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Politica nazionale: nuove prospettive?

di Umberto Bianchi - 19/11/2014

Fonte: mirorenzaglia


Sembra che qualcosa stia finalmente muovendosi nel tormentato ambito della politica nostrana. Partito inizialmente come sussurro, sensazione, relegato nell’ambito dell’indicibile, è andato via via facendosi strada in un’opinione pubblica intorpidita da decenni di buonismo e politically correct e che, ora, dopo carrettate di delusioni, sta finalmente emergendo prepotente. Stavolta la gente non ne può più. Per davvero. Se inizialmente le istanze di cambiamento e rinnovamento della società italiana erano state affidate a movimenti e partiti dei quali per molti, troppi anni, si sono tollerati bizze, incertezze, giri di valzer, ed infine, clamorosi insuccessi, ora le cose sono cambiate, perché hanno preso un’altra piega. Ora la crisi picchia duro, chiudono fabbriche, attività, imprese. La gente si è trovata, da un giorno all’altro, depauperata del proprio futuro, “esodata”. Belle parole, intenti roboanti e gossip politico mondani, si sono alfine rivelati fuffa, di destra o di sinistra. La lunga via del declino, iniziata verso la metà degli anni novanta in tutto l’Occidente ed a cui le nostre classi politiche non hanno saputo dare alcuna risposta valida e concreta, ora presenta il proprio, inesorabile conto. Di fronte ad un quadro così compromesso, anche gli schieramenti politici hanno cominciato ad andare in fibrillazione.

Le ultime elezioni europee, per esempio, hanno visto la considerevole avanzata dei vari partiti populisti europei, Front National francese in testa. In Italia, in un quadro sufficientemente logorato dall’annoso ed inutile confronto tra i due simil blocchi liberal progressista e/o conservatore, tutto incentrato sulla figura di Berlusconi, si era andata prefigurando una nuova forma di opposizione trasversale, incentrata sulla pratica della democrazia diretta via web, in questo caso portata avanti dal Movimento 5 Stelle, all’insegna del carisma dei vari Beppe Grillo e Casaleggio. Ben presto, però, quella che sembrava rappresentare una novità dirompente nel quadro politico nostrano, ha finito con l’avvitarsi attorno a contrasti interni e contraddizioni varie, determinate dal non avere questo movimento, alcuna precisa identità, culturale, programmatica o ideologica che dir si voglia. Fattori, questi, amplificati dall’aver voluto incentrare tutto sull’umorale personalità di Grillo. Siamo così all’assurdo di un paese, fino a poco tempo fa, all’avanguardia nella prassi e nell’elaborazione ideologica, ora ridotto ad una posizione di retroguardia e controtendenza rispetto al resto d’Europa, con un Matteo Renzi, leader di uno dei due blocchi politici italiani responsabili dello stallo del nostro paese, eletto con percentuali quasi bulgare.

Tutto questo, nonostante la pluridecennale istanza di un cambiamento trasversale che attraversa l’intera società italiana e che ha avuto in vari movimenti (Grillo per ultimo…) i propri vari ed insoddisfacenti interpreti. Questo si è potuto verificare grazie al fatto che, da parte delle varie formazioni dell’antagonismo nostrano, ( a destra come a sinistra) non si è mai voluto veramente fare i conti con le proprie pesanti eredità ideologiche, operando quel necessario “varco del Rubicone” , consistente nel saper riconiugare e rimodulare le proprie istanze, in conformità ai nuovi scenari, senza per questo rinnegare il passato, attraverso clamorose giravolte politico ideologiche. La fine del vecchio equilibrio bipolare ed il conclamato fallimento del dogmatismo ideologico marxista, hanno portato alla tendenza all’omologazione a livello planetario al modello occidentale liberal-liberista. Questo fenomeno non ha però portato, come taluni invece auspicavano, alla fine dell’antagonismo ed alla ribellione ad un ingiusto status quo; con il tempo le vecchie narrazioni ideologiche occidentali, sono sempre più andate riversando le proprie istanze di ribellione nelle varie formazioni populiste europee, all’insegna di due inediti principi, (sino a poco tempo fa, sottaciuti perché considerati alla stregua di logiche conseguenze di quelle grandi narrazioni…): sovranità ed identità.

