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Come distinguere la falsa opposizione da quella vera

di Eugenio Orso - 18/04/2016

Fonte: Pauperclass


Premetto che la distinzione fra un’opposizione posticcia e una autentica non è troppo difficoltosa, tenendo presente che l’opposizione genuina si sposa sempre con un’alternativa complessiva di sistema, di linee di politica strategica e, in casi estremi, addirittura di civiltà.

Premetto, altresì, che oggi le vere opposizioni latitano, che c’è un vuoto sempre più incolmabile sul fronte della critica al sistema, anche se le false opposizioni, che anelano tutte ad affermarsi esclusivamente per via elettorale occupando i seggi in parlamento, cercano truffaldinamente di riempirlo, senza, però, arrecare troppo fastidio ai grandi poteri dell’epoca.

Preciso, inoltre, che il discorso sulle false opposizioni non riguarda soltanto il nostro paese, ma buona parte dell’Europa e del cosiddetto occidente.

In generale, notiamo che tutti i partiti e le entità presenti in parlamento, nonché i loro capi, per rimanervi non subendo attacchi delegittimanti e devastanti dai media e/o dalla magistratura, devono fare professione di fede liberale, non essendo più ammessi altri ismi all’infuori del liberalismo (con o senza il suffisso neo), come il comunismo, il fascismo, lo stesso socialismo da cui i primi due sono nati, a meno che non sia completamente edulcorato, ossia liberale e democratico.

In certi casi, non basta neppure la “professione di fede” liberale per legittimarsi pienamente agli occhi dei manovratori. Pensiamo a Berlusconi e al suo pdl di governo, che pur dichiarandosi pubblicamente liberali, nel 2011 sono stati messi da parte dalla troika, in favore di Mario Monti e di un esecutivo di “tecnici”. Questo perché, l’allora presidente del consiglio e il suo partito del predellino non davano sufficienti garanzie ai veri decisori, cioè alle élite del denaro e della finanza, che premevano per il rapido varo delle riforme anti-sociali.

Le tre teste del Cerbero neocapitalista, che omologano le forze politiche presenti nel sistema liberaldemocratico e nei suoi parlamenti, sono il (neo)liberalismo, il (neo)liberismo e il (neo)libertarismo e non possono sopravvivere da sole, cioè l’una indipendentemente dalle altre, ma esistono e prosperano congiuntamente. Il mercato va a braccetto con la liberaldemocrazia rappresentativa, almeno in Europa e in occidente, e apre sempre la porta ai “diritti delle minoranze” e dei gay. Perciò, se qualcuno si dichiara liberale ma non liberista, o è uno sprovveduto che travisa la realtà sociopolitica, oppure vi sta sfacciatamente mentendo, in quanto liberalismo e liberismo non sono che facce della stessa medaglia, così come democrazia e mercato vanno sempre a braccetto, nel senso che la democrazia liberale la fa il libero mercato, orientando le decisioni politiche che contano secondo gli interessi delle élite neocapitaliste (indipendentemente dagli esiti elettorali e dalla volontà popolare, come prova molto bene il caso italiano, almeno dal 2011 in poi).

Il pensiero unico e l’unico programma di governo che ne discendono, sono elementi strutturali del modo di produzione neocapitalista a vocazione finanziaria, in termini, rispettivamente, d’ideologia di legittimazione con “diffusione del politicamente corretto” e di creazione del valore finanziaria, azionaria e borsistica a scapito del lavoro (e della sua remunerazione) e delle risorse da dedicare al sociale.

