Terrorismo o guerra?
di Francesco Mario Agnoli - 13/01/2015
Fonte: Arianna editrice
Le persone abituate a fare uso di ragione e senso critico non possono non chiedersi cosa spinga i governi dell'Occidente e i loro commessi dei mass-media non solo a chiudere gli occhi davanti a una innegabile realtà, ma a fare tutto il possibile per nasconderla ai sudditi, per loro le pecore del gregge. Dal momento che la paura può rendere feroci e capaci di gesti inconsulti anche le pecore, anzi soprattutto le pecore, si può capire che temano di non riuscire a controllarne le reazioni, ma dal momento che il pericolo è reale, nasconderlo non serve ad esorcizzarlo, anzi lo rende sempre più grave e avvicina il momento fatale di un'esplosione che, prendendo e facendo prendere coscienza del rischio, si potrebbe ancora evitare.
Nessuna dubita che nel mondo musulmano vi sia gran numero non tanto di cosiddetti “moderati” (orrenda parola), quanto di brave persone, aliene per carattere, cultura, convinzioni, senso di umanità da ogni tentazione di violenza, esattamente come anche fra i cristiani vi sono buoni e cattivi. Ciò non significa però che quello che viene definito “fondamentalismo islamico” possa essere ridotto agli schemi del terrorismo quasi ne fossero protagoniste ridotte frange marginali.
Immediatamente dopo i fatti di Parigi François Billot de Lochner, presidente della Fondazione di Servizio politico Liberté politique, di ispirazione cattolica, a proposito di questo aspetto di un problema riproposto con drammatica urgenza non solo da quegli avvenimenti, ma ancor più dalla pressoché contemporanea strage di centinaia (forse migliaia) di persone in Nigeria ad opera dei musulmani di Boko Haram scrive “l'onore (in Italia, dove dell'onore di fa poco conto, diremmo dovere) dei dirigenti deve essere di dire le cose come stanno: noi siamo entrati in guerra. Questa guerra ha un nemico: l'islamismo. I nostri avversari non sono qualche squilibrato. Essi sono numerosi, organizzati e ultra-violenti, e hanno potuto infiltrarsi, usando le armi che noi gli abbiamo fornito, nelle spaventevole caos che noi abbiamo favorito in Libia, in Siria, in Iraq e altrove”.
Il presidente di Liberté Politique è cattolico, forse anche di destra, il che basta per troppe pecore a renderlo inattendibile. Per di più le sue affermazioni suonano eccessivamente perentorie, forse non abbastanza motivate. Chi vuole credere alla tesi riduttiva dei governanti potrebbe sentirsi rassicurato e fare di Billot de Lochner un compagno di strada del nostro Matteo Salvini. Si dà però il caso che le stesse cose le dica, con un'analisi più completa e motivata, un magistrato considerato di sinistra (e ancor più di sinistra in gioventù) nonché esperto di terrorismo, come Carlo Salvini (nessuna parentela con Matteo) in una lettera aperta al suo compagno di scuola e militanza giovanile Michele Serra, che in un articolo pubblicato su La Repubblica ha paragonato gli estremisti islamici alle Brigate Rosse e invitato il mondo musulmano a reagire e a non trattarli come “compagni che sbagliano” o meglio “credenti che sbagliano”. Salvini, da esperto della materia, gli ricorda che le B.R. reclutarono al massimo un paio di migliaia di giovani, non uccidevano civili in modo indiscriminato, non riuscirono a “liberare” neppure un villaggio del nostro paese dallo Stato Imperialista delle Multinazionali, né a disarticolare nessuna parte dello Stato che combattevano. “Con l’Islam oggi” scrive “è ben diverso. Tecnicamente non si tratta di semplice terrorismo, il terrorismo è semmai solo uno dei mezzi, ma di un movimento, direbbe Alberoni, allo stato nascente che ha avviato una guerra globale che tocca ormai quasi tutti i paesi del mondo”.
Salvini (Carlo) svolge alcune puntuali considerazioni su una religione che non ha un'autorità centrale e considera dettato direttamente da Dio, quindi, indiscutibile, il Corano, che contiene versetti di pace e altri di guerra “per cui ogni pezzo dell’Islam può porre a fondamento della sua azione quelli che preferisce” e “tanto il più feroce qaedista uccisore di vignettisti quanto il più pacifico mistico sufi vanno considerati a buon diritto musulmani” sicché “senza una guida centrale il travaso da un pezzo all’altro dell’Islam, da quello moderato a quello radicale è abbastanza semplice, anche improvviso, facilitato dall’attrattiva che hanno i mass-media dei predicatori più invasati”. Di qui un semplice calcolo: “Solo i sunniti sono al mondo più di 900 milioni. Se ISIS, Al Qaeda e simili ne hanno dalla loro parte anche solo il 3% si tratta di 30 milioni di persone decise a purificare ogni angolo del mondo a fil di spada. Se poi ne convincono il 10%, quasi 100 milioni con un potenziale offensivo molto sofisticato e insieme molto semplice. Basta investire con l’auto il primo “infedele “ che ti capita davanti. In confronto le Brigate Rosse con le loro “colonne” di 20 militanti, i loro noiosi comunicati e le quattro pistole e i due mitra rapinati in una armeria erano delle formiche”. E conclude riconoscendo di non avere soluzioni, ma affermando la necessità di seguire sempre tre principi. Più modestamente mi accontento di prenderne uno, il primo (basterebbe): “Chiamare le cose con il loro nome. La violenza più grossa è quella contro le parole e il loro significato. Almeno non bisogna fare come il nuovo Procuratore Capo di Torino Armando Spataro che ha esortato i giovani giornalisti, e implicitamente tutti i nostri colleghi (magistrati), a usare sempre la dizione politicamente corretta e cioè terrorismo “cosiddetto” islamico. Come dire “sedicenti” Brigate Rosse, ma al tempo non le chiamava cosi”.
Ragionevole chiedersi perché credere a sconosciuti o quasi come Billot, Salvini e l'autore di queste righe invece che a personaggi noti,scelti e sorretti dal consenso di tanti elettori, Renzi, Hollande, Caneron, Prodi e compagnia bella. La risposta è semplice: perché questi potentati pretendono di essere creduti sulla parola, non spiegano come mai questi terroristi, queste “frange lunatiche” dell'islamismo siano in grado, oltre che di colpire più e più volte in tutto l'Occidente, di condurre vere e proprie guerre di conquista in Siria, in Iraq, in Libia, in Somalia, in Nigeria e di resistere alle forze coalizzate dell'Occidente e dei musulmani pacifici.
Come dicevano gli antichi romani, governanti seri perché logici seri, contra factum non datur argumentum.
Del resto, qualunque cosa vogliano far credere alle pecore del gregge, i primi a essere convinti che non si tratta affatto di terrorismo nel senso proprio del termine, ma di guerra (se si vuole “asimmetrica”), con attacchi condotti da infiltrati nel territorio del nemico, sono proprio i sullodati Renzi, Cameron, Merkel, Rajoy, Junker & C. In caso contrario non avrebbero deciso di sfilare tutti insieme, domenica 11 gennaio, per le vie di Parigi (una vera e propria marcia di potentati). Non l'hanno mai fatto né per le B.R., né per la tedesca, Rote Armee Fraktion, né per altri.