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Gli indigeni (e i corvi) salveranno il mondo

di Marinella Correggia - 21/08/2006

 
Contro i disastri causati dagli esseri umani non può aiutare, ma nella gestione delle emergenze più o meno naturali sì. È la conoscenza sviluppata dalle popolazioni indigene. La si è vista in azione durante lo tsunami, quando gli abitanti di un'isola riuscirono a salvarsi tutti sulle alture accorgendosi dal comportamento degli animali che l'onda anomala stava arrivando.

In occasione del 9 agosto, giornata mondiale delle popolazioni indigene, il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep) ha annunciato un progetto speciale che utilizza proprio l'expertise autoctona di gente abituata a far fronte a situazioni estreme. Il partner nell'iniziativa è l'Associazione russa delle popolazioni indigene del Nord (Raipon:
www.raipon.org/ikdm) che nelle regioni della Federazione russa Nenets Autonomous Okrug (Nao) e Kamchtatka sta documentando come i singoli e le comunità riescano a cogliere con sistemi di «allerta rapida» i disastri naturali e gli eventi atmosferici estremi, e poi a fronteggiarli nell'immediato e in seguito, mitigandone gli impatti di lungo periodo sull'ambiente e sulla biodiversità.

Lo studio mostra che i popoli indigeni della Russia settentrionale hanno conservato e continuano ad applicare la conoscenza tradizionale. Le informazioni dalle due regioni, raccolte presso i membri delle comunità, hanno evidenziato intanto quali sono gli eventi più minacciosi da quelle parti. Nella regione Nao, tempeste di neve e forti venti sono considerati disastri comuni; tempeste, inondazioni e ghiacciate sono stati identificati come i disastri più gravi. Nella regione Kamchtatka, disastri comuni sono considerati le tempeste di neve, gli incendi e le inondazioni, e di questi gli incendi sono considerati i più pericolosi. I raccoglitori, pastori e cacciatori intervistati nel corso dello studio hanno spiegato come l'attenta osservazione dei comportamenti degli animali, o anche i colori e l'aspetto del cielo, delle nuvole, della luna permettono di dare l'allarme per tempo. È qualcosa che tutti i popoli conoscevano in passato, ma la modernità ha fatto diventare questo patrimonio universale una conoscenza per pochi e indigeni eletti.

Quando i cani si rotolano nella neve sulla schiena e i corvi volano in cerchio e poi si nascondono, sta arrivando una tempesta. Quando le renne corrono nella sera, è un altro brutto segno; come se stessero provando le proprie zampe prima del pericolo, come ha spiegato un allevatore del Nenets. Un altro, della Kamchatka, ha detto agli intervistatori: «L'anno scorso gli uccelli ci hanno avvertiti dell'eruzione di un vulcano, la cui cenere è pericolosa per gli animali. L'uccello più intelligente è il corvo. Un corvo viene da me e mi dice: stai attento!».
Le strategie descritte per minimizzare gli impatti negativi di un disastro naturale comprendono: mantenere uno stato di costante allerta (il contrario dell'allarmismo); trovare punti sicuri dove rifugiarsi, anche «copiando» dagli animali; ma anche evitare o almeno mitigare i disastri regolando le dimensioni delle greggi di renne e gestendo in modo saggio l'uso dei pascoli.

La conservazione dell'ambiente e la gestione dei disastri naturali sono importanti nella stessa sopravvivenza delle popolazioni autoctone che spesso vivono in aree quantomeno ardue e in millenni di esperienza hanno costruito un rapporto intimo con l'ambiente, anche quando infuria. Con l'archiviazione degli stili di vita tradizionali, è però una sfida trasferire la conoscenza tradizionale da una generazione all'altra. E l'altra sfida è disseminare queste informazioni indigene presso altri grupi di popolazione in Russia e oltre. Bisogna ad esempio inserire le tecniche nei curricula scolastici. L'Unep sta realizzando simili progetti in Kenya, Tanzania, Sudafrica e Swaziland, sviluppando materiali formativi da utilizzare nelle scuole primarie, secondarie e superiori.

La giornata mondiale delle popolazioni indigene è stata decisa nel 1994 dall'Onu per celebrare il primo decennio internazionale delle popolazioni indigene; nel 2004 è stato proclamato l'inizio del secondo decennio. Il nuovo programma contiene raccomandazioni precise circa la suddivisione equa dei benefici derivanti dalle risorse genetiche, il rispetto delle terre e delle acque delle comunità locali, la loro piena partecipazione di quelle popolazioni ai programmi e progetti realizzati sui loro territori e infine il rispetto anche giuridico delle persone indigene che lottano per la protezione del proprio ambiente.