Persino ovvio che le false opposizioni, desiderose di mangiare alla greppia liberaldemocratica, timorose dei “poteri forti” esterni ai quali segretamente s’inchinano, non usciranno mai dal solco del politicamente corretto, ad esempio mandando in soffitta antifascismo e anticomunismo, oppure assumendo posizioni apertamente “antisemite”, cioè anti-israeliane e, di conseguenza, anti-americane. Né si permetteranno, costoro, di lavorare seriamente per l’uscita dall’alleanza atlantica e dall’euro(lager), nonché per nazionalizzare l’intero sistema bancario a partire dalla banca centrale. Potrebbero farlo credere inizialmente agli elettori, con adeguati slogan elettorali (Basta euro! No debito!) o promesse di referendum (come quello sulla moneta unica paventato, in passato, da Grillo), ma poi, alla prova dei fatti, appoggiando governi o addirittura partecipandovi con ministri e sottosegretari, applicherebbero anche loro l’unico programma politico possibile in liberaldemocrazia, cioè quello dettato dalle élite neocapitaliste.

Fuori dell’Italia, la parabola della syriza greca (coalizione della sinistra radicale!) e di Alexis Tsipras è particolarmente istruttiva, per comprendere in tutta la sua gravità la situazione in cui ci troviamo. Originata dallo “spazio” 2001 (non è un film di fantascienza!), questa formazione ha estorto voti a un popolo disperato, messo sotto torchio dalla troika e dalle grandi banche, tedesche e francesi, agitando la carota della lotta all’austerità, per una nuova unione europea, ma poi, arrivata al governo, ha accettato condizioni ancora peggiori di quelle del passato, che hanno prostrato definitivamente la Grecia e stanno uccidendo (fisicamente!) la popolazione. Questo è un “fulgido” esempio, riuscitissimo, di falsa opposizione, nella cui costruzione i sinistroidi del vecchio continente sono maestri.

Un caso ormai palese, macroscopico di falsa opposizione, mascherata addirittura da movimento di popolo, è quello del partito a cinque stelle (il cui nome ricorda un hotel nel booking di Trivago). Le differenze con l’infame e vile syriza greca sono molteplici, fin dalla genesi dei grillini. Va detto che i grillini, un tempo semplici lettori e commentatori del blog di Beppe Grillo e della Casaleggio Associati, non si definiscono né di destra né di sinistra, a differenza di syriza, ma questo poco importa, perché in tal caso il superamento della dicotomia politica destra/sinistra si usa per “confondere le idee” agli elettori, suscitando ad arte una sensazione di novità, di “inedito” in politica. Su questa formazione politica, lievitata in termini di consensi da soli tre annetti, è il caso di spendere qualche parola in più, vista la sua “singolarità”.

Anzitutto la “sola” del movimento di popolo che non è un partito, per porre l’accento sulla cosiddetta antipolitica a scopo di consenso. Siamo davanti a un partito politico che ha accettato, chinando nei fatti il capo, tutte le regole della liberaldemocrazia, e questo pur di accomodarsi in parlamento (grazie a una legge elettorale incostituzionale) e partecipare al banchetto, sotto l’egida dei poteri esterni. Secondo alcuni il cinque stelle è addirittura una creazione della Cia e, di conseguenza, non può che essere “geneticamente” filo-atlantista, nonché sottomesso al grande capitale finanziario … Per quel che mi riguarda, la sua stessa origine, nel virtuale, in rete, la genesi che lo ha visto nascere da un blog fra i più frequentati d’Europa (grazie all’opera della Casaleggio Associati, unitamente alla maestria e all’opportunismo di Grillo) negano l’origine popolare dei grillini. La bravura di Grillo e Casaleggio è stata quella di partire dal virtuale, per poi sconfinare nel mondo reale andando oltre i V-Day di piazza, lanciando in tempi brevi un partito di successo, con robusti quozienti elettorali … Ma si tratta, appunto, di un partito, non di un movimento popolare, come millantano i grillini, e per di più un partito squisitamente liberaldemocratico, cioè interno al sistema e che, in verità, a parte le sparate propagandistiche sulla democrazia diretta (in rete), non aspira ad uscire dai suoi steccati. Un partito i cui esponenti, cresciuti in fretta nei consigli comunali e sui banchi del parlamento, si adattano ben bene al sistema di potere e d’affari vigente, come testimonia la vicenda del comune campano di Quarto da loro governato, significativa e rivelatrice anche se circoscritta.

