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Anche in Italia cittadinanza in base allo "Jus Soli"?

di Francesco Maria Agnoli - 30/11/2015

Fonte: Arianna editrice

 

 

   Non so oggi. Ai miei tempi (remoti sotto molti punti di vista) non era necessario arrivare all'università e iscriversi a giurisprudenza per conoscere  la differenza fra  jus sanguinis e jus soli. In qualche punto del curriculum scolastico, forse  ancora alle elementari o ai primi anni delle medie, si imparava  che col primo si acquista la cittadinanza  per nascita da un genitore cittadino, col secondo si è cittadini, indipendentemente  dalla  cittadinanza dei genitori,  per effetto della nascita nel territorio dello Stato.

  A scuola, all'epoca, si imparava anche che il primo era il  sistema naturale  e che il secondo  veniva praticato solo dai paesi, in particolare quelli del Nuovo Mondo, definiti, non saprei se con ammirazione o all'opposto, crogiolo di popoli, che avevano  necessità di riempire i vasti territori semidesertici di cui disponevano. Nei miei ricordi scolastici in Europa lo jus soli era adottato solo dalla Francia che, se ricordo bene, si diceva avesse problemi di denatalità (in questo caso era evidente il biasimo da parte dell'allora prolificissima Italia, ma in seguito ho scoperto  che i francesi lo applicavano fin dal XVI secolo).

   Lo jus sanguinis funziona in automatico. Si nasce da un cittadino (un tempo doveva essere il padre, adesso, in Italia, basta uno dei genitori) e si è cittadini. Ugualmente  avviene  per lo jus soli nel continente americano, ma non in quegli  Stati europei che, avendolo  in parte adottato, pongono però paletti e condizioni, e nemmeno  in Francia, dove occorre una richiesta ad hoc dell'interessato, che deve essere nato da genitori  in possesso di un regolare permesso di soggiorno (analoga la situazione di altri paesi come Irlanda, Gran Bretagna, Germania, partiti  dalla precedente applicazione  in esclusiva dello jus sanguinis).

    L'Italia, col disegno di legge di modifica della legge  n. 91/1992  approvato dalla Camera dei deputati  il 13 ottobre 2015 si propone di andare oltre. Difatti nell'ipotesi-base, quella di  chi  nasce nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, “di cui almeno uno  titolare del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, o  in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”,[1] l'applicazione dello jus soli, può  definirsi  semi-automatica.  Alla cittadinanza è, difatti,   sufficiente la dichiarazione di volontà (significativamente non si parla di “richiesta”)  espressa, entro il compimento della maggiore età dell'interessato, all'ufficiale di stato civile del comune di residenza da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale.  Come per lo jus sanguinis, non è presa in considerazione la volontà del minore, che tuttavia potrà entro due anni dal compimento della maggiore età rinunciarvi. Se non hanno provveduto i genitori  la cittadinanza può essere acquisita per iniziativa  dell'interessato entro due anni dal compimento della maggiore età.

   Le ragioni contro lo jus soli svolte in parlamento dall'opposizione di centro-destra, che, ritenendo irrilevante  il fatto occasionale  della nascita nel territorio della Repubblica,  voleva  fissare come requisito essenziale la condivisione, acquisita attraverso il percorso scolastico, della cultura e dei valori italici, sono state  utilizzate dai fautori  della “cittadinanza facile” per affiancargli, in aggiunta,  un cosiddeto  jus culturae. La prima ipotesi è quella della cittadinanza attribuita, a richiesta del genitore legalmente residente in Italia,   al minore straniero, nato in Italia o  entratovi entro il compimento del dodicesimo anno di età, “che abbia frequentato regolarmente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali idonei al conseguimento di una qualifica professionale” (per il corso di istruzione primaria occorre  la conclusione positiva, cioè la promozione finale). Anche in questo caso se il genitore non ha provveduto, può attivarsi l'interessato entro due anni dalla maggiore età[2].

   Lo jus culturae opera anche, a richiesta,  a favore dello straniero che, entrato nel territorio nazionale  prima del compimento della maggiore età, vi risieda legalmente  da almeno sei anni e abbia effettuato il percorso di studi previsto per gli infradodicenni. In questo caso se ne richiede però l'ultimazione  con l'effettivo conseguimento di una qualifica professionale.

  Il ricorso ai due diversi criteri produce l'effetto di dare rilievo  decisivo al possesso, attraverso la scuola, della cultura e dei valori italici, ma, contraddittoriamente di escluderne  la necessità    proprio nell'ipotesi-base di applicazione dello jus soli, che pure dovrebbe  riguardare la maggioranza dei casi e che  si differenzia  dalle altre  soprattutto per aspetti formali (il permesso di residenza Ue del genitore). Si potrebbe così avere il caso di cittadini  italiani che, educati dai genitori esclusivamente nella loro cultura di origine, nemmeno conoscano o conoscano molto imperfettamente l'italico idioma (il permesso Ue presuppone la conoscenza della lingua italiana, ma da parte del genitore, che potrebbe  non usarla in famiglia e nell'educazione dei figli).

   L'obiezione è ragionevole, ma si può obiettare che nel concreto si tratterà di rari casi, che non fanno  testo per chi ritiene  questione di semplice buon senso il riconoscimento della cittadinanza italiana anche in termini più ampi di quelli previsti  a chi è nato e cresciuto in Italia. In realtà tanto il ricorso allo jus soli quanto l'opposizione alla riforma costituiscono  un  tentativo di risposta, in direzioni opposte, al fenomeno epocale delle migrazioni di massa  che sta  coinvolgendo, in proporzioni non più viste dai tempi delle invasioni barbariche, l'intera Europa.