In Italia sembra ora stia accadendo la stessa cosa: la Lega, il primo movimento di protesta trasversale dell’era post bipolare, inizialmente nata con quella connotazione di forte radicamento territoriale e regionale (che di tale caratteristica ha fatto il proprio punto di forza e debolezza), con la nuova “gestione” di Matteo Salvini, ha iniziato ad/sembra intraprendere un percorso di cambiamento del proprio genoma politico, passando dal regionalismo e dal secessionismo, ad una forma di nazionalismo “altro”, quasi a volersi appaiare alle coordinate politiche del Front National francese. Anche in questo frangente, l’Italia presenta una propria inalienabile peculiarità, laddove nel resto d’Europa gran parte dei populismi si sono sviluppati da formazioni partitiche a radicamento nazionalitario, qui invece al nazionalismo ed al populismo si arriva attraverso un percorso che parte da forme di aggregazione politica micro comunitaria, nella fattispecie del regionalismo (Liga Veneta, Lega Nord, etc.). E questo, proprio perché un paese come il nostro, interessato da una plurisecolare storia di divisioni, lacerazioni e campanilismi d’ogni genere e specie, di fronte alle spinte della Globalizzazione, ha sentito la cogente necessità di rifondare la propria coscienza nazionale, anzitutto rafforzando il proprio genoma regionale e micro comunitario.

Tutto questo, al contrario di quello che avrebbero dovuto fare quelle formazioni che si dicevano ispirate al nazionalismo più spinto, rappresentate dal vecchio MSI e dai suoi epigoni di AN, ma anche dalle rimanenti formazioni d’ “Area”. Abbiamo precedentemente detto che qui, a farla da padrone, è stato il non aver saputo mai fare i conti con il convitato di pietra, rappresentato dall’esperienza del Ventennio. Per cui, nel nome di un confuso ed abusato senso del “sociale” si è finito per lo scadere in derive ideologiche e settarie astratte, mentre i settori più “istituzionali” dell’ “Area”,  nell’intraprendere il vicolo cieco della deriva liberal, finivano con il farsi introiettare dalle formazioni di governo come Forza Italia ed NCD, perdendo in tal modo, qualsiasi peso specifico a livello di impostazione politica. Le dinamiche della Globalizzazione hanno oggidì impresso agli eventi ed alle situazioni una velocità precedentemente impensabile, determinando uno stato di crisi permanente, da cui oggi non si può uscire se non attraverso due ben definite parole d’ordine: Sovranità ed Identità, a cui non può non fare da logica appendice ideologica quella di Socialità.

La Lega nel cercare di assumere la valenza di movimento identitario e sovranista a livello nazionale, potrebbe finire con il divenire il catalizzatore in grado di convogliare al proprio interno, le più disparate istanze di quell’antagonismo, da troppo tempo più frazionato e diviso che mai. Abbiamo detto “potrebbe”, perché qui, come in molte delle umane cose il condizionale è d’obbligo. La precedente gestione bossiana, tutta incentrata su un regionalismo marcato e su roboanti parole d’ordine, nell’appiattirsi sulle posizioni berlusconiane, ha messo a nudo tutta una serie di limiti ed incoerenze messe poi in risalto da alcune vicende che hanno avuto per protagonisti, proprio alcuni nomi del suo più stretto “entourage”. Andrebbe inoltre verificato se, da parte della Lega esiste la volontà di ridisegnare e ridefinire in un senso “altro” gli equilibri politici sia a livello di singola coalizione, sia a livello nazionale. Pertanto, in base a quanto sin qui detto, va ulteriormente sottolineato che questa costituisce, solo e per ora, un’apertura di credito e non un assegno in bianco.

Pertanto, mai come oggi, di fronte al sopravanzare di una crisi che, senza pietà, distrugge certezze, identità, economie, posti di lavoro, avendo come strumenti per tale scopo, organismi sovranazionali che ingabbiano i popoli, attraverso asfissianti logiche burocratico-finanziarie, è avvertita la necessità della presenza di un forte movimento identitario e sovranista, lontano da qualunque suggestione di compromesso moderato, che già tanti, troppi guai, ha portato alla nostra comunità. Un movimento non più impostato su rigide logiche gerarchiche, ma su una struttura leggera, orizzontale, in cui ad esser preferito sia il lavoro di varie equipes, ognuna specializzata in differenti approcci ai vari problemi. Oggi più che mai, per non divenire le copie-macchietta di altre esperienze politiche del passato più recente e lontano, sono necessarie parole d’ordine chiare e sintetiche. Quella di volersi “riprendere le chiavi di casa”  va facendosi, pertanto, istanza primaria, al fine di riappropriarci di quella  Sovranità politica, economica, sociale che oggi, istituzioni a noi estranee (ONU, FMI, Comunità Europea,etc.) stanno cercando di cancellare, al pari di  quella Identità spirituale, etnica, politica ed economica che la Globalizzazione liberal-liberista, in nome di un quanto mai ipocrita e malinteso senso di buonismo vorrebbe eliminare e che noi, come popolo, inteso quale unione di individui, coscienze, necessità e sentimenti, abbiamo il dovere di contrastare ad ogni costo.