In secondo luogo, la questione della democrazia diretta, specchietto per le allodole ampiamente usato da Beppe Grillo e dal defunto Casaleggio. La rete non può in alcun modo garantire questo risultato, in base alle potenzialità e alle tecnologie attuali, per diverse ragioni. Anzitutto, chi controlla il software (finora Casaleggio, a partire dal celeberrimo blog, dai meetup e al relativo sw di gestione …) controlla fatalmente il voto e orienta l’esito delle consultazioni. Questo è un motivo rilevante per cui il voto elettronico, pur essendo praticabile, non ha sostituto quello “fisico”, esercitabile presentandosi ai seggi, in occasione delle elezioni politiche e amministrative. La considerazione degli aspetti tecnologici e della potenza “democratizzante” del mezzo informatico non basta, perché la questione è di ordine culturale e, addirittura, di civiltà. Andando oltre il problema della democrazia diretta grillina in rete, ritengo che oggi forme di democrazia diretta afferenti ai sistemi di governo (lasciamo perdere i referendum, come quello sulle trivelle) non possano semplicemente esistere, in quanto si rivelerebbero inapplicabili su vasta scala o, comunque, bloccherebbero i necessari processi decisionali e di governo. L’unica democrazia che conosciamo e di cui abbiamo purtroppo esperienza, è quella di matrice liberale, che rappresenta sempre più chiaramente uno strumento di dominazione delle élite neocapitaliste del denaro e della finanza, come lo è, sul versante del liberismo economico, il libero mercato (più o meno) globale.

In ultimo, il fatto che il programma a cinque stelle sia piuttosto raffazzonato, contraddittorio, coesistendo al suo interno elementi liberisti (scomparsa del sindacato e contrattazione diretta fra lavoratori e aziende) e anti-liberisti di matrice assistenziale (il mitico reddito di cittadinanza), è una spia non solo della confusione programmatica del presunto movimento, ma anche e soprattutto di un’oggettiva disponibilità ad accettare, in futuro e in posizione di governo, “spunti programmatici” esterni, magari come quelli contenuti nella lettera della bce del 5 agosto 2011 (i consigli della regia!), che ha portato alla caduta di Berlusconi e all’insediamento di Monti.

Ci sono altri esempi di false opposizioni, restando in Italia. Pensiamo a sinistra italiana + sel, raggruppamento che è nato da poco, in parlamento, da transfughi del piddì, come Fassina e D’Attorre, e parlamentari del sel vendoliano, come Fratoianni e Boldrini . Costoro, pur di non prendere di petto la questione della disoccupazione in Italia, quella della diffusione a tappeto del precariato con l’esplosione dei buoni-lavoro in tutti i settori, l’insufficienza delle pensioni di anzianità e vecchiaia, qualche mese fa hanno indicato come uno dei più gravi problemi che affliggono il paese … quello dei cappellani militari (in servizio meno di duecento, se non erro), che lo stato italiano deve pagare “ben” 6,3 milioni di euro l’anno, mentre invece dovrebbe pagarseli il Vaticano! Con ogni probabilità, questi furbastri hanno cercato di far leva su un certo anticlericalismo del passato, duro a morire, per acquisire qualche consenso senza dar fastidio alle élite, poiché se i cappellani militari costano circa 6,3 milioni allo stato, ogni anno, l’ammontare annuo delle pensioni complessivamente erogate dovrebbe andare dai 250 ai 300 miliardi di euro! Allo stesso modo, il ridicolo transfuga del piddì Giuseppe Civati, fondatore del movimento “possibile” (copia italiana mai decollata del podemos spagnolo), si è concentrato sulla questione della Cannabis da liberalizzare totalmente, magnificandone i riflessi salvifici sul prodotto interno lordo. Meglio così che “sollevare puzze” pericolose, trattando apertamente di drammatiche questioni sociali.

