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Effetto Renzi: l’astensione

di Eugenio Orso - 26/11/2014

Fonte: Pauperclass


L’Emilia-Romagna peggio della Calabria, in queste elezioni per il rinnovo dei consigli regionali. Nessuno se lo sarebbe aspettato e l’apparato ideologico-mediatico finge di stupirsi, lanciando un’allarme-democrazia. Ma è veramente così?

Ex regione “rossa”, in cui si votava in massa per il PCI e si andava alle urne “a prescindere”, l’Emilia-Romagna sprofonda nel limbo di una crisi totale, che sancisce il distacco definitivo delle popolazioni da questa “splendida” democrazia, verificabile nel settentrione come nel meridione.

Da qualche tempo mi auguro che l’astensione superi – e di molto – il 50% del cosiddetto corpo elettorale chiamato alle urne. Mi auguro, cioè, che si consumi il distacco dal sistema, percepito come vessatorio e nemico, e che si rompa il tabù della democrazia liberale quale miglior sistema di governo possibile. Anzi, l’unico e il solo effettivamente praticabile, senza alcuna alternativa. Sì, perché la democrazia che esiste, qui, in Italia, in Europa e in tutto l’occidente, è quella di matrice liberale, che non garantisce rappresentatività alle classi dominate e ai loro interessi, ma costituisce uno strumento di dominazione, e di controllo massivo, di natura squisitamente elitista.

Presidenti del consiglio furbescamente nominati, per i quali l’investitura popolare rappresenterebbe un ostacolo o almeno un fastidio – così Monti, Letta, Renzi – candidati senza rappresentatività effettiva decisi da partiti e cartelli, o da alleanze elettorali messe in piedi per mera convenienza sistemica. Per costoro, un’estesa partecipazione popolare alla politica, dagli esiti non del tutto controllabili, rappresenta un rischio da evitare.

E’ però con Matteo Renzi – il non eletto per eccellenza quanto Mario Monti – che l’allontanamento del “parco buoi” elettorale dal sistema democratico e dai suoi riti elettorali rischia di giungere alle estreme conseguenze.

L’effetto Renzi è stato duplice, dal punto di vista del sostegno al sistema, ai suoi riti e della militanza politica popolare:

1)    L’evidente calo del tesseramento piddino, che si sta consumando, non a caso, nel 2014, l’anno di Renzi in cui trionfa il “partito leggero” (una vecchia idea berlusconiana), evanescente, fatto di Leopolde-convention, apparizioni televisive e mobilitazioni volanti di comitati elettorali. Fine della militanza politica di massa, che va a morire. Maggiore aderenza al sistema-guida, ultra-liberaldemocratico, cioè quello di matrice americana-anglosassone che piace tanto ai dominanti globali. La militanza popolare diventa un fastidio, per Renzi e i suoi padroni sopranazionali. Anche se tesserarsi non vuol dire necessariamente militare in buona fede “anima e core”, se i numeri del tesseramento sono grandi, si rischiano intrusioni sgradite (ossia popolari, delle classi dominate) nei processi organizzativi e decisionali interni al partito. Infine, giacché l’obiettivo è di pauperizzare la massa (jobs act, tagli alla spesa sociale) e saccheggiare le ricchezze residue del paese (privatizzazioni, liberalizzazioni), è bene non invitare i tacchini al pranzo di Natale, perché potrebbero essere tentati di cambiare il menù, incidendo seppur minimamente sul programma politico di governo. Un fastidio da evitare, per applicare il programma politico stabilito per l’Italia dalle élite neocapitaliste, senza ritardi, ostacoli e mediazioni.

2)  Il dilagare dell’astensionismo, che segna senz’altro uno spartiacque con il passato, evidenziando il crollo complessivo della fiducia popolare nel sistema liberaldemocratico e nei partiti che lo infestano. Anche questo è un “effetto Renzi” di una certa importanza, che si manifesta nell’”era Renzi”, senza costituire un pericolo immediato per il sistema. Si può sospettare che il diradarsi della partecipazione popolare al voto sia in qualche misura voluto. Perché? Pur non ricorrendo alle solite minchiate liberali, secondo le quali un certo numero di elettori decide di “stare alla finestra” a osservare, l’allarme mediatico per l’astensionismo in queste regionali tende a nascondere un’amara verità. Meno votano – disperdendo i consensi o concentrandoli su formazioni “populiste” (sia pur all’acqua di rose), come la lega di Salvini o l’ormai usurato 5 stelle – e meglio è. Tanto, il risultato delle regionali di domenica, in Calabria come in Emilia-Romagna, premia invariabilmente il partito unico collaborazionista, ossia il pd. Pur con astensioni al 60% o quasi. Tutto secondo il copione. Se prendiamo l’Emilia-Romagna, in cui il PCI è ormai un ricordo sempre più sbiadito, le primarie hanno “incoronato” un candidato alla presidenza della regione deciso a priori, Stefano Bonaccini, già indagato per “spese pazze” in consiglio regionale, con procedimento successivamente archiviato. Le elezioni, con tutta probabilità grazie al forte astensionismo, l’hanno premiato. Non importa se coloro che hanno disertato le urne sono la maggioranza assoluta degli aventi diritto. Troppa partecipazione al voto non fa bene al partito unico e al suo attuale capataz, Matteo Renzi. Può bastare un 40% di votanti, pur di far eleggere il candidato deciso dai vertici del partito. Anche qui, meglio che una parte dei tacchini non partecipi al pranzo di Natale, altrimenti ci potrebbe essere qualche sgradita sorpresa. Ecco la democrazia secondo Renzi, liberal che più liberal non si può. Si potrebbe ironizzare dicendo che Renzi è l’Autan del voto popolare, e pur non ammettendolo fa di tutto per scoraggiarlo. Essendo un nominato, che non è neppure presente in parlamento, preferisce non correre rischi. Così il suo pd e la sua sinistra vincono a colpo sicuro, aiutati anche dal fatto che non esiste alcuna alternativa, né dentro il sistema né fuori. Quindi, al parco buoi elettorale non resta che allontanarsi, tenersi lontano dalle urne, per disprezzo, disgusto, rabbia. Non c’è alcuna alternativa concreta e per questo l’astensione dilaga, senza che ciò implichi una qualche “presa di coscienza” o il sorgere repentino di vere alternative politiche. Oggettivamente a beneficio di Renzi, del suo governicchio euroservo e del pd ultra-liberale.

In tal modo si spiega, o almeno spiego a me stesso, un apparente paradosso. Perché alla grande popolarità di Renzi, trascinatore del voto alle europee di maggio, corrisponde poi, alla prova dei fatti, una massiccia astensione elettorale?