  A parte le motivazioni emozionali (peraltro vincenti nei mass-media e presso non piccola parte dell'opinione pubblica)  della presidente della Camera, Laura Boldrini (“Approvando a larga maggioranza il testo unificato di 22 proposte di legge sulla cittadinanza, Montecitorio fa cadere la barriera che per troppo tempo ha tenuto separati tanti giovani e giovanissimi nuovi italiani dai loro compagni di scuola e di gioco”), il punto di vista  a favore è stato espresso dal ministro della giustizia Andrea Orlando: "La proposta di legge, che mi auguro possa avere presto l'ok anche del Senato, ci doterà di una normativa che punta a creare un percorso di reale integrazione, costruendo un paese più forte, solidale, capace di guardare al futuro con fiducia e ottimismo”.

  All'opinione opposta ha dato voce fra  i primissimi  in un  comunicato datato Firenze 15 ottobre 2015, che di seguito si riporta, il leader del Movimento Autonomista Toscano  Alessandro Mazzerelli: “Come, purtroppo, era facile prevedere, questo Governo (abusivo e non legittimato da alcun voto popolare) sta per approvare la nuova legge sulla cittadinanza che introduce l’aberrante principio dello “Ius Soli” in luogo dello “Ius Sanguinis”, ovvero che si diventa cittadini a seconda di dove casualmente si nasce e non per il diritto, naturale ed inalienabile, di esserlo sulla base della trasmissione del bagaglio identitario delle generazioni precedenti.

  In pochi anni, milioni di figli degli invasori extracomunitari acquisiranno in modo praticamente automatico la cittadinanza: è il crimine supremo contro le Identità, voluto e concepito dalle elites mondialiste, finanziarie e massoniche, con la fattiva collaborazione della “sinistra” (che deve puntellare il proprio illegittimo potere di governo), di larga parte del mondo cattolico (che in nome di una falsa e buonista accoglienza cerca nuovi fedeli vista ormai la perdita di credibilità spirituale) e con la connivenza di molte forze che, a parole, dicono di opporsi all’invasione, ma che in realtà non esprimono altro che l’”imprenditoria bastarda” che cerca nuovi schiavi da impiegare come manodopera a basso costo.

  Lo Ius Soli è un principio criminale che tutti coloro che nel mondo, come i patrioti Siriani, Palestinesi, Catalani, Scozzesi, Baschi, Bretoni, lottano per la liberazione della propria Terra e del proprio Popolo, non possono che respingere fermamente e combattere con ogni mezzo.

  Noi patrioti del MAT - Movimento Autonomista Toscano, che dal 1989 si batte per la liberazione della Toscana e per i diritti dei nostri “Ultimi”, chiediamo fin da ora, un referendum affinché la nostra Gente si pronunci su questo distruttivo provvedimento che costituisce il via libera definitivo per l’arrivo di milioni di finti “profughi”, che, ricordiamo, sono talmente “disperati” da potersi permettere, per prendere posto sui barconi, di pagare ciascuno somme di circa 3.000 euro, che, è stato ben dimostrato, a parità di potere d’acquisto, nei paesi di provenienza corrispondono a disponibilità liquide di circa 60.000 euro.

   Inoltre rilanciamo la proposta di fissare, nei concorsi pubblici, nell’assegnazione di case popolari, posti di lavoro, letti negli ospedali, posti negli asili e nelle agevolazioni alle imprese, il principio della preferenza territoriale, introducendo il requisito fondamentale della residenza sul territorio di riferimento da almeno 25 (venticinque) anni”.

   Affermazioni forti, anche estremistiche, non solo  frutto di una cultura identitaria oggi in discredito presso le  elites politico-sociali, che le liquideranno  come complottiste, ma anche, in apparenza, altrettanto emozionali di quelle della Boldrini. Mazzerelli, difatti, dà voce alle paure degli strati più deboli della popolazione, vissuti fino ad oggi nella speranza (illusoria) di avere  riparo nella loro qualità di cittadini (non  per caso  il documento del M.A.T. si conclude con la proposta relativa alla residenza di lungo periodo).

    Tuttavia, razionalmente, è qualcosa di più di un sospetto che anche  il ricorso allo jus soli  vada letto alla luce di quanto scriveva nella seconda metà del secolo scorso, quando la globalizzazione era  solo un progetto,  il filosofo Marcel De Corte  La Patria o la Nazione (dal latino nasci/nascere) non c’è più. È rimasto un pulviscolo d’individui dispersi, separati, chiusi autisticamente ognuno nella propria soggettività assoluta, che i manipolatori dello Stato moderno tentano di globalizzare, nello stampo di una medesima in-coscienza e opinione immaginaria e soggettiva”.

  Insomma un ulteriore passo verso la trasformazione dell'umanità in un gregge di individui, portatori in apparenza di una serie infinita di inviolabili diritti e di una propria individuale speranza di felicità, ma in realtà nudi e soli, incapaci di una difesa comune, davanti al dispotismo  onnipervasivo del potere globale.

                                                                 

 

 



 



[1]     .Questo permesso, che esclude dall'acquisto della cittadinanza italiana tutti i soggetti che non possono esserne titolari,  è rilasciato allo straniero, cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea, che,  in possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validità; abbia un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale; disponga di un  alloggio rispondente ai requisiti di idoneità previsti dalla legge, abbia superato un test di conoscenza della lingua italiana. Si tratta di requisiti che già hanno sollevato dubbi di costituzionalità in particolare con riferimento all'esclusione per ragioni di censo.

[2]     Il disegno di legge  riguarda la concessione della cittadinanza ai minori o quasi (al massimo ventenni), ma una norma transitoria consente l'acquisto della cittadinanza agli stranieri che  in possesso dei requisiti abbiano però superato, al momento di approvazione della legge, il limite di età dei 20 anni.