerseli il paese di primo sbarco.
Grazie Europa.