Obama tifa Hillary per la casa bianca. E' Trump l'alternativa democratica?
di Claudio Moffa - 11/07/2016
Fonte: Claudio Moffa
Obama con Hillary Clinton, il corporativismo di partito prevale sui veri interessi nazionali degli Stati Uniti? Di certo è a rischio la realpolitik in politica estera del Presidente USA negli ultimi anni: non sono cancellabili il defilarsi di Obama dalla guerra di Libia voluta dai falchi proisraeliani Cameron e Sarkozy del 2011, il no all’attacco alla Siria dell’estate del 2013, il moderatismo – al di là delle parole - dimostrato dalla Casa Bianca durante la crisi ucraina di due o tre anni fa, il sì al nucleare iraniano, o l’apertura a Mosca e l’assenso di fatto degli Stati Uniti all’intervento russo a fianco di Assad nell’ottobre 2015. Tutto questo resta nel curriculum della seconda presidenza Obama. Ma adesso?
La vincitrice delle primarie democratiche ha un curriculum segnato da atteggiamenti discordi rispetto a quelli del ‘suo’ presidente, una serie di prese di posizione sbilanciate nel senso dell’oltranzismo occidentale antirusso, antipalestinese e antislamico tout court: già nel 2008, durante le prime primarie presidenziali da cui sarebbe uscito vincitore Obama, fece una strana battuta nei confronti del suo concorrente, sulla morte di Kennedy; nel 2011, durante la guerra di Libia, la signora Rodham si mostrò più di una volta dalla parte di Cameron e Sarkozy, i due ‘scrocconi’ accsati da Obama appena pochi mesi fa di aver voluto e imposto la guerra a Gheddafi; la moglie di Bill fu poi favorevole alla linea dura in Ucraina, dalla parte dei golpisti di Kiev, e alla no-flyzone in Siria, contro non solo il Presidente USA ma anche l’altro protagonista delle primarie USA, sconfitto sul filo di lana, Bernie Sanders. Se fosse passata quella linea, già applicata in Libia per dare il via ai bombardamenti della NATO, la Siria di Assad sarebbe oggi probabilmente scomparsa: è stato Putin, aiutato da Obama, a soccorrere a sua volta il Presidente USA gettando sul piatto della “guerra civile” scatenata dal’Isis e dai cosiddetti ribelli moderati, la sua forza militare. Addio le velleità non solo della Clinton, ma anche del sottosegretario Kerry. Insomma, è un personaggio pericoloso la ormai candidata democratica alle presidenziali di novembre: e non solo per il suo filoisraelismo dichiarato, ma anche anche per i suoi rapporti con Wall Street, come denunciato dal vincitore delle primarie repubblicane Donald Trump. Il quale perciò, sembra ormai diventato l’unica potenziale alternativa ‘democratica’ per gli Stati Uniti.
Cosa ci sia dietro la sortita di Obama è difficile a dirsi: un bluff dovuto per lealtà di partito? Una vera svolta, dovuta alla ‘certezza’ che la sua ex nemica rimarrà ‘incastrata’ nei nuovi equilibri interni non solo al Partito Democratico (cui ha alluso Obama qualche settimana fa), ma anche al lobbismo neocons che almeno fin dai tempi di Reagan caratterizza la politica estera di tutte le Amministrazioni americane? Il rischio oltre questi scenari ottimisti resta grande, vedremo cosa accadrà. Certo è che allo stato di cose presente, Trump, con tutti i suoi difetti, appare come l’unico vero candidato per l’ “America agli americani”, e per una politica estera ispirata (con l’unica eccezione forse, della Cina) al realismo e al rifiuto di nuove avventure belliche.