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I neocon all’attacco: «E’ tempo di guerra»

di Maurizio Molinari - 07/09/2006

 
WASHINGTON-TEHERAN, ANDATA E RITORNO NEL GIRO DI VENTIQUATTR’ORE I DUE PRESIDENTI SI SONO SCAMBIATI ACCUSE DURISSIME


E’ arrivato il momento di una War Resolution contro la Repubblica Islamica dell’Iran». E’ stato Bill Kristol, direttore del Weekly Standard e nome di punta dei neoconservaori, a dire ciò che molti repubblicani hanno maturato negli ultimi mesi: bisogna chiedere al Congresso di assegnare al presidente il potere di ricorrere alla forza contro l’Iran se ciò sarà necessario per tutelare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. «Bush deve disporre di una minaccia credibile nei confronti di Teheran per obbligarla a rinunciare al nucleare» dice Kristol.

Sebbene la Casa Bianca non abbia neanche degnato l’opinonista neocon di una risposta e senatori repubblicani fedelissimi del presidente Bush - come Rick Santorum della Pennsylvania e Sam Browback del Kansas - abbiano scelto d mantenere il basso profilo, il tam tam di Washington suggerisce che la provocazione lanciata da Kristol dagli schermi della Fox News cela la convinzione di un sempre maggior numero di leader conservatori: l’esito non solo delle elezioni del 7 novembre per il Congresso ma anche di quelle ben più importanti del 2008 per la Casa Bianca è legato alla partita iraniana. Se Bush riuscirà a trovare una soluzione di alto profilo alla minaccia nucleare iraniana - con mezzi diplomatici, di intelligence o anche militari - i 61 milioni di conservatori che lo elessero nel 2004 torneranno a fare quadrato. Se invece il caso-Iran dovesse restare irrisolto i candidati repubblicani alla presidenza nel 2008 rischierebbero di essere bersagliati dall’offensiva di quei leader democratici centristi - da Mark Warner a Hillary Clinton, da Evan Bayh a Tom Wilsak - secondo i quali la guerra in Iraq è stata sbagliata perché ha portato l’America a sottovalutare la minaccia iraniana. Karl Rove, consigliere politico di Bush ed architetto della vittoria del 2004, sin da giugno ha consigliato al presidente di tornare a cavalcare il tema della lotta al terrorismo - l’unico sul quale la grande maggioranza degli americani è ancora con lui - evitando di dover continuare a difendersi dalle critiche dei democratici sull’Iraq.

Da qui anche il cambiamento di marcia delle feluche del Dipartimento di Stato, da John Bolton a Nicholas Burns, che hanno iniziato a parlare con maggiore chiarezza della necessità di adottare «sanzioni molto robuste». A sostegno delle ragioni di Kristol e Rove ci sono anche i nuovi memorandum dell’intelligence secondo i quali Teheran potrebbe arrivare alla bomba entro un massimo di cinque anni: se Bush dovesse lasciare questa patata bollente a chi lo sostituirà alla Casa Bianca rischierebbe di restare negli annali come il presidente che ha commesso l’errore più grave della guerra al terrorismo da lui stesso iniziata abbracciando un anziano pompiere sulle macerie fumanti di Ground Zero la mattina del 14 settembre 2001.