Questo è il classico articolo scritto in tutta confidenza: lo s’immagini come un dialogo al bar, fra me ed il mio lettore. L’argomento è quello dell’immigrazione che in questi giorni sta sconvolgendo l’Europa. E’ un argomento delicato, che vede contrapporsi su opposti fronti le varie cancellerie del Vecchio Continente. Da una parte ci sono paesi come la Francia e la Germania, ed aggiungerei pure l’Italia, che si dichiarano favorevoli ad aprire le porte e a portare avanti un’accoglienza incondizionata o quasi; dall’altra ci sono quelli come la Slovacchia o l’Ungheria che invece non ne vogliono proprio sapere, e che non esitano a ricordare ai francesi e agli inglesi di non esser stati certamente loro a volere le guerre contro la Libia e la Siria, guerre che hanno provocato proprio questo drammatico esodo.
Effettivamente, nel trattare questo dramma, bisognerebbe pur avere l’onestà di dire come l’attuale processo immigratorio nei confronti dell’Europa non sia scaturito dal nulla, ma bensì che tragga origine da gravissimi eventi a monte su cui i nostri governi di qualche anno fa hanno avuto pesantissime responsabilità. E qui torniamo proprio alle già citate guerre in Siria ed in Libia, ampiamente sostenute dai nostri esecutivi e persino dalle nostre opposizioni, in nome dell’esportazione della democrazia, della lotta al cattivo dittatore di turno, e così via. Ma, per completezza, sarebbe opportuno risalire ancora più indietro, trattando del gravissimo ed inaccettabile sfruttamento a cui soprattutto le ex potenze coloniali europee quali Francia ed Inghilterra e quelle neocoloniali quali Stati Uniti e Germania hanno sottoposto l’Africa, trasformandola proprio in quel “deserto” che tanto prospera nel nostro immaginario collettivo.
Pare che tuttoggi non si possa commerciare con un paese ex colonia francese senza l’avallo del ministero del commercio e dell’economia di Parigi: già solo questo basterebbe a far capire quanto grave sia la situazione. Come può svilupparsi ed intrattenere una politica commerciale ed economica autonoma un paese della Françafrique, in simili condizioni?
Per decenni il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, poi, hanno imposto ai paesi africani prestiti col cappio al collo, con condizioni onerosissime: per avere i soldi, in pratica, dovevano privatizzare scuola, acqua e sanità, ovviamente privandosi in questo modo delle condizioni necessarie a garantirsi un futuro e quindi anche il rimborso di quegli immensi debiti. Così FMI e BM hanno potuto campare per intere decadi (ed ancora lo fanno) sugli interessi sul debito contratto dai loro debitori africani, mentre quest’ultimi annegavano nella miseria.
Quando qualche governante africano provava ad uscire dal seminato, per dirla così, ovvero a rompere questo diabolico incantesimo, veniva immediatamente impallinato: si pensi a Tombalbaye del Ciad, a Sankara del Burkina Faso, o a Gbagbo della Costa d’Avorio. Leaders tutti estremamente diversi fra loro, ma accomunati comunque dalla malaugurata idea di mettersi contro la Francia e gli Stati Uniti. E contro, soprattutto, ai loro istituti di credito e alle loro multinazionali.
Ora, dopo le guerre alla Costa d’Avorio, alla Libia, dopo gli interventi in Mali e Repubblica Centrafricana, dopo le destabilizzazioni di vari paesi come quelli del Corno d’Africa e del Golfo di Guinea, a tacere poi di quelle di Yemen e Siria, ci meravigliamo per il fatto che sia esplosa la bomba e che tutti fuggano in massa verso l’Europa. Ma questo era un fenomeno assolutamente prevedibile.
Ed era tanto prevedibile che proprio gli Stati Uniti lo volevano, allo scopo di mettere sotto pressione l’Europa e più precisamente quei suoi governi maggiormente riottosi come la Slovacchia, l’Ungheria (tra i paesi dentro l’UE) o la Serbia ed il Montenegro (tra quelli extra UE). Tutto calcolato. Agli Stati Uniti serve un’Europa in continuo stato d’emergenza, plagiata economicamente e commercialmente col TTIP (il Trattato di Libero Commercio), e scollegata dalla Russia grazie alla crisi ucraina, per farne un proprio avamposto proprio contro Mosca, Pechino ed il Medio Oriente. Un satellite, un dipartimento d’oltremare, una colonia, chiamatela come volete.
E cosa s’usa per raggiungere quest’obiettivo? Qualche decina di migliaia di disperati, della cui sorte alla Casa Bianca come del resto alle varie cancellerie europee non gliene può fregar di meno, ma le cui sofferenze sono sempre così tanto redditizie per i nostri cari media controllati dalla politica, per imbonire le masse o, se è più comodo, per incattivirle. Una volta c’era la “carne da cannone” per i vari conflitti mondiali e non; oggi invece c’è la “carne da gommone”, che sorprendentemente si rivela ancor più remunerativa.
Quando l’Europa si sveglierà e s’accorgerà del raggiro, sarà ormai troppo tardi.