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Al-Qaeda, Stato Islamico, Arabia Saudita ma soprattutto tanto petrolio

di Giovanni Giacalone - 07/07/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


Se da un lato l’Isil punta all’instaurazione di un “Califfato” e al rovesciamento della dinastia dei Saud, dall’altro bisogna riconoscere che l’assalto dei jihadisti ai pozzi petroliferi iracheni ha portato enormi vantaggi a Riyadh, rafforzando la posizione dell’Arabia Saudita sul mercato globale del petrolio.

20 Belgian ISIL terrorists killed in Syria battle

L’Arabia Saudita bersaglio di al-Qaeda

Il radicalismo islamico inizia a preoccupare nuovamente l’Arabia Saudita e proprio nel momento in cui lo Stato Islamico di Iraq e il Levante (Isil) proclama il “Califfato”. Nella giornata di venerdì un commando di sei terroristi di al-Qaeda nella Penisola Araba (AQAP) ha attaccato un posto di blocco al confine con lo Yemen. Nello scontro a fuoco sono rimasti uccisi due militari yemeniti, un saudita e tre terroristi mentre altri due sono stati arrestati e uno risulta in fuga. Secondo le autorità di Riyadh gli assalitori sono tutti cittadini sauditi e uno di loro era sulla lista dei ricercati del Ministero dell’Interno.

Nelle prime ore di sabato due terroristi di al-Qaeda si sono poi fatti esplodere all’interno di un edificio governativo nel sud del paese; non è ancora chiaro se i due attentati siano collegati ma è molto probabile.Le autorità saudite nel frattempo hanno rilasciato alcune foto dei corpi degli attentatori che hanno preso di mira le pattuglie al confine.

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Negli ultimi tre anni Al-Qaeda nella Penisola araba ha rafforzato la propria presenza nelle aree tribali dello Yemen, tanto che il governo saudita sta costruendo una recinzione di tre metri lungo il confine meridionale per evitare infiltrazioni, non soltanto da parte dei terroristi ma anche per contrastare traffici illeciti. Il timore di Riyadh è che si possa riaccendere una spirale di violenza jihadista come quella che bersagliò il paese tra il 2003 e il 2006 e che portò all’arresto di numerosi membri di al-Qaeda.

 

Lo Stato Islamico: una nuova minaccia per Riyadh

Se a sud è al-Qaeda a preoccupare Riyadh, a nord ora c’è l’Isil, gruppo che inizialmente poteva far comodo ai wahabiti per contrastare l’egemonia iraniana in Medio Oriente e per spezzare l’”Asse Sciita” che va da Teheran a Beirut, passando per Iraq e Siria, ma che ora rischia di diventare un serio pericolo per lo stesso regime saudita. Ieri l’Arabia Saudita ha schierato 30.000 soldati al confine con l’Iraq in seguito alla diserzione di circa 3,000 soldati iracheni; notizia non confermata dalle autorità di Baghdad.

Re Abdullah ha dato ordine alle forze di sicurezza di prendere tutte le misure necessarie per prevenire l’infiltrazione di gruppi terroristi che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza nazionale.Secondo alcune fonti però I soldati iracheni di guardia al confine non avrebbero disertato ma si sarebbero ritirati in seguito a un ordine giunto dal quartier generale a Baghdad.

Se ciò fosse vero, avrebbe una sua logica, considerato che nelle ultime settimane il premier iracheno Nouri al-Maliki ha più volte accusato i sauditi di finanziare e appoggiare le attività dei jihadisti di Isil e Jabhat al-Nusra. Potrebbe dunque essere che il governo iracheno stia tentando di aprire un corridoio per facilitare il passaggio dei jihadisti verso il confine saudita, mettendo così in difficoltà Riyadh, che si troverebbe a quel punto costretta a intervenire attivamente contro l’isil.

In effetti, il numero di jihadisti con cittadinanza saudita nelle file dell’Isil risulta essere piuttosto elevato, così come gli attentatori che, dal 2003 ad oggi, sono stati responsabili di attentati, prevalentemente suicidi, nelle zone sciite dell’Iraq. Altro dato interessante messo in evidenza dalla BBC riguarda Twitter; alcune statistiche hanno infatti dimostrato come il 35.1% dei Tweet mediorientali a favore dell’Isil provenga proprio dall’Arabia Saudita; insomma, un dato non necessariamente significativo ma di cui tener conto.

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Il petrolio

C’è però un ulteriore fattore, forse il più importante, di cui bisogna tener conto, come sottolineato dall’analista David Andrew Weinberg della Foundation for Defense of Democracies. Se da un lato l’Isil punta all’instaurazione di un “Califfato” e al rovesciamento della dinastia dei Saud, dall’altro bisogna riconoscere che l’assalto dei jihadisti ai pozzi petroliferi iracheni ha portato enormi vantaggi a Riyadh, rafforzando la posizione dell’Arabia Saudita sul mercato globale del petrolio.

Dal 2012 l’Iraq era diventato il secondo principale produttore di greggio nell’Opec. Le conquiste petrolifere dell’ Isil in Iraq e Siria, con conseguente interruzione del flusso di petrolio iracheno sul mercato, almeno a breve termine,  minaccia tagli netti sulla produzione globale e tutto a vantaggio dei sauditi, con ulteriore conseguente rischio, secondo gli economisti, che il prezzo del greggio salga fino a 150$ al barile. [1]

Il fatto che l’Isil abbia immediatamente puntato ai pozzi petroliferi iracheni è un dato di fatto, come dimostrano i numerosi assalti tra cui quello allo stabilimento di Baji. Ieri i jihadisti hanno inoltre perso il controllo di un altro stabilimento in territorio siriano, nei pressi del confine con la Turchia e ora si attende l’assalto ai pozzi petroliferi nell’area sciita del sud dell’Iraq, roccaforte della produzione petrolifera irachena.

 

 

[1] http://www.forbes.com/sites/realspin/2014/07/02/king-crude-how-iraqs-isis-crisis-restores-saudi-influence/