Gli incidenti di Tor Sapienza e l’esplosiva situazione sociale
di Alessandro Cavallini - 19/11/2014
Fonte: Stato e Potenza
Dopo gli scontri dell’ultima settimana tra cittadini e polizia avvenuti a Tor Sapienza, Roma, ora la situazione sembra essere tornata alla calma, ma le polemiche non si placano. Da una parte gli antirazzisti di mestiere per cui l’immigrato, quasi “per diritto naturale”, ha sempre ragione a prescindere; dall’altra gli xenofobi che cercano di sfruttare i giusti sentimenti popolari di mal sopportazione per tentare di guadagnare spazi politici. Sarebbe ora invece di affrontare la questione immigratoria in modo molto più serio e ragionato.
Partiamo intanto da un semplice fatto che tutti sembrano ignorare. Parlare di immigrazione come di un fenomeno irreversibile è da mentecatti del pensiero (?) politicamente corretto. Tutti i fenomeni sociali sono sempre governabili, è sufficiente avere la volontà di gestirli (ricordiamo il motto di Guglielmo d’Orange, “Là dove c’è una volontà, c’è una via”). I nostri governanti preferiscono invece subirli, facendo finta di non poter intervenire. Ma è proprio la loro inazione a dimostrare di che pasta (andata a male…) sono fatti. Eppure i numeri del fenomeno immigratorio sono sempre più preoccupanti, a dimostrazione della necessità urgente di intervenire. Pensiamo solo ai costi sociali dei centri di accoglienza come quello contestato dai cittadini di Roma.
Seconda una recente stima dello Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, il costo di ogni singola persona, per i servizi di accoglienza, integrazione ed orientamento, è pari a 35 euro al giorno. Tenendo conto che per il triennio 2014/2016 sono già stati finanziati 13020 posti, a cui potrebbero aggiungersi ulteriori 6490 posti attivabili, si capisce bene come il fenomeno immigratorio sia ormai una delle voci più importanti nel portare sempre più in rosso il bilancio statale. Pensate che sia giusto che lo Stato italiano si accolli queste spese, mentre più del 10% della popolazione è disoccupata e i nostri giovani non riescono praticamente più a trovare una sistemazione? E’ la realtà dei fatti che dovrebbe spingere qualunque persona di buon senso a voler contrastare l’immigrazione. Continuare a definire banalmente razzista chiunque chieda a gran voce una vera e propria inversione di tendenza è ipocrita e non serve a niente. Anzi, è proprio facendo così che si corre il rischio reale di agevolare l’emersione di movimenti xenofobi sullo scenario politico nazionale.
Se dall’alto si continua a far finta di niente, girando gli occhi di fronte alla triste realtà quotidiana delle periferie (come mai i centri di accoglienza non vengono mai allestiti in pieno centro? Lor signori temono forse di veder disturbata la propria quiete notturna?), gli scontri tra poveri diverranno il pane quotidiano delle cronache nazionali. Eppure le soluzioni sono lì, a portata di mano, come timidamente tentato qualche anno fa. Non solo maggiori controlli alle frontiere ma anche accordi bilaterali, in particolar modo coi governi del Nord Africa, per una più stretta collaborazione nel contrastare l’emigrazione dai loro paesi. In effetti, quando il governo Berlusconi siglò il patto con Gheddafi, gli sbarchi subirono una leggera diminuzione. Ma poi gli americani hanno pensato bene, nel silenzio più totale del nostro governo, di bombardare la Libia, riportandola al caos tribale di secoli fa.
Servirebbe anche una maggiore severità con gli immigrati che delinquono o, quanto meno, l’obbligo di espiare la pena nei loro paesi d’origine. Perché se il costo dei centri di accoglienza è esorbitante, non è che quello per mantenere gli immigrati nelle nostre strutture di detenzione sia da meno, avendo ampiamente superato il miliardo di euro. Eppure, quando si parla di spending review (mi raccomando, usate l’inglese!), la voce immigrazione non compare mai. Pensate che, facendo notare questo, siamo per caso razzisti? Noi preferiamo essere considerati consulenti economici del governo, che ci sembra averne urgente bisogno.