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In Africa si discute il futuro delle politiche climatiche

di Marzio Paolo Rotondò - 08/11/2006



Riparte da Nairobi la fida mondiale contro i cambiamenti climatici. Dopo il vertice di Kyoto, la comunità internazionale si riunisce in Kenya per dare più vigore alla lotta contro l’inquinamento globale. Da ieri al 17 novembre si è infatti aperto il secondo Meeting delle parti sul Protocollo di Kyoto (MOP2) contemporaneamente alla 12a sessione della Conferenza delle parti sulla Convenzione sui cambiamenti climatici (COP12). Presenti a quest’incontro cruciale per le sorti del nostro pianeta oltre 189 Paesi, riuniti insieme per proseguire gli sforzi anti-inquinamento promossi dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).
Attualmente, l’unico trattato internazionale di un certo spessore che si occupi di questo delicato argomento è il Protocollo di Kyoto. È stato firmato nella città giapponese l’11 dicembre 1997 da oltre 160 Paesi durante la Conferenza COP3 della UNFCCC ed il riscaldamento globale. È entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia. Il trattato ha attivato la Convenzione Onu fissando degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra, vincolandoli legalmente per i Paesi industrializzati.
In quel momento dello stadio d’industrializzazione del pianeta e di emissioni di gas serra, le temperature medie mondiali erano già aumentate di quasi 1°C. Sulla base delle migliori conoscenze scientifiche disponibili, i governi e le entità soprannazionali come l’Unione Europea, hanno fissato la soglia del riscaldamento pericoloso a 2°C rispetto ai tempi pre-industrializzazione. Una soglia a cui però, siamo sempre più vicini a causa di sforzi troppo blandi per bloccare questo meccanismo auto-distruttivo.
Si può fare certamente qualcosa per invertire la tendenza climatica; mancano però serie azioni politiche e fondi necessari a promuovere seri programmi d’urto per rendere efficaci gli sforzi di tutti.
Nonostante questo, i Paesi del mondo si riuniscono a Nairobi per discutere il da farsi. Gli argomenti cardine che saranno affrontati durante la durate dei lavori del vertice internazionale spazieranno dalla riduzione delle emissioni di gas inquinanti, ai finanziamenti alle tecnologie pulite d’avanguardia e più in generale di tutti i meccanismi per attuare il Protocollo di Kyoto ed il suo successore. Il tema principale per i governi riuniti nella capitale del Kenya è però fissare gli obiettivi per maggiori tagli alle emissioni di gas ad effetto serra, che dovranno essere stabiliti entro il 2008, necessari rendere efficace una politica ambientalista che ancora non da i suoi frutti ma che anzi vede ancora l’aumento delle emissioni nocive. Il lavoro del prossimo biennio servirà anche e soprattutto per definire il quadro ‘Kyoto Plus’, post-2012, quando terminerà la prima fase del Protocollo attualmente in vigore. “I ministri devono pianificare un programma di maggiori tagli delle emissioni”, continua Hans Verolme direttore del Global Climate Change Programme del WWF. “Dobbiamo collaborare di più per un mondo più sicuro, più pulito e più efficiente dal punto di vista energetico”.
Un argomento non meno importante che discuteranno i governi sarà la questione dei fondi, appunto. Il meccanismo per mettere in piedi la strategia contro i cambiamenti climatici è infatti praticamente ultimato; mancano però i fondi per renderla possibile. Alla politica ambientalista manca infatti un accordo sul Fondo di adattamento che incentiva la transizione a tecnologie e mezzi meno inquinanti oltre che mettere in grado i Paesi poveri di rispondere adeguatamente ai problemi causati dai cambiamenti climatici: fra questi, la gestione delle risorse idriche, la salvaguardia della produzione agricola, la protezione dei beni contro eventi climatici estremi. Inoltre, è necessario trovare un compromesso per fare sì che i governi dei Paesi meno ricchi siano finanziati maggiormente nella transizione e nella risoluzione delle problematiche legate al clima dai Paesi sviluppati.
“I cambiamenti climatici sono ormai alle nostre porte ne possiamo vedere i primi impatti in Africa orientale” afferma Taye Teferi, direttore del Programma di Conservazione del WWF Eastern Africa Regional Programme Office (EARPO). “I Paesi più poveri sono il punto d’approdo dell’inquinamento dei Paesi sviluppati; di conseguenza, è giusto che chi inquina ci aiuti nella costruzione delle nostre difese contro i cambiamenti climatici”.
A Nairobi si discuterà inoltre del Clean Development Mechanism (CDM), uno strumento d’investimento per i progetti di riduzione del carbonio nei Paesi in via di sviluppo; è necessario che tale programma riceva maggiori fondi a supporto dei progetti nelle nazioni più povere del mondo.
Oltre a questo, Nairobi si propone di fare qualcosa che da tempo viene promossa invano: cercare di convincere i Paesi industrializzati che non aderiscono a Kyoto di firmare il Protocollo. La ratifica da parte di questi Paesi sarebbe un concreto passo avanti nelle politiche climatiche; si può infatti tranquillamente affermare che Stati Uniti, Australia, Cina, India, Brasile ed altri Paesi emergenti, rappresentano una fetta preponderante delle emissioni inquinanti del pianeta.
“Oltre i 2°C il cambiamento climatico sfuggirà al nostro controllo” afferma Hans Verolme, direttore del Global Climate Change Programme del WWF. “Il mondo può ancora evitare pericolosi cambiamenti climatici, ma le possibilità stanno rapidamente esaurendosi. Grazie alla collaborazione con la leadership politica ed ad un’azione congiunta, entro 10-15 anni potremo avviare una riduzione delle emissioni globali; non è la mancanza di soluzioni che ci blocca”.
Bisognerà dunque aumentare gli sforzi e agire in modo collettivo per raggiungere obiettivi tangibili già nel prossimo futuro. È necessario sensibilizzare l’opinione pubblica a tal punto da portarla al limite della psicosi collettiva; è l’unico modo per far scattare quel meccanismo che si chiama sopravvivenza della specie che potrà far prevaricare ogni altro freno alla lotta all’inquinamento.
Bisogna dunque lottare contro il tempo, contro noi stessi, contro le nostre abitudini, contro gli interessi e le pigrizie. Non si deve far finta di non vedere e di non capire. La morte biologica del nostro pianeta non può essere causata dal cieco egoismo della specie umana. È inammissibile distruggersi con le proprie mani.