Il vero problema, in questo momento, è che se vi sono parecchie false opposizioni come il cinque stelle e sinistra italiana-sel in parlamento, opposizioni un po’ meno posticce ma deboli, come la Lega e FdI (forza Italia non la consideriamo neppure), fuori dal parlamento c’è il vuoto più totale, in assenza di gravità. Spariti per sempre gli extraparlamentari, negli anni settanta e ottanta a un passo dalla lotta armata, nascono e muoiono gruppi, movimenti, coalizioni, comitati di falsa opposizione sociale e politica, come ad esempio la fumosa e indeterminata coalizione sociale di Maurizio Landini e il comitato no debito. Si tratta di ascari a supporto della sinistra neoliberale, neoliberista e neolibertaria, che svolgono la loro funzione nella società. Talvolta sono buoni come serbatoi di consensi per la falsa opposizione parlamentare, se pensiamo al caso degli indignados spagnoli, passati, in seguito, a podemos e al parlamentarismo liberaldemocratico.

Veniamo, ora, a ciò che ci consente di distinguere un’opposizione posticcia da un’opposizione autentica, che potrebbe riuscire a entrare miracolosamente in parlamento. Di seguito le principali e più evidenti discriminanti.

1)    L’aspetto ideologico (e il pensiero filosofico che sta alla base). Mai fidarsi di coloro che si dichiarano “pragmatici”, come ad esempio i piddini-renziani  – “una sinistra moderna e pragmatica” – e di coloro che interpretano il superamento della dicotomia destra/sinistra come superamento degli aspetti ideologici, come fanno i grillini. Dove non vi è alcun elemento ideologico, o ancor peggio ideale e dove non si distingue fra destra e sinistra semplicemente perché c’è stata la “morte delle ideologie”, falcidiate dall’ideologia nuovo-capitalista e dall’affermazione del neoliberismo, significa che dominano il pensiero unico neocapitalistico e il politicamente corretto, i quali inevitabilmente riempiono il vuoto. Ciò vale sia per il piddì, al governo, che per i grillini all’opposizione (sto parlando dei quadri e degli esponenti politici). Quale può essere la base filosofica, in simili casi? Solo quella coerente con l’ideologia di legittimazione del capitalismo a vocazione finanziaria, a dir poco il relativismo, la negazione delle verità assolute, che nella società si traduce in assenza di Etica e apre le porte al darwinismo sociale, alla competizione più sfrenata fra singoli individui, senza più coscienza classe e consapevolezza comunitaria. Se domina il pensiero unico, che ha scalzato via le ideologie novecentesche, allora vi saranno l’antifascismo in assenza di fascismo, l’anticomunismo in assenza di comunismo, la religione olocaustica volta a perpetuare i sensi di colpa dell’Europa per lo sterminio degli ebrei, limitandone l’autonomia in termini di scelta politica e tutta una serie di interdetti, di autentici tabù che orientano il pensiero verso l’accettazione della supremazia di democrazia e libero mercato, o più realisticamente della democrazia espressa dal mercato in posizione dominante (non c’è niente di più “relativo” di questo). Il superamento di destra e sinistra, invece, è nei fatti e non nella (presunta) “morte delle ideologie”, poiché se c’è un unico programma di governo non possono concretamente esistere due visioni contrapposte, come quelle che hanno caratterizzato e opposto, per decenni, la destra alla sinistra. Una vera opposizione, per contro, sarà portatrice di ideali, aderirà a una precisa corrente di pensiero filosofico e presenterà, inevitabilmente aspetti ideologici contrapposti a quelli dominanti.

