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Marco Tronchetti Provera visto dai “suoi” dipendenti

di redazione - 13/09/2006



Questo testo è un estratto della storia della Pirelli scritta dai lavoratori di Filcem-Cgil, Femca-Cisl, Uilcem-Uil e messa in scena in piazza, in occasione di diversi scioperi.


Marco Tronchetti Provera entra a far parte del management della Pirelli nel 1986, da genero di Leopoldo Pirelli, con una quota del 5% di Pirelli & C. La sua famiglia è proprietaria di un’azienda dagli inizi del secolo, la Cam, che si occupa di commercio di rottami di ferro e carbone poi anche di finanza e combustibili. In poco tempo Tronchetti è cooptato nel cda dove siedono tra gli altri Pesenti, Sozzani, Orlando, Agnelli, Romiti, De Benedetti, Falck e l’erede Alberto Pirelli (più il socio occulto, Cuccia con Mediobanca). All’epoca Pirelli produce cavi, pneumatici e prodotti diversificati con vari marchi come Superga, K-Way, Moldip, Sekur, Cartiere di Tolmezzo, Pai, Borselli. Pirelli significa il 6% del mercato mondiale dei pneumatici, ma non gli basta: nel 1988 lancia un’opa su Firestone che sarà impedita da un’offerta migliore di Bridgestone, nel 1991 ci prova con la tedesca Continental e va male di nuovo perché la Deutsche Bank si mette di traverso. Dopo le due sconfitte il patron Leopoldo lascia l’azienda nelle mani del genero chiamato a risanare debiti per 3mila miliardi. Tronchetti da un lato aumenta la presenza della Camfin (la sua finanziaria) in Pirelli, profittando del basso valore delle azioni in quel momento, e dall’altro vara con Mediobanca il riassesto che prevede la vendita dell’intero settore dei prodotti diversificati per circa mille miliardi e l’emissioni di obbligazioni con il settore Cavi come garanzia dell’operazione. Il sindacato nel 1992 scrive: “Con il passaggio alla gestione Tronchetti Provera c’è un disimpegno industriale, il nuovo amministratore delegato della Pirelli ha un’esperienza tipicamente finanziaria e in questo modo intende gestire l’azienda”. Parole profetiche. Mentre Camfin prosegue il rastrellamento di azioni Pirelli, Tronchetti ristruttura con chiusure e licenziamenti in Italia e nel mondo e lavora ad alleanze con Ebner, Benetton, Gazzoni Frascara e Caltagirone per aprire nuovi settori.

Nella seconda metà degli anni ’90 si concretizzano nascita e sviluppo del settore immobiliare, la Pirelli RE (ovvero Real Estate) nasce da Milano Centrale - l’immobiliare originale di Pirelli - e velocemente si ingrandisce attraverso le acquisizioni di Unim (il patrimonio immobiliare dell’Ina), Iniziativa Edilizia (Montedison), Cagisa, Immobili RCS e anche la famosissima Edilnord di Berlusconi. Insieme a Benetton e Caltagirone acquisisce anche il 33% di Grandi Stazioni. Nei pneumatici la Pirelli si riorienta verso l’alta gamma e ritorna al 5-6% del mercato mondiale. Nel settore cavi Pirelli ha la leadership mondiale nel mercato energia, acquisisce siti di Bicc e Siemens e alcuni li chiude subito.

Nell’ottobre 1999 Tronchetti chiude gli stabilimenti cavi di Battipaglia e di Milano in cambio degli investimenti nella fotonica definita “la produzione del futuro”. Due mesi dopo, Tronchetti cede la fotonica a Cisco e a Corning in barba agli accordi sottoscritti coi sindacati e incassa “stock options” pari a circa 500 miliardi di lire (che il “Wall Street Journal” definirà “una vergogna per il capitalismo italiano”). Per l’azienda è un’ottima manovra di dismissione di attività secondarie a fronte di “un incasso netto di circa 4 miliardi di euro destinati alla distribuzione di un dividendo di entità straordinaria, a ulteriori acquisizioni e ristrutturazioni e ad Olimpia.

Con i soldi della fotonica Pirelli si getta nell’acquisizione di Telecom Italia da Colaninno attraverso Olimpia, la società creata “ad hoc” con Benetton, Hopa, cioè Gnutti, Banca Intesa e Unicredit. Pirelli è 1/5 di Telecom, non ha i mezzi finanziari per mantenere Telecom ma tutto il mondo finanziario è con Tronchetti. Ne fa le spese una delle poche multinazionali italiane, di sapere industriale e di tradizione, di buoni prodotti e di eccellente collocazione sul mercato: Pirelli. Nel 2001 Tronchetti vuole cedere i cavi energia e gli pneumatici per camion e autobus. Verranno ceduti nel 2004 a una banca d’affari americana: Goldman Sachs. Pirelli ricava 1,4 miliardi di euro, nemmeno un centesimo finisce in Pirelli: tutto è dirottato nei conti Telecom. Circa 14mila dipendenti e una cinquantina di siti dislocati in 25 paesi del mondo passano di mano. Goldman Sachs dichiara che investirà e in 3/5 anni quoterà l’azienda - con un nuovo nome, Prysmian- per poi vendere.

La chiusura dell’operazione Telecom prevede la liquidazione di Gnutti, Intesa e Unicredit, servono fondi e Tronchetti pensa di quotare in borsa i pneumatici e cederne un 40% per ricavare almeno un miliardo di euro. Siccome non basta, Pirelli annuncia anche la dismissione di metà delle proprie partecipazioni finanziarie. Anche stavolta, non un euro è destinato a Pirelli. La quotazione fallisce e sono le banche d’affari e i consulenti che l’hanno progettata a impegnarsi per realizzarla più avanti. In pochi anni, nelle mani di Marco Tronchetti Provera, Pirelli è passata da multinazionale con tre settori industriali a un’azienda di dimensioni ridotte. » stata quasi liquidata per ragioni che nulla hanno a che vedere coi suoi prodotti o la sua capacità di stare sul mercato. Il tutto col plauso di media e comunità economica al suo “capitano”.