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Il Pentagono precipita gli Europei nel caos afghano

di Thierry Meyssan* - 09/10/2006

 

 
Presentata come una semplice riorganizzazionew tecnica, l’estensione del mandato della NATO in Afghanistan modifica la missione delle truppe europee : esse sospendono la loro assistenza alla ricostruzione per continuare la guerra coloniale degli anglo-statunitensi, mentre la ribellione si estende. Sul posto, ci rivela Thierry Meyssant, i servizi segreti britannici tentano di sostituire lo Hizb-ut-Tahrir ai Talebani per inquadrare la popolazione.



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6 ottobre 2006


Da circa cinque anni, la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) della NATO e la Coalizione dei volontari si dividono la responsabilità di mantenere l’ordine sul territorio afgano. Il 29 settembre 2006, i ministri della Difesa della NATO, riuniti a Portoroz (Slovenia), hanno deciso che ormai l’Alleanza assumerà solo quella missione. L’ISAF, che comprende già oltre 20 000 uomini, assorbirà per questo 12 000 GI’s della Coalizione dei volontari. I Britannici hanno intonato il God Save the Queen, tanto sono fieri di comandare l’ISAF e di prendere così il comando dei GI’s, una situazione senza precedenti dopo la Seconda guerra mondiale.


Tuttavia, una volta passato il momento di orgoglio, i Britannici non mancheranno di chiedersi se sono lo zimbello della compagnia. Il generale inglese David Richards non occuperà le sue funzioni che per quattro mesi. Da febbraio 2007, dovrà ammainare l’Union Jack e lasciare il posto al generale Dan K. McNeil dell’US Army. In definitiva, non sono le truppe statunitensi a passare sotto il comando dei Britannici, ma le truppe europee a passare sotto il comando statunitense.


Il Pentagono, le cui truppe sono attualmente super-dislocate nel mondo, aveva dapprima lanciato un appello ai membri della NATO per rafforzare l’ISAF. Tutti i membri del Consiglio atlantico avevano approvato il suggerimento del generale James Jones, comandante supremo della NATO, di aggiungere 2 500 uomini. Era stata convocata una riunione ad hoc nel corso della quale ogni delegazione si era trovata una buona scusa. In definitiva, i Polacchi ei Rumeni, nuova carne da cannone dell’Europa, sono stati messi a contribuire. La nuova ISAF dovrebbe contare 36.000 uomini.


In ogni caso, 8 000 GI’s supplementari resteranno da parte, sotto diretto comando USA, per tutte le operazioni di cui nessuno deve sentir parlare : dal controllo delle droghe alla scuola di tortura installata nella base di Bagram.


Ora, 35 Stati che hanno accettato di partecipare all’ISAF lo hanno fatto alla precisa condizione di non servire da ausiliari all’operazione anglo-statunitense di colonizzazione dell’Afghanistan. La loro missione doveva limitarsi a partecipare all’edificazione dello Stato, alla formazione dei suoi agenti e alla ricostruzione delle infrastrutture. Questo lavoro si era rivelato sempre più difficile in quanto nel paese la ribellione si estendeva e per poter proseguire si faceva sentire la necessità di una preliminare pacificazione nel paese. Attraverso questo amabile giro di passaggi che collocherà tutti sotto un unico comando, i membri dell’ISAF si troveranno obbligati e costretti a cambiare missione : la ricostruzione dello Stato aspetterà, bisogna schiacciare i « Talebani ». Scrivo, qui, Talebani tra virgolette perché il comandante delle forze francesi sul posto non si ritiene troppo sicuro dell’identità dei ribelli che combatte, al punto da chiamarli egli stesso « Talebani tra virgolette » (sic). La verità è che non è serio pretendere che l’armada occidentale high tech non arrivi a sconfiggere un gruppuscolo di illuminati vestiti di stracci.



La strategia del caos


L’Afghanistan sprofonda rapidamente in un caos deliberato, dove la sovrapposizione di conflitti diviene inestricabile ed ogni soluzione impossibile. Sappiamo che i neoconservatori, eredi del «dividere per regnare», hanno deciso di rimodellare il « Grande Medio Oriente ». In tale quadro, essi hanno previsto di amputare l’Afghanistan a Sud e il Pakistan a Ovest per creare un terzo e nuovo Stato : il Baluchistan. Hanno subito trovato il supporto dei Baluchi, che solo l’anno scorso avevano bombardato [1]. Ma, a contrario, hanno messo nel panico i loro alleati afghani e pakistani che, in pagamento del loro servaggio, si troveranno ricompensati con lo smembramento dei loro rispettivi paesi.



Per Washington non è che un voltafaccia in più. Ricordiamocelo : furono il dipartimento di Stato e la CIA ad aiutare i Talebani a creare un auto-proclamato emirato in Afghanistan. Quel micro-Stato era in realtà gestito dai servizi di sicurezza pakistani (ISI) e ospitava delle scuole di formazione per i combattenti che la CIA reclutava. Gli scagnozzi di Washington nelle regioni a popolazione musulmana (Bosnia-Herzegovina, Kosovo, Cecenia) sono stati tutti formati dall’ISI. Sono loro che vengono presentati sui media dominanti come i « jihadisti », ma non sono soldati mossi da una forma estremista di islam, sono mercenari reclutati negli ambienti estremisti [2].


Washington prese le sue distanze dai Talebani durante la campagna per la rielezione di Bill Clinton. Per soddisfare il voto femminista, il presidente decise di sacrificare quella setta oscurantista. Ma mon fu che nell’estate 2001 che le cose volsero al dramma : i Talebani rifiutarono la « generosa offerta » del consorzio UNOCAL e del governo statunitense di lasciar passare una pipe-line sul loro territorio per trasportare gli idrocarburi dal mar Caspio verso l’Oceano Indiano. Gli anglo-statunitensi decisero di entrare in guerra ed effettivamente lo fecero in occasione degli attentati dell’11 settembre [3]. Imposero il presidente Karzaï, uno Statunitense stipendiato da UNOCAL.


Tuttavia, se i Pakistani potevano accettare che si mettesse fino allo pseudo-emirato talebano, non potevano giungere fino all’eliminazione della totalità degli uomini che avevano formato. Si fece dunque la selezione e i Talebani leali ad Islamabad furono invitati a ripiegare nella regione del Waziristan e a combattere i ribelli balutchi.



Una setta ne caccia un’altra


Non esistendo vuoti in natura, la scomparsa della setta dei Talebani ha aperto la via ad un gruppo sostitutivo : Hizb ut Tahrir. Questa setta è chiaramente inquadrata dal MI6 britannico e ha stabilito il suo quartier generale a Londra. I suoi principali dirigenti esercitano alte funzioni nelle multinazionali anglosassoni. Hizb ut Tahir è azionato dalla CIA per destabilizzare tutta l’Asia Centrale, fino allo Xingjiang cinese. È la bestia nera dell’Organizzazione di cooperazione di Shangaï. Secondariamente, Hizb ut Tahrir è stato utilizzato per organizzare le manifestazioni nel mondo arabo a proposito delle caricature di Maometto e del discorso del Papa a Ratisbona. Gli elementi non controllati di Hizb ut Tahrir in Uzbekistan sono stati sterminati dal presidente Karimov con la benedizione della corona britannica.



Il 10 maggio 2005, Hizb ut Tahrir ha guidato vaste manifestazioni anti-occidentali in Afghanistan ed in tutta l’Asia Centrale. Tali dimostrazioni avrebbero dovuto essere pacifiche e dirette sia contro le basi militari che contro le ONG e le imprese multinazionali. In ogni caso, essendo gli organizzatori stati travolti dal loro successo, si possono contare alcuni uffici saccheggiati [4].



Così, la popolazione afghana in rivolta contro la presenza militare straniera può scegliere di schierarsi dietro la bandiera dei Talibani oppure dietro quella di Hizb ut Tahrir, a seconda che opti per un’azione violenta o una pacifica.



Queste manipolazioni hanno i loro limiti. Innanzi tutto, perché in una società così arcaica i legami di clan hanno la meglio su tutti gli altri. I Talebani erano inseriti principalmente tra i Pashtun. Hizb ut Tahrir si è formato tra i Tagiki, si è sviluppato tra gli Uzbeki e si è progressivamente esteso a tutte le popolazioni. In secondo luogo, perché le condizioni sociali non sono manipolabili. Nel corso di cinque anni, nessuna economia civile è stata sviluppata nel paese, a parte la coltivazione delle droghe, la quale è considerata criminale. Ed ex combattenti disoccupati non tardano a riprendere le armi.



Precisamente, la coltivazione delle droghe rappresenta oltre la metà del prodotto interno lordo. I campi di papavero si trovano nelle zone finora controllate dalla Coalizione dei volontari e non dalla NATO. L’oppio e l’eroina sono avviati verso i mercati europei, russi e iraniani, non verso gli Stati Uniti. La maggior parte degli osservatori concorda nel ritenere che questa coltivazione sia controllata dall’ISI pakistano e che la produzione lasci il paese a bordo degli aerei statunitensi. In ogni caso, questo tipo di economia speculativa non fa che accrescere le differenze sociali e la corruzione, dunque la rivolta [5].



Alleanza contraddittoria

Inoltre, come rifinitura di questa accumulazione di disordine, Washington si è lanciata in un sorprendente progetto di revisione delle sue alleanze regionali che per il momento conduce ad aizzare, uno contro l’altro, l’Afghanistan (o, piuttosto, il governo di Karzaï) ed il Pakistan, finora indissociabili. In effetti, il presidente Bush si è recato personalmente in India per allacciare nuove relazioni con Delhi e venderle tecnologie nucleari di cui per principio vieta la proliferazione. In segno di buona volontà, l’India ha smesso di sostenere la ribellione baluchi, ma questo non è stato un buon affare per i neoconservatori che vogliono creare un Baluchistan indipendente. In considerazione dell’indebolimento dei Baluchi, il Pakistan ha cessato di armare i residui talebani che utilizzava per combatterli, i quali sono tornati in Afghanistan contro la Coalizione. Contemporaneamente, l’India ha offerto fondi al presidente Karzaï per sviluppare la sua amministrazione, in quanto ogni rafforzamento dell’autorità del governo di Kabul va a detrimento di quello di Islamabad. In definitiva, il presidente Karzaï e Musharraf, invitati insieme alla Casa Bianca, hanno espresso le loro divergenze sui media statunitensi, non esitando ad insultarsi attraverso trasmissioni televisive contrapposte. Sul campo, la rottura tra l’Afghanistan e il suo vecchio protettore pakistano sconvolge tutta l’amministrazione a vantaggio dei signori della guerra che rialzano la testa.

Alla fine, la « strategia del caos » fa già due vittime : in primo luogo, la popolazione afgana e, in secondo luogo, le truppe dell’ISAF, che sono condannate a farsi la guerra senza che nessuno l’abbia scelta. A Washington, si divertono. Quando gli elettori chiederanno conto dei fallimenti della « guerra al terrorismo », verrà loro risposto che non è colpa del Pentagono, ma della NATO. Poi si attenderà che gli Afghani e gli Europei siano lasciati morire per niente, prima di sfruttare per sé gli idrocarburi del Caspio.



* Giornalista e scrittore, presidente del Réseau Voltaire.



Note
[1] « La vraie cible des bombardements US au Pakistan », Réseau Voltaire, 16 gennaio 2006

[2] Su questo argomento, vedi due recenti lavori : Wie der Dschihad nach Europa kam (Come il jihad è arrivato in Europa) di Jürgen Elsässer, NP Verlag, St. Pölten, 2005, Xenia, Vevey, 2006 per l’edizione francese. E il recentissimo Fulcrum of Evil : ISI-CIA-Al Qaeda Nexus di Maloy Krihna Dhar, Manas Publication, Delhi, 2006

[3] L’Effroyable imposture (Der inszenierte terrorismus) di Thierry Meyssan, Carnot, Paris, 2002, editio de facto, Kassel, 2002 per l’edizione tedesca

[4] « Hizbut Tehrir Behind Afghan Violence ? » e « Anti-US, Anti-Karzaï Riots in Kabul » di B. Raman, South Asia Analysis Group, Delhi, 2006

[5] « Le Pakistan exploite le pavot afghan », Réseau Voltaire, 19 aprile 2005




Voltaire, édition internationale