2)    Programma di governo unico e inviolabile, sul quale né la maggioranza parlamentare né tantomeno le (false) opposizioni hanno un vero controllo. La maggioranza di governo è così “sollevata” da quella che dovrebbe essere la sua funzione principale e più “nobilitante”, ossia decidere le linee programmatico-strategiche di politica economica, monetaria, sociale ed estera di un intero paese, mentre la falsa opposizione, consapevole che chi decide sta altrove, nelle maggiori City finanziarie e dietro le entità sopranazionali, imposta ipocritamente la sua (ridicola) “battaglia politica” su temi che non urtano la suscettibilità delle élite dominanti, come negli esempi fatti (estremi, financo grotteschi) del costo, per lo stato, dei cappellani militari e della piena legalizzazione della Cannabis. Quando e se la falsa opposizione arriverà al governo, applicherà anch’essa, pur con qualche variante (un po’ meno tagli alla sanità e un po’ più tagli alla scuola pubblica, ad esempio), l’unico programma di governo concesso. L’opposizione posticcia si guarderà bene dal portare avanti, con coerenza e determinazione, una battaglia contro la moneta unica e le soffocanti regole europee o, ancor peggio, contro la partecipazione del paese all’alleanza atlantica, perché sa fin dall’inizio che queste strade gli sono interdette da un potere superiore e spietato, che facilmente potrebbe annichilirla, troncando brutalmente le carriere dei suoi esponenti (processi, corruzione, peculato, scandali sessuali, eccetera). Potrà, però, promettere la carota di un futuro referendum senza valore, oppure fingere, davanti agli elettori, di voler ricontrattare le regole europee per riformarle (come ha fatto Tsipras), mentre governo e maggioranza si concentreranno sui singoli decimali di sfondamento del rapporto deficit/pil e sui risicatissimi margini di flessibilità concessi dai trattati europei (come ha fatto Renzi, con Padoan). Il copione, in linea di massima, è già scritto, non solo per i collaborazionisti al governo, ma anche per le false opposizioni.

3)    Metodi di lotta per scalzare la maggioranza di governo e arrivare a governare il paese. Davanti a una situazione sociale gravissima e allo sprofondo rosso per molte imprese nazionali, una volta arrivati in parlamento i cinque stelle e Grillo, con Casaleggio in posizione più defilata, hanno letteralmente abbandonato la piazza che li aveva supportati al suo destino. Passata la festa, gabbato lo santo. Una vera opposizione avrebbe continuato a incendiare le piazze per mantenere la pressione esterna, mentre faceva entrare nelle camere la sua “quinta colonna” (pur inesperta) di deputati e senatori. Un piede dentro e un piede fuori al sistema, ma continuando la lotta. I parlamentari presentano proposte di legge irricevibili, per le élite, e, fuori, le piazze aumentano la loro pressione, a costo di gravi disordini e scontri con gli sbirri, fin tanto che le proposte dell’opposizione passano. Questo è ciò che avrebbe fatto un’opposizione genuina, che non gabba il popolo bue e vuole sinceramente salvare il paese. Inoltre, un simile modus operandi sarebbe più che giustificato, in Italia, dalla gravità della situazione sociale, dal numero spaventoso di poveri, dalla perdita continua di posti di lavoro, dalle pensioni da fame, dai rischi di guerra restando agganciati alla nato, eccetera eccetera. Ovviamente i cinque stelle sono un “movimento” pacifico, democratico, che condanna aprioristicamente l’uso della violenza, non disposto ad alleanze elettorali con i partiti (che hanno distrutto l’Italia), ma disposto – ed ecco la furbata! – a votare singoli provvedimenti positivi per il paese, chiunque li presenti, sia pure governo e maggioranza. Diffidate dei “movimenti” che si riempiono continuamente la bocca con parole come democrazia e partecipazione (anche il piddì lo fa!), che ostentano il loro pacifismo, da contrapporre candidamente alla crescente violenza del sistema, e che poi si dichiarano disponibili a votare anche i provvedimenti di un governo infame, che sta polverizzando il paese, se per caso li giudicano buoni … o almeno non troppo cattivi! In questo modo rinunciano di proposito a una vera lotta e, come ha fatto il cinque stelle, vi mollano come fessi sulle piazze, naturalmente dopo aver incassato i vostri voti!

Non vado oltre, perché, se uno è ancora moderatamente raziocinante, se ha un minimo di capacità analitica (non serve poi molto, basta essere al mio livello), ci arriva da solo a certe conclusioni e soprattutto riesce a individuare le opposizioni-truffa, non cadendo nella loro trappola. Eppure, forse per assenza di alternative mista a disperazione e sconforto, milioni di italiani ripeteranno ancora questo errore, con grande soddisfazione dei signori della finanza e